Certe liturgie sono come le danze degli Ebrei davanti al vitello d’oro
di don Ruggero Gorletti
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GIOVEDÌ DELLA QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA
Dal vangelo secondo Giovanni 5,31-47
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
COMMENTO
«Come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?». Se la nostra preghiera, il nostro impegno per la Chiesa, le nostre liturgie non servono a dare gloria a Dio, ma sono fatte unicamente per incensare noi stessi, per mettere noi (o al limite la nostra comunità) al centro della scena, la nostra fede non ne trae giovamento. «Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna». La fede non è un mero sentimento del cuore, non è neppure un puro esercizio intellettuale. La fede non è solo provare un sentimento e neanche è soltanto credere con il cervello che certe cose siano vere, ma è adeguare la vita, le grandi decisioni e le scelte di ogni giorno, alla parola di quel Dio in cui abbiamo creduto. Il nostro interessarci, impegnarci nelle cose di Dio e della Chiesa sono un’inutile perdita di tempo quando non ci aiutano a pensare e ad agire come piace a Dio. Anche le nostre liturgie non servono a nulla quando non danno gloria a Dio, ma servono solo a fare da misero palcoscenico a noi e alle nostre comunità. Come diceva papa Benedetto XVI le nostre liturgie spesso diventano come le danze degli Ebrei davanti al vitello d’oro: un parlare, un cantare e un agitarsi vuoto e inutile. Quando non dannoso.