Stop al progetto di legge veneto sul “suicidio assistito”
di Angelica La Rosa
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VENETO, NEL CENTRODESTRA E’ EMERSA UNA MAGGIORANZA CONTRARIA ALLA DERIVA EUTANASICA
“Esprimiamo soddisfazione per lo stop al progetto di legge sul suicidio assistito nella Regione Veneto, con il rinvio in Commissione a seguito della bocciatura dei primi due articoli che obbligavano tutte le strutture sanitarie regionali ad assecondare le intenzioni suicidarie dei cittadini”.
Così ha dichiarato il Portavoce di Pro Vita e Famiglia Jacopo Coghe.
“È molto positivo che nel centrodestra sia emersa una maggioranza contraria alla deriva eutanasica promossa dai radicali e dalla sinistra estrema, anche se resta grave il sostegno politico del Presidente Zaia e di altri consiglieri della Lega, di cui ci ricorderemo alle prossime elezioni. Auspichiamo che questo stop sia definitivo e che la Regione Veneto lavori per moltiplicare l’accesso dei cittadini che ne hanno diritto alle cure palliative per vivere degnamente anche in situazioni di grande sofferenza”.
“La bocciatura della proposta di legge regionale di iniziativa popolare sul suicidio assistito, deve portare ora al centro del dibattito il disegno di legge n. 222/2023, ancora fermo al palo, in materia di rafforzamento del già esistente sistema regionale di cure palliative che ho redatto in collaborazione con il prof. Scandroglio e l’ex consigliere comunale di Verona Alberto Zelger e presentato dai consiglieri Valdegamberi e Finco (primi firmatari)”.
Sono queste le dichiarazioni a caldo del costituzionalista Daniele Trabucco dopo la mancata approvazione del progetto di legge fortemente voluto dall’associazione “Luca Coscioni”.
“Non si trattava semplicemente di introdurre con legge regionale tempi e procedure per il suicidio assistito in attuazione della sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, come ha sostenuto in più di una occasione il Presidente della Giunta regionale del Veneto, dott. Luca Zaia, ma di normare una prestazione sanitaria a fronte della quale sorge una vera e propria facoltà di accesso per i pazienti, sia pure alle condizioni previste dal giudice delle leggi, il quale non solo ha sempre affermato, sul punto, la competenza del legislatore statale, ma ha pure sostenuto che non sussiste un diritto alla morte (la Corte, infatti, si era espressa sulla non punibilità, in presenza di alcuni presupposti, del reato di aiuto ed istigazione al suicidio che resta nell’ordinamento). Pertanto l’eventuale normativa regionale si sarebbe spinta ben oltre il dictum di Palazzo della Consulta”.
Da qui la necessità, secondo Trabucco, “di implementare la terapia del dolore ed il sistema cure palliative non solo con uno stanziamento ad hoc nel bilancio regionale, ma anche con l’istituzione di un Osservatorio che monitori l’accompagnamento verso la conclusione naturale della vita umana”.