L’eresia catara di ieri e di oggi
di Pietro Licciardi
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NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA SI RIPROPONGONO LE “DOTTRINE” PROPAGANDATE DAGLI ALBIGIESI DEL VII SECOLO
Tra le molte eresie che hanno funestato la Chiesa vi è quella dei catari, o albigiesi, che fece la sua comparsa nel VII secolo in Armenia e poi in Bulgaria. La setta si diffuse poi rapidamente in Occidente al punto che l’imperatore Alessio I Comneno (1048-1118), per ragioni di ordine pubblico, fece imprigionare e condannare a morte un gran numero di seguaci. La misura fu resa necessaria dal fatto che la “dottrina” catara era quanto di più destabilizzante si possa immaginare non soltanto per la società del tempo.
Secondo i catari Dio non è unico bensì vi sarebbero due creatori: Dio e il diavolo e così vi sarebbero anche due creazioni: l’una invisibile ed incorporea e l’altra visibile e corporea. Per questa stessa ragione per i catari vi erano due chiese: una benevola, che identificavano nella loro setta, e l’altra, la chiesa romana, considerata da loro maligna, madre di tutte le fornicazioni. Tutti i sacramenti pertanto erano inutili, compreso il matrimonio tra un uomo e una donna. Inoltre si astenevano dal mangiare non solo la carne, ma anche i formaggi, le uova e tutto ciò che è prodotto dagli animali; non uccidevano nessun animale poiché credevano fermamente che negli animali potevano esserci quegli spiriti dei defunti non ancora entrati a far parte della loro setta. Credevano anche nel passaggio degli spiriti da un corpo all’altro (la reincarnazione) che avveniva mediante l’imposizione delle mani (il consolamentum). Non avevano nessun contatto con le donne e dicevano di non poter adorare la croce di Cristo perché non si può adorare un patibolo.
Siccome per loro tutto ciò che era corporeo era esecrabile, perché creato da Lucifero, l’unione con una donna era maligna, come lo erano il matrimonio e il parto stesso. Coerentemente la morte del corpo era da affrettare tramite il suicidio o l’omicidio rituali, che chiamavano endurum. Si arrivava a consigliare cinque modalità diverse per porre termine alla propria vita: l’avvelenamento, la morte per fame, il dissanguamento, il gettarsi da un precipizio o la congestione polmonare — provocata con il distendersi su una lastra di ghiaccio dopo un bagno bollente — e lo strangolamento.
La vita molto austera dei “perfetti” — castità, digiuni, abbigliamento dimesso — faceva sì che essi fossero spesso ritenuti cristiani molto virtuosi e ciò consentiva loro di fare proseliti fra i credenti ma è facile comprendere le conseguenze sociali di una diffusione massiccia del catarismo, che appunto disdegnava il matrimonio e quindi la riproduzione e favoriva il suicidio o l’omicidio rituale.
I catari furono comunque relativamente tollerati fino al 1208, quando assassinarono senza motivo il beato Pietro Castelnau, legato pontificio. L’episodio convinse il Papa che la setta aveva dichiarato guerra alla Chiesa, pertanto si incaricò di organizzare una crociata guidata dal nobile Simone di Montfort (1170-1218). Sconfitti i catari si rifugiarono in altre consorterie, più o meno segrete arrivando fino ai nostri giorni.
L’ideologia catara si riconosce ad esempio fra le logge massoniche, particolarmente fiorenti nella Germania del primo dopoguerra, come in quella conosciuta come il Gruppo di Thule, emanazione della loggia «Ordine dei Tedeschi», che propugnava la purezza della razza.
Alcuni membri di questo Gruppo aderirono al partito Nazionalsocialista di Adolf Hitler. Nazisti provenienti dal Gruppo di Thule furono fra gli altri, Hans Frank, il futuro governatore della Polonia, Dietrich Eckart, amico personale di Hitler e direttore del giornale del partito, Arthur Rosenberg, ideologo ufficiale del nazionalsocialismo, e Rudolf Hess. La figura che attesta l’interesse del regime per i catari è quella di Otto Rahn, membro del Gruppo Thule, il quale, su ordine di Rosenberg, effettuò due spedizioni a Montségur nelle grotte dei catari e scrisse Crociata contro il Graal.
Ma se guardiamo alla società contemporanea possiamo ritrovarvi alcuni elementi che lasciano pensare ad un “ritorno di fiamma” di un certo catarismo, anche se in parte privo della sua portata teologico-spirituale. Come infatti tra i catari era proibito il matrimonio, così oggi buona parte della società moderna è tendenzialmente ostile ad ogni forma di unione stabile e duratura tra uomo e donna. Se i catari di ieri, però, non si sposavano per una forma di ascetismo tesa all’acquisto del paradiso, gli uomini di oggi non lo fanno perché desiderano rimanere liberi, privi di impegni definitivi, facendo così della loro “libertà” un proprio piccolo dio da adorare e soprattutto raggiungere.
Tra i catari, poi, era vietato mangiare carni animali. La società contemporanea condivide in parte questo astenersi dal mangiare carni animali, anche se non per motivazioni ascetico-religiose, bensì perché è ritenuto disumano uccidere animali per l’alimentazione dell’uomo. E di questo astenersi dal mangiare carne se ne fa spesso un segno di civiltà e di progresso, sebbene poi si tolleri l’uccisione di milioni di bambini nei ventri delle madri. Pure l’avversione verso la procreazione da parte di gruppi ambientalisti radicali fa pensare al catarismo.
Di fronte al moderno revival di eresie, come quella catara o gnostica, a noi cattolici oggi come ieri ci viene domandato di predicare Cristo con assiduità, dolcezza e verità (opportune et importune, direbbe S. Paolo) a tutti gli uomini, mettendoli in guardia da false ideologie, false morali e persino falsi dèi.