Una religione che dovrebbe elevare le anime verso Dio non può cadere nell’apologia del sesso
di Matteo Castagna
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LA TEOLOGIA DEL SESSO
Il Prof. Giovanni Reale (1931-2014) definì il De Natura boni di Sant’Agostino come un breve trattato di alta metafisica cristiana neoplatonica. Il grande studioso affermava nel suo “Storia della Filosofia antica” (Milano, Vita e pensiero, 1975) osservava, acutamente, che «Socrate diceva che il compito dell’uomo è la cura dell’anima: la psicoterapia, potremmo dire. Che poi oggi l’anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente importante. Socrate per esempio non si pronunciava sull’ immortalità dell’anima, perché non aveva ancora gli elementi per farlo, elementi che solo con Platone emergeranno.
Ma, nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l’essenza dell’uomo sia la psyché. Molti, sbagliando, ritengono che il concetto di anima sia una creazione cristiana: è sbagliatissimo. Per certi aspetti il concetto di anima e di immortalità dell’anima è contrario alla dottrina cristiana, che parla invece di resurrezione dei corpi. Che poi i primi pensatori della Patristica abbiano utilizzato categorie filosofiche greche, e che quindi l’apparato concettuale del cristianesimo sia in parte ellenizzante, non deve far dimenticare che il concetto di psyché è una grandiosa creazione dei greci. L’Occidente viene da qui».
Ne “La saggezza antica” (1995), sostenne, con grande lungimiranza, che «tutti i mali di cui soffre l’uomo d’oggi hanno proprio nel nichilismo la loro radice» e che «un’energica cura di questi mali implicherebbe il loro sradicamento, ossia la vittoria sul nichilismo, mediante il recupero di ideali e valori supremi, e il superamento dell’ateismo». Ma quello che egli propone «non è affatto un ritorno acritico a certe idee del passato, ma l’assimilazione e la fruizione di alcuni messaggi della saggezza antica, che, se ben recepiti e meditati, possono, se non guarire, almeno lenire i mali dell’uomo d’oggi, corrodendo le radici da cui derivano».
L’opera di Sant’ Agostino, sulla natura del Bene, si divide in tre parti. La prima mira a determinare Dio come Sommo Bene. La seconda dimostra che Egli è tale perché ce lo dicono, inequivocabilmente le sacre Scritture, mentre la terza è dedicata a smontare le teorie dei manichei. La conclusione cui giunge, non senza fatica, è che il male è la mancanza di bene. A rigor di logica, il Bene deve esistere proprio perché è il contrario del male. Il male morale è il nefasto risultato del libero arbitrio male utilizzato, in piena libertà, dall’uomo.
Nel mondo attuale, il bene viene sistematicamente accantonato o, addirittura scambiato col male, in forme distopiche assurde quanto oscene. Si potrebbe chiedersi se non vi sia, in periodi di crisi o di secolarizzazione, comunque di decadenza, un motivo scatenante. A ben pensarci, possiamo individuare questo vulnus in quella che l’accademico Marcel De Corte (1905-1994) in “La grande eresia” (Ed. Volpe 1970, poi Effedieffe, 2015) definiva la “teologia del sesso”.
La psyché greca ne esce viene sconvolta, il bene viene messo in soffitta, il nichilismo vince nell’ozio lussurioso della mera concupiscenza della carne. Ma la Scienza, poiché ha scartato Dio, spiega tutto, anche che la sessualità è un comportamento come un altro. «Reprimere il sesso – scriveva De Corte – vuol dire eccitarlo alla ribellione». La Scienza è sempre pronta ad intervenire a soddisfare i desideri d’ogni tipo, perché nel XXI secolo, la perversione è diventata un “diritto”. Ora qualcuno vorrebbe che anche ai più poveri potesse esser data la possibilità di cambiar sesso, magari pagando solo il ticket, ma ancora non è dato a sapersi.
I divieti sessuali sono la proiezione di una paura nevrotica di fronte alla vita». E «verniciando di scienza il sesso, è d’ora innanzi permesso, raccomandato, anzi comandato, esibirlo dappertutto. Basta coi tabù. In alto i sessi!». L’iper sessualizzazione di massa, cui assistiamo, talvolta increduli, talvolta esterefatti, ove diventa “normale” qualsiasi tipo di rapporto, persino con gli animali, è intollerante per natura e stalinista nei metodi, perché vorrebbe mettere il bavaglio e le manette a coloro che ancora non sono caduti nella cloaca del pansessualismo.
Sosteneva, sempre De Corte, nel dicembre del 1968, che «il nuovo cattolicesimo dell’aggiornamento ad ogni costo, o sarà sessuale, o niente. E’ una buffonata – direte voi. E’, ahimé il segno che il frutto è bacato! Quando una religione, il cui ufficio è di elevare l’anima verso Dio, cade nell’apologia del sesso, si può dire che è colpita al cuore. Essa chiama su coloro che la avviliscono il fuoco della Provvidenza offesa». La benedizione dei pubblici peccatori, concubini o sodomiti, è un primo traguardo con cui gli “aggiornati”, ossia i “cattolici adulti” giustificano ed, anzi, elevano a bene il peccato.