Il rinnovo del Parlamento Europeo questa volta ci riguarda
di Pietro Licciardi
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IL VOTO DI GIUGNO, UN VOTO DI LIBERTÀ
Il voto alle europee non ha mai appassionato troppo gli elettori italiani, un po’ a causa della crescente sfiducia nella politica in generale, un po’ perché nonostante la martellante retorica europeista le sorti dell’Unione non appassionano più di tanto, anche perché l’Ue si è dimostrata essere fin da subito un gran baraccone burocratico, lontano dalle reali istanze dei cittadini e più causa di fastidi che di benefici; al massino una vacca dalla quale mungere finanziamenti per i più disparati progetti.
Tuttavia se i cittadini si sono disinteressati dell’Europa l’Europa al contrario si è molto interessata di noi. Lo ha fatto espropriando innanzitutto gli stati nazionali di molte delle loro prerogative per poi impicciarsi pesantemente nelle politiche nazionali con programmi e direttive che poco alla volta hanno cambiato o stanno cambiando il nostro modo di vivere. Si pensi, per limitarci al presente, alla sciagurata decisione di interrompere la produzione di auto a benzina e diesel entro il 2030, all’altrettanto sciagurata politica di adeguamento energetico delle abitazioni, che ci è costata già un enorme ulteriore indebitamento pubblico con gli incentivi per i famigerati “cappotti termici”, e il dilagare dell’ideologia Lgbt nelle scuole di ogni ordine e grado. Per non parlare dei siluri lanciati contro le nostre tradizioni enogastronomiche, come, ad esempio, l’ipotizzata etichettatura dei vini con le stesse terroristiche frasi che campeggiano sui pacchetti di sigarette, o l’avvenuta autorizzazione al commercio e al consumo di farine di vermi e grilli.
Dovrebbe risultare chiaro a questo punto che dal 6 al 9 Giugno prossimo non si tratterà semplicemente di scegliere tra europeisti da un lato e sovranisti euroscettici dall’altro ma si tratterà di scegliere se proseguire o meno sulla suicida strada della sostenibilità “green” che la burocrazia di Bruxelles ha mutato dall’agenda Onu 2030 e che le oligarchie internazionali hanno discusso a Davos nell’ambito del World Economic Forum.
Obiettivi, quelli della sinistra Europa, astratti ma difficilmente non condivisibili, che in apparenza hanno come obiettivo la conservazione dell’ambiente naturale e paesaggistico ma che in realtà comportano investimenti tali da mettere in ginocchio le economie nazionali – e di conseguenza l’economia delle famiglie che vedranno lievitare il prelievo fiscale – in cambio di benefici irrisori e tutti da verificare. Anche gli ambiziosi piani energetici – la produzione di energia a zero incremento di carbonio con largo ricorso alle cosiddette fonti alternative – comporteranno enormi costi economici e gravissime ricadute ambientali in termini di terreni sottratti all’agricoltura per istallare le enormi estensioni di pannelli solari o i campi di pale eoliche; con anche gravissimi problemi di smaltimento degli impianti giunti alla fine della vita operativa.
Insomma il voto dal 6 al 9 Giugno ci riguarda eccome. Sarà importante infatti votare per quei partiti che a differenza delle sinistre, in particolare della sinistra italiana, hanno deciso di non abdicare totalmente a chi dirige dietro le quinte l’attuale Unione europea e che lavoreranno per bloccare e magari invertire l’attuale deriva pseudoambientalista. In prospettiva si potrà anche procedere ad una riforma delle istituzioni comunitarie per giungere ad un governo europeo autenticamente federale, trasparente e democratico. Cosa che al momento non è.
Se al contrario saranno ancora le sinistre a prevalere, niente potrà fermare la già avviata metamorfosi dell’attuale Ue in una copia dell’Unione sovietica, come profetizzato dal dissidente Vladimir Bukovsky, il quale dopo aver sperimentato i gulag e i manicomi sovietici di certe cose se ne intendeva.