Il Cristianesimo fra storia e rivoluzioni
di Francesco Bellanti
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IL ROMANTICISMO
Solo un folle può pretendere di sintetizzare in un articolo il complesso rapporto tra il Cristianesimo e le rivoluzioni culturali e politiche nel corso della storia. Proveremo a darne qualche cenno essenziale. Il Medioevo nasce dall’incontro proficuo tra la civiltà greco-romana, l’eredità culturale e religiosa del Cristianesimo e il mondo barbarico. In questo sincretismo, come vedremo, i popoli d’Europa durante il Romanticismo vedranno il brodo primordiale da cui hanno avuto origine le loro patrie, o, per meglio dire, le loro Nazioni. Il Romanticismo fu un vasto e profondo movimento culturale che, nella prima fase, dalla fine del Settecento ai primi decenni dell’Ottocento, si fondò sulla rivalutazione del concetto di patria e di religione, e soprattutto della storia del Medioevo, vista non più come un’epoca di barbarie e di oscurità, ma come momento decisivo della nascita dell’Europa moderna. Questo aspetto del Romanticismo in Italia trova la sua massima espressione in Alessandro Manzoni. La seconda parte del Romanticismo, quello che va, diciamo, dal 1820 al 1850, è quello in cui prevalgono i concetti laici di ritorno alla natura, di titanismo, di tensione verso l’infinito, di apertura verso la laicità e il mondo moderno, ma anche di una severa critica verso il falso progresso, ed è rappresentato da noi da un poeta immenso come Giacomo Leopardi.
Il Medioevo
Nel Medioevo, Dio è al centro di tutto, nel Cristianesimo prevalgono la concezione teocentrica, la filosofia aristotelica-tomistica – sulla quale si fonda l’impalcatura dottrinale del poema del Sommo, la Divina Commedia – che dà un senso all’esistenza di un intero continente, vi è il contributo decisivo del Cristianesimo, soprattutto monastico, nella conservazione del patrimonio culturale dell’intera civiltà classica, e, come ha sottolineato il grande storico Jacques le Goff, il Medioevo, nonostante gli attacchi eretici e politici, talune contaminazioni pagane e germaniche nel culto, e soprattutto per quanto riguarda la svalutazione della vita terrena, ha espresso una potente spinta creatrice e un contributo enorme allo sviluppo della modernità.
Umanesimo e Rinascimento
Nell’Umanesimo e nel Rinascimento, l’epoca culturale più grande dell’intera umanità, non solo dell’Italia, benché ci siano una svalutazione dell’epoca medievale (da qui il termine Rinascimento), il ritorno al classicismo e alla civiltà greco-latina, e una nuova concezione dell’universo, chiamata antropocentrica, non vi sono affatto la negazione di Dio e il distacco tra l’uomo e Dio. Intanto, occorre rilevare che non c’era mai stato nella Chiesa rifiuto della civiltà classica, pensiamo ai Padri della Chiesa, a San Tommaso, ai letterati, a Petrarca il primo umanista, a Dante, anche perché la classicità nelle lettere, nella filosofia e nella riflessione sull’uomo, offriva modelli di perfezione. L’Umanesimo non nega Dio, né il valore del Cristianesimo in sé, semplicemente gli umanisti rivalutano il ruolo dell’uomo, e, come creatura più elevata, lo mettono al centro dell’universo creato da Dio. Nell’Umanesimo e nel Rinascimento, oltre alla rivalutazione della civiltà classica, centrale è il punto della libertà dell’uomo di servire Dio fuori dalle chiese e dai monasteri, in un contesto in cui l’uomo poteva dominare la natura perché Dio gli aveva dato la facoltà di dominarla. Si affermano un’interpretazione della Bibbia oltre lo stretto significato delle parole e una cultura laica che non nega la religione ma vuole giocarsi un proprio ruolo nella società. Così nasce l’immenso patrimonio culturale e artistico del Rinascimento, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, la pittura, la scultura, la grande letteratura di due secoli, Machiavelli, Guicciardini, Boiardo, Ariosto, Tasso. Ma da questo problema irrisolto dell’interpretazione della Bibbia, il nuovo secolo si aprirà con la tragedia di Bruno e l’abiura di Galilei.
Alla Chiesa veniva contestato soprattutto il cattivo uso del suo potere temporale. Per esempio, Machiavelli – elogiando il modello della Repubblica Romana, che con la religione teneva unito il popolo – accusava la Chiesa, cioè il Papato, di non essere stata capace di unire gli Stati italiani sotto la sua tutela e di avere invece causato la divisione e la debolezza degli Stati italiani, e anche la corruzione che di lì a poco avrebbe provocato la scissione protestante. Era più o meno quello che diceva Dante, ma Dante non fu messo all’indice. L’Umanesimo dunque non nega Dio, pone l’uomo, la più alta creatura di Dio, al centro di tutte le cose, e cerca di metterlo nelle condizioni di farlo avvicinare alla sapienza superiore di Dio, distinguendo tra Chiesa terrena e Dio, il Dio che governa la storia. Il Dio del Romanticismo, il Dio di Manzoni. È lo stesso Dio del dramma di Tasso, diventato folle perché combattuto tra la visione della Riforma protestante e il Concilio di Trento, chiamiamola pure storicamente la Controriforma cattolica. È lo stesso Dio di Petrarca, lo stesso Dio di San Francesco, un precursore del Rinascimento.
La Rivoluzione francese
L’evento storico decisivo, invece, che sconvolge dalle fondamenta la Chiesa nel suo operare storico e nella sua dottrina, è la Rivoluzione francese, che ha le sue origini, sì, nel laicismo e nel materialismo dell’Illuminismo, nel cosmopolitismo, con i suoi valori di libertà, uguaglianza, fratellanza e tolleranza religiosa, ma soprattutto – e questo lo riconoscono anche i più grandi storici cattolici – in un sistema sociale iniquo che dava tutto il potere alla nobiltà e al clero, mentre la nuova economia vedeva l’emergere di una borghesia imprenditoriale intraprendente che voleva conquistare un suo ruolo nell’ordinamento sociale e politico, punta di diamante di un Terzo Stato emarginato del tutto dalla politica della monarchia. La Rivoluzione francese è la vittoria dell’alta borghesia e non dei sanculotti, che ha cancellato i privilegi non solo materiali della nobiltà, ma – in buona misura – anche quelli spirituali della Chiesa cattolica, di cui il clero aveva goduto nell’antico regime.
La Rivoluzione francese è davvero lo sconvolgimento totale, la fine di un tempo e l’inizio di un altro, materialistico, filosofico, politico, che cambierà il volto dell’Europa e del mondo, non solo della Chiesa. In termini di beni, insegnamento, autonomia, libertà, la Chiesa – non solo in Francia ma anche in Europa – subisce un colpo durissimo. Solo con il Congresso di Vienna e la Restaurazione, la Chiesa cattolica tenterà di tornare allo status quo ante, ma quel che è perduto è perduto, non tutto tornerà come prima, e la Chiesa dovrà adattarsi all’idea che molti cambiamenti sono irreversibili, soprattutto per quanto riguarda l’incameramento dei beni ecclesiastici a vantaggio dello Stato, anche se nel Regno delle Due Sicilie e nell’Impero asburgico mantiene gran parte delle sue proprietà e del suo prestigio, cosa che non accade in genere negli Stati italiani e nel Regno di Sardegna, dove permangono situazioni di aspra conflittualità. Tuttavia, a giudicare dall’opera di Manzoni e di altri teologi, l’Illuminismo contribuisce, a nostro avviso, a far maturare all’interno della dottrina della Chiesa un cattolicesimo diciamo più democratico e vicino agli umili. Vorremmo parlare del rapporto tra la Chiesa e il movimento risorgimentale, tra la Chiesa e la modernità, ma il discorso sarebbe troppo lungo e forse non avremmo nemmeno le capacità dottrinali per esporre concetti chiari e indiscutibili, tranne qualche riferimento storico ai neoguelfi, a Vincenzo Gioberti e alla sua confederazione di Stati sotto la presidenza del Papa, o a Joseph De Maistre, nel tempo della Restaurazione il rappresentante più radicale del “papismo”, con programmi politici tesi a ricondurre la Chiesa cattolica al centro della vita politica e religiosa europea come nel Medioevo. La storia del rapporto tra la Chiesa e il materialismo e poi il liberalismo è fin troppo nota.
La Rivoluzione francese e i totalitarismi moderni
Prima di concludere, due aspetti vorremmo chiarire. E cioè il rapporto tra i totalitarismi del XX secolo e l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, un tempo in cui la Chiesa era in crisi. Il comunismo. Marx era affascinato dalla Rivoluzione francese, e principalmente dal giacobinismo. Tuttavia, egli sapeva bene che, secondo la sua ideologia, la classe sociale che si doveva abbattere era proprio quella che aveva vinto nella Rivoluzione, cioè la nuova borghesia capitalistica, che aveva creato una nuova classe sociale, il proletariato. La classe proletaria di ogni Paese del mondo doveva prendere coscienza dei propri obiettivi e abbattere il sistema capitalista e abolire la proprietà privata. Il comunismo allora nasce nella Rivoluzione francese come conseguenza ineluttabile di un preciso processo storico, seguendo una logica di razionalità hegeliana. Dalla distruzione del capitalismo affermatosi con la Rivoluzione francese sarebbe nata, con una nuova rivoluzione, una società nuova che avrebbe portato, dopo un tempo di transizione, e cioè la dittatura del proletariato, a uno Stato che avrebbe controllato i mezzi di produzione, alla dissoluzione dello Stato stesso, con la proprietà passata alla società nel suo complesso. Ecco perché lui pensava che il comunismo si sarebbe affermato prima in Germania e negli Stati Uniti d’America, e non in un paese arretrato come nella Russia zarista.
Il totalitarismo fascista, invece, non ha alcun legame con la Rivoluzione francese. Esso nasce nel contesto della crisi delle istituzioni liberali del primo ventennio del XX secolo, viene visto come argine contro il comunismo sovietico e continuazione delle aspirazioni risorgimentali. Inizialmente repubblicano e anticlericale, espressione della borghesia agraria e delle sue paure dopo la guerra, diventa monarchico e alleato della Chiesa per ragioni di potere e di prestigio internazionale. Il movimento, e poi partito, fondato da Mussolini realizza una politica aggressiva e razzista, ma in politica interna non può definirsi di destra in senso moderno. Esso si pone come “terza via”, statalismo alternativa al capitalismo americano e al collettivismo sovietico.
Anche il Nazionalsocialismo si presenta come alternativa al capitalismo e al comunismo sovietico. Il Nazionalsocialismo affonda le sue radici nel Romanticismo. Fu, sì, propaganda e strategia politica di un gruppo di fanatici, ma fu soprattutto eredità di idee quali l’idealismo e il nazionalismo dei Discorsi alla nazione tedesca di Fichte, l’antisemitismo, il Cristianesimo germanico, il misticismo naturistico del Volk, la cultura cosiddetta occulta, la visione misticheggiante della natura e dell’uomo, un complesso di concezioni e di valori con i quali vasti strati della popolazione si accostavano ai grandi problemi dell’epoca, e che spesso si traducevano nel rifiuto dei partiti politici e della politica come soluzione ai problemi sociali.
Certamente hanno inciso profondamente nella psiche dei tedeschi la trasformazione della Germania da un coacervo di principati semifeudali a Stato nazionale e la parallela trasformazione dell’economia da agricola a industriale. E hanno inciso anche l’unificazione tarda della Germania e la rapidità dei mutamenti economici, sociali, politici. Il Nazionalsocialismo è espressione dell’antisemitismo, perché gli ebrei erano ritenuti responsabili dell’impoverimento di enormi masse escluse dal rapido processo industriale, e della nascita del movimento nazional-patriottico o völkisch, manifestazione importante del romanticismo germanico.
Più che con Fichte, Hegel, Herder, Wagner e Nietzsche, il Nazionalsocialismo aveva molto di più in comune con le idee e i movimenti nazional-patriottici – era uno stato d’animo simile, la ricerca di un’ideologia a fondamento di ogni azione concreta, il rifiuto della società borghese e della rivoluzione industriale e del parlamentarismo, per una rinascita d’ordine spirituale che doveva fare rifiorire il Volk.
La rivoluzione nazista si configura, in conclusione, come “rivoluzione dell’anima”, che aveva come nemico soprattutto l’ebreo, visto come fautore di un progresso distruttivo. L’attesa messianica del salvatore che aveva origine nell’occultismo, la tendenza del pensiero tedesco verso il razionalismo astratto e l’idealismo, l’antiparlamentarismo, l’antisemitismo, l’antimarxismo, il pangermanesimo, il movimento nazional-patriottico, il Volk, il nazionalismo, il misticismo romantico, un intero secolo aveva preparato il Nazionalsocialismo. Il Nazionalsocialismo è stato la logica culminazione di tutta la storia tedesca affermatasi nel Romanticismo.