Corriamo il rischio di dannarci
di don Ruggero Gorletti
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LUNEDÌ SANTO
Dal vangelo secondo Giovanni 12,1-11
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
COMMENTO
Giuda era ladro. Ed era bravo a fare il ladro. Era riuscito ad ingannare gli altri apostoli, cosa non facile visto che erano persone che vivevano insieme a lui ventiquattr’ore al giorno. E non aveva usato chissà quale sistema per ingannarli: si prendeva semplicemente i soldi dalla cassa. Giuda viveva abitualmente nel peccato, nel male. Per questo la sera dell’ultima cena Satana non ha avuto difficoltà ad entrare in lui. E ne ha fatto quello che ha voluto. Giuda non si è pentito di quello che aveva fatto. Consegnare Gesù ai suoi carnefici è il peccato più grave mai commesso da un essere umano. Ma avrebbe comunque potuto pentirsene e chiedere perdono. Non lo ha fatto perché l’abitudine a vivere nel peccato lo aveva disarmato di fronte al male. E lo ha condotto alla disperazione e alla morte. E forse alla dannazione eterna.
Non perdiamoci in inutili disquisizioni sulla dannazione di Giuda: i Vangeli sembrano dirci che si è dannato, ma la Chiesa non ce lo garantisce. Non possiamo saperlo con certezza, ma soprattutto non è questo il punto.
Il discorso centrale non è sapere se Giuda si è dannato o meno, ma è ricordarsi che ciascuno di noi corre concretamente il rischio di dannarsi l’anima, è ricordarsi che vivere abitualmente nel peccato ci rende disarmati di fronte all’azione del maligno, che vuole distruggere la nostra vita, vuole allontanarci da Dio, dal bene, dalla felicità e dalla prospettiva della vita eterna, e vuole consegnarci alla disperazione senza fine dell’inferno.