La cristianizzazione del Carnevale: quel folleggiare prima del “carnem levare”
di Simona Trecca
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UNA RICOSTRUZIONE CRISTIANA DEL CARNEVALE
«Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Quest’è Bacco e Arïanna, belli, e l’un dell’altro ardenti: perché ‘l tempo fugge e inganna, sempre insieme stan contenti. Queste ninfe ed altre genti sono allegre tuttavia».
“Il Trionfo di Bacco e Arianna” di Lorenzo il Magnifico (1449-1492), che li vede leggiadri e danzanti ridendo voluttuosi, riassume lo spirito del Carnevale. Fin dalle origini questo periodo che si colloca nel calendario liturgico-cristiano tra l’Epifania e la Quaresima è sempre stato caratterizzato da sregolatezza di ogni genere ed esaltazione dei vizi.
Etimologicamente la parola carnevale potrebbe ricondursi al latino “carnem levare” cioè la raccomandazione religiosa di astenersi dalla carne all’inizio dei quaranta giorni che precedono la Pasqua, interpretata nel suo senso opposto ed eccessivo, in cui si preferisce “folleggiare” per dimenticare i problemi di tutti i giorni, sfilando oggi in maschera, tra parate pubbliche e feste private. Nell’VII secolo, infatti, nel periodo che precedeva il digiuno quaresimale si organizzavano banchetti e ci si divertiva a nascondersi dietro delle maschere sovvertendo l’ordine sociale prestabilito. È una festa presente prima del Cristianesimo, pagana, che si rifà alle Lupercali, feste legate alla fecondità che si svolgevano a febbraio.
L’intero periodo del Carnevale 2024 va dal 28 gennaio (la cosiddetta domenica di Settuagesima circa 70 giorni prima della domenica di Pasqua) e si concluderà il 13 febbraio (il Martedì Grasso). Impossibile dimenticare queste date, le pasticcerie e i forni italiani almeno due settimane prima addobberanno le loro vetrine, riempiendo i vassoi di leccornie, di dolci colorati, fragranti e profumati, la maggior parte fritti perché se eccesso deve essere che eccesso sia!
Dal Nord al Sud sono tanti i dolci tipici, non c’è massaia che si rispetti che non si cimenti in questo periodo in una delle ricette dei dolci tipici carnevaleschi: dai Fritoleri veneziani tipici della zona di Venezia che si preparano con uova, farina, lievito, latte e arricchimento con uva sultanina alla pasta dolce dell’Emilia Romagna delle vere tagliatelle, in versione dolce, arrotolate, cosparse di zucchero e fritte, di buon auspicio come i tortelli lombardi.
Spostandosi al centro Italia troviamo il berlingozzo toscano a forma di ciambella, gli arancini di Carnevale marchigiani, la crescionda umbra, che è una torta al cioccolato e amaretti simile al budino.
Nel basso Lazio si preparano i cecamarini che richiamano le castagnole ma sono di dimensioni più piccole.
I dolci del Sud necessitano di un appuntamento dal dentista, tanto sono ricchi di zuccheri e farciture. Si va dalla cicerchiata, una cascata di palline fritte affogate di miele caldo che raffreddandosi le incastona tra loro arricchite a seconda della zona (Abruzzo, Umbria e Molise) da codette zuccherate o frutta candita al migliaccio, un preparato un tempo con la farina di miglio, oggi con il semolino tipico della zona di Napoli. Per un accenno alle isole, menzioniamo la pignolata glassata, un tipico dolce siciliano, gnocchetti fritti ricoperti di glassa al limone o al cioccolato.
I dolci più rappresentativi del Carnevale nell’immaginario comune, lo sappiamo, sono le castagnole, dolcetti rotondeggianti farciti di ricotta, crema o marmellata e le chiacchiere, sottili sfoglie fritte o al forno con o senza zucchero a velo, a volte con aggiunta di miele o glassate al cioccolato. Queste squisitezze hanno nomi diversi a seconda di quale regione le cucini: frappe nel Lazio, bugie in Piemonte, cenci in Toscana e sfrappole in Emilia. Il gusto è il loro denominatore comune.
Carnevale come detto terminerà il 13 febbraio, martedì grasso, mentre dal giorno dopo con il Mercoledì delle Ceneri inizierà la Quaresima. E avremo 40 giorni di tempo per smaltire tutti i chili accumulati!