Come la debolezza Usa cambia il quadro strategico mondiale
A cura di Pietro Licciardi
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UN EX ANALISTA CIA SVOLGE ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL’ATTUALE CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE E LE SUE IMPLICAZIONI
Sthepen Carter, giornalista di un noto canale Youtube, ha recentemente intervistato Larry Johnson, un ex analista della Cia, il quale ha svolto alcune interessanti considerazioni sull’attuale conflitto israelo-palestinese e le sue implicazioni per il Medio Oriente. L’intervista è stata riproposta da Mazzoninews, il canale del giornalista italiano Roberto Mazzoni che vive negli Stati Uniti.
Verso un allargamento del conflitto?
La preoccupazione un po’ di tutti in questo momento è che il conflitto si possa allargare, specialmente dopo il coinvolgimento degli Huthi dello Yemen, sciiti e perciò appoggiati dall’Iran, i quali hanno preso la guida del Paese dopo aver vinto una lunga guerra contro il precedente governo sunnita, appoggiato e armato da Arabia Saudita e Stati Uniti. Gli Huthi hanno detto di stare dalla parte dei palestinesi e lo hanno dimostrato dirottando due navi in transito nel Golfo di Aden e colpendone altre con missili. Il risultato è che le principali compagnie di navigazione del mondo hanno deciso che non avrebbero più mandato le proprie navi nel Mar Rosso, e avrebbero invece circumnavigato l’Africa, il che sta avendo un significativo impatto economico su Israele.
La debolezza della flotta Usa
Quello degli Huthi è sicuramente contrario al diritto internazionale, ma come fermarli? Stati Uniti e altre nazioni hanno schierato le loro navi per garantire la rotta marittima ma gli yemeniti stanno colpendo con droni che costano 2.000 dollari, mentre la Us Navy risponde con missili che costano 2 milioni di dollari ciascuno. Giorni fa gli Huthi hanno attaccato un cacciatorpediniere con 14 droni, tutti abbattuti, il che significa che per neutralizzare armi dal costo complessivo di 28.000 dollari sono stati spesi 28 milioni di dollari. Inoltre le navi statunitensi dispongono di 90-100 missili, terminati i quali devono tornare nelle loro basi per rifornirsi e con loro anche le portaerei schierate, che rimarrebbero altrimenti senza adeguata protezione.
Come ha chiarito l’ex analista Cia Larry Johnson si tratta della conseguenza di una decisione del presidente Bill Clinton presa nei primi anni Novanta, quando l’imponente schieramento di navi logistiche d’appoggio a disposizione della flotta è stato drasticamente ridimensionato limitando le capacità della Us Navy di condurre operazioni a lungo raggio. Adesso basterà che dallo Yemen parta un sufficiente numero di droni per costringere gli americani a ritirarsi mostrando la loro debolezza. La guerra in Ucraina poi ha mostrato che né gli Stati Uniti, né l’Occidente possono rimpiazzare i missili in tempi brevi.
Taiwan è servita… alla Cina
Insomma gli Huthi stanno mostrando al mondo che questa volta sono gli americani a subire le conseguenze di una guerra asimmetrica. Washington sarebbe teoricamente giustificata nel rispondere militarmente agli yemeniti ma non lo ha fatto, perché? Sarebbe alquanto imbarazzante iniziare una guerra per interromperla subito dopo per mancanza di missili. Per questo stesso motivo, ha detto ancora Larry Johnson, la voce grossa che il presidente Biden cerca di fare con la Cina lascia il tempo che trova dal momento che se la marina americana non può sostenere un’operazione al largo delle coste dello Yemen, figuriamoci se è possibile spostare la flotta davanti alle coste della Cina.
Di questo sono consapevoli anche i cinesi e ciò cambia il quadro strategico. Questo è il motivo per cui Xi Jinping ha detto a Biden, durante l’incontro a San Francisco del 15 Novembre scorso, che intende riprendersi Taiwan, in base anche all’accordo che Cina e Stati Uniti hanno siglato più di cinquant’anni fa, secondo il quale Taiwan appartiene alla Cina e fa parte di quel territorio.
Fine dell’egemonia mondiale del dollaro?
La guerra in Ucraina, sempre secondo l’ex analista della Cia Larry Johnson intervistato da Stephen Gardner, ha fatto aprire gli occhi a Russia e Cina i quali sanno adesso che non devono più dipendere dal dollaro statunitense e possono usare le proprie valute per esercitare la propria influenza in tutto il mondo. Ecco perché uno dei primi accordi commerciali che la Cina ha concluso usando la propria valuta è stato con il Brasile. Oggi la Cina e il Brasile possono commerciare nelle rispettive valute, senza dover più fare affidamento sul dollaro. Quindi, sotto questo aspetto, la guerra in Ucraina è stata redditizia per la Cina, ma ha avuto un’importanza critica anche per la Russia che può vendere più facilmente il proprio petrolio e il proprio gas alla Cina, che ne ha gran bisogno, senza dipendere dal dollaro. Di conseguenza, si è rivelata una relazione molto vantaggiosa per entrambe le parti.