Don Bosco, santo sociale e apostolo delle buone idee
di Andrea Bartelloni
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RICORDIAMO I SUOI ORATORI MA IL SANTO PIEMONTESE CONOSCEVA ANCHE I NEMICI DELLA CHIESA E SAPEVA COME COMBATTERLI
Il 31 gennaio si è celebrata la festa liturgica di san Giovanni Bosco, «il Santo dei giovani». In una intervista a La Stampa (29 gennaio 2024), papa Francesco lo ha ricordato così: «Pare che una volta don Bosco abbia detto: “Se volete avere e aiutare dei giovani buttate un pallone sulla strada”. Il fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice è stato capace di chiamare, coinvolgere ed entusiasmare i ragazzini senza futuro, e dare loro un futuro. Come? Con gli oratori. Lì i giovani giocavano, pregavano e imparavano».
«Per migliaia di piccoli abbandonati, disperati, destinati a un’esistenza di stenti e di esclusione, don Bosco ha tracciato la via di un avvenire di dignità e speranza. Ha fornito loro gli strumenti intellettuali e spirituali per superare gli ostacoli e valorizzare la propria vita. E ci è riuscito nonostante attacchi feroci: non dimentichiamoci che il Santo di Valdocco ha vissuto nell’epoca del Piemonte massonico e mangiapreti, e in quell’ambiente ostile è stato capace di trasformare in meglio l’atteggiamento sociale del territorio nei confronti dei giovani. Don Bosco ha cambiato un po’ la storia. Anche con riflessioni culturali. E pure attraverso conversazioni con chi lo contrastava».
E su questo grande santo si è soffermato anche il Plinio Corrêa De Oliveira (1908-1995), uno dei maestri del pensiero cattolico contro-rivoluzionario del secolo XX, come lo definì Giovanni Cantoni (1943-2020). A pag. 13 del volumetto Cum Sanctis Tuis. Profili di santi, Chorabooks, 2021, così descrive brevemente il profilo del santo piemontese: «Conosciamo davvero San Giovanni Bosco (1815-1888)? È interessante notare che era un uomo sempre e completamente consapevole dei problemi del suo tempo. Non viveva affatto al di fuori della storia, come vorrebbero certe agiografie sentimentali. Non solo conosceva i problemi; sapeva anche quali erano i nemici della Chiesa e come combatterli».
«Quando sul Piemonte, favorita dal governo di allora, si abbatté una martellante propaganda protestante Don Bosco sviluppò un vero e proprio piano di azione intellettuale per reagire a questa propaganda. Oggi molti si fanno dettare dalla Rivoluzione l’ordine delle priorità. Anche molti buoni cattolici pensano che l’economia sia più importante della cultura, il denaro dell’intelligenza e il materiale dello spirituale. Per questo quando parlano di San Giovanni Bosco si riferiscono quasi esclusivamente alle sue grandi opere sociali e dimenticano il suo lavoro intellettuale».
«Intendiamoci bene: io sono il primo ad applaudire e a riconoscere la grande importanza delle fondazioni sociali di Don Bosco, non senza insistere sul fatto che non si limitava ad aiutare materialmente i ragazzi poveri ma dava loro anche una solida formazione. Ma non sono d’accordo quando il riferimento alle sue opere sociali diventa esclusivo. Quando si esamina la sua vita si rimane colpiti da quanto tempo Don Bosco dedicava a scrivere. Non era solo l’uomo delle opere esterne; era anche – come si dice- un uomo di penna. Non è un caso che la Chiesa lo abbia nominato co-patrono della buona stampa insieme a San Francesco di Sales».
«Noi dovremmo fare uno sforzo per insistere su questo punto e per rimettere, da un certo punto di vista, le cose a posto. Applaudiamo a Don Bosco come santo sociale, ma ricordiamo anche Don Bosco come apostolo della stampa e della divulgazione delle idee. E preghiamolo perché protegga il nostro lavoro intellettuale e la stampa cattolica».