Il suicidio non è mai la risposta

Il suicidio non è mai la risposta

di don Antonello Iapicca

LA BANALITÀ DEL MALE

L’eutanasia, la morte dolce imposta al di sopra e al di là della legge, è la cifra della violenza inaudita di una società ormai fagocitata dall’ideologia.

Per imporre l’omicidio di stato dei più deboli, fragili, inguaribili nel grembo come in un letto d’ospedale, per legalizzare lo sterminio delle persone che pesano sulle casse dello stato, la macchina infernale del potere satanico – politici, “scienziati”, media, social e culturame vario – schiaccia come insetti fastidiosi coloro che considera scarti d’uomo.

Ma il peggio non è il brutale omicidio del figlio in grembo o del malato “consenziente” (in Italia è ancora reato sul codice ma non per giudici e medici accecati dall’ideologia che calpestano Costituzione e leggi).

L’abisso è il sonno della ragione, il cortocircuito del pensiero e la schizofrenia del cuore che ritengono “diritti” questi abomini degni degli antichi sacrifici umani.

La massa indottrinata da decenni di propaganda voluta e foraggiata dalle élite a servizio di satana, trangugia tranquilla questo veleno letale mentre si sente buona, solidale, accogliente, tollerante, pietosa, pensa con il pensiero unico dominante, sedotta da sermoni buonisti ma subdolamente ideologici di improvvisati eroi, profeti e maestri issati sul pulpito dai pupari del potere vero.

La banalità del male è qui, ora, ancor più tragica di quella che appariva al tempo del nazismo.

“È una sconfitta per la medicina e per l’intera società trattare un paziente somministrando la morte, piuttosto che farsene carico con le cure palliative. Il SSN è nato per curare e non per uccidere. La richiesta di morire è sempre un messaggio di disperazione che deve essere colto per dare una risposta, scientifica e umana, di presa in carico. Rispondere con il suicidio assistito è disumano e vergognoso. Faremo ogni sforzo per sostenere le cure palliative e cancellare la deriva della morte su commissione”, così il leader del Family Day commenta il suicidio di Anna, nome di fantasia delle donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla morta in casa sua a Trieste dopo aver ottenuto il via libera al suicidio assistito da parte del SNN.

“Come avevamo previsto già ai tempi delle Dat la deriva mortifera della legislazione avrebbe presto portato persone stabilizzate, che non sono nella fase terminale di una malattia, a chiedere la morte e ad ottenerla da parte di uno Stato che pensa più alle esigenze di bilancio che a prendersi cura delle fragilità. Da medico posso dire di non aver mai visto un paziente, che ha beneficiato di cure e prossimità affettiva, chiedere la morte. Tutto questo va contro il giuramento di Ippocrate e ci condurrà ad un aumento esponenziale dei suicidi assistiti come è già successo in molti paesi del Nord Europa”, conclude Gandolfini.

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