Conosciamo San Giuseppe Benedetto Cottolengo
di Mariella Lentini*
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TRA I SANTI E I BEATI CHE SI FESTEGGIANO OGGI (Sant’Adiutore di Vernon, Sant’Aimo, Santi Amatore, Pietro e Ludovico di Cordova, Sant’Augulo, Beato Benedetto da Urbino (Marco Passionei), Santi Diodoro e Rodopiano, Beato Domenico Plani, San Donato di Evorea, Sant’Earconvaldo, Sant’Eutropio di Saintes, Beata Felicia Besozzi di Milano, San Forannan di Waulsort, San Genesto di Beaulieu, San Giuseppe Tuan, San Gualfardo, Beato Guglielmo Southerne, Beata Ildegarda, San Lorenzo di Novara, Beati Luigi Puell e 69 compagni, San Lupino di Carcassonne, Santa Maria dell’Incarnazione Guyart Martin, San Mariano, San Materniano di Reims, San Mercuriale di Forlì, San Micomero, Beata Paolina von Mallinckrodt, Beato Pietro Diacono (Levita), San Pio V (Antonio Ghislieri), San Pomponio di Napoli, San Quirino, San Quirino di Maastricht, Beata Rosamunda di Blar, Santa Sabina di Jouarre, Santa Sofia di Fermo, San Tranquillo di Chalon-sur-Saône, San Ventura di Spello ) RICORDIAMO UN SANTO PIEMONTESE
Contemporaneo di San Giovanni Bosco, il suo cognome è legato alla città di Torino e ai ricoveri per deformi e disabili. Giuseppe Benedetto Cottolengo nasce a Bra (Cuneo) nel 1786. Primo di dodici fratelli, la sua è una famiglia di commercianti, ma Giuseppe preferisce dedicare la sua vita a Dio e ad aiutare il prossimo. Studia nel seminario di Asti e nel 1811 diventa sacerdote. Trasferitosi a Torino, Don Cottolengo si rende conto della triste realtà in cui versa il popolo torinese dell’epoca: disoccupazione, povertà, fame, malattie e infanzia abbandonata dilagano. Il sacerdote sente una grande pietà e non sa come fare per aiutare questi derelitti. Risparmia sul riscaldamento e sul vestiario per regalare denaro ai poveri, vendendo persino il suo unico mantello.
Un giorno, viene chiamato al capezzale di una povera donna malata di tubercolosi che ha partorito una bimba. Nessun ospedale può accoglierla. Né la madre né la figlioletta si salvano. Questo sconvolge Cottolengo che chiede alla Madonna (della quale è devotissimo) di “illuminarlo”. Con l’aiuto di Dio, nel 1828 il sacerdote decide di fondare un piccolo ricovero: due stanzette in affitto in centro città, per ospitare alcuni malati rifiutati da tutti. Dopo quattro anni è costretto a chiuderlo per il diffondersi di una malattia contagiosa. Apre un altro nosocomio, questa volta in periferia, vicino a Borgo Dora e Valdocco e vi porta personalmente gli ammalati con una carretta a mano. L’ospedale, tuttora attivo, viene chiamato “Piccola Casa della Divina Provvidenza” e accoglie malati di mente, deformi, disabili, ragazze madri, orfani, ex prostitute, anziani.
L’istituto verrà gestito dalle suore vincenziane, così chiamate in onore di San Vincenzo de’ Paoli, del quale Giuseppe Cottolengo è molto devoto. Altri istituti sorgono in città e si diffondono nel suo nome in Italia e all’Estero. Per Cottolengo è fondamentale la preghiera che definisce «il primo e più importante lavoro della Piccola Casa». Il santo non si scoraggia di fronte alle difficoltà economiche perché crede nella “Divina Provvidenza”: quando arriva un’offerta è felice, quando non arriva fa pregare tutti ottenendo subito quanto richiesto. Il santo si spegne nel 1842 a Chieri (Torino) non prima di essere stato d’esempio per un altro grande santo piemontese, San Giovanni Bosco che, per qualche tempo, presta la sua opera nella “Casa della Divina Provvidenza”. Cottolengo viene invocato affinché la Provvidenza di Dio arrivi in aiuto.
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