Uno dei segni del ritorno del Messia

Uno dei segni del ritorno del Messia

di Giuliva Di Berardino

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO DI UNA TEOLOGA LITURGISTA

Mt 17,10-13

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Nel breve vangelo di oggi viene indicato uno dei segni del ritorno del Messia, che al tempo di Gesù tutti aspettavano. Anche noi oggi, in questo tempo di Avvento, aspettiamo il Signore che viene. Questo Vangelo, quindi, ci aiuta molto a cogliere il segno della venuta del Messia e il senso profondo della sua venuta. Per la gente del tempo, il segno che il Messia stava per tornare doveva essere il ritorno di Elia.

Nella prima lettura di questa liturgia, tratta da Sir 48,1-4.9-11, viene presentato il profeta Elia: il senso del suo ritorno, come segno messianico.  In quei giorni, sorse Elìa profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Così inizia questo testo, in cui possiamo notare la ricorrenza del “fuoco”. Elia è profeta di fuoco, un fuoco che brucia per uno scopo preciso: riconduce il cuore del padre verso il figlio, riunire, perciò, le tribù d’Israele, radunare i figli dispersi. Ecco perché il testo del Vangelo afferma che i discepoli compresero che Gesù parlava di Giovanni Battista, perché Giovanni è colui che arde come fiaccola, per amore, e perciò saprà fare della sua vita un dono, soffrendo soprattutto per il rifiuto di Dio che lo porterà al martirio, come Gesù.

Allora oggi il Vangelo vuole annunciarci che anche noi, per quello che ci è dato da Dio, siamo chiamati ad ardere del fuoco dell’amore, dando quel poco di noi stessi che possiamo, ogni giorno. Chiediamo al Signore che la passione di fuoco che ardeva in Giovanni Battista, arda nel nostro cuore, perché possiamo accogliere il Signore che viene.

Vi propongo di meditare con me una poesia di Madeleine Delbrêl, una donna di fede che è stata definita “la mistica dei tempi moderni”: “La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo. Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo viverla con una certa grandezza. Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che ne scocchi l’ora. Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati. Come un filo di lana tagliato dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi. La passione, noi l’attendiamo. Noi l’attendiamo, ed essa non viene. Vengono, invece, le pazienze. Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di ucciderci senza la nostra gloria.Fin dal mattino esse vengono davanti a noi: sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti, è l’autobus che passa affollato, il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono, i bambini che imbrogliano tutto. Sono gl’invitati che nostro marito porta in casa e quell’amico che, proprio lui, non viene; è il telefono che si scatena; quelli che noi amiamo e non ci amano più; è la voglia di tacere e il dover parlare, è la voglia di parlare e la necessità di tacere; è voler uscire quando si è chiusi è rimanere in casa quando bisogna uscire; è il marito al quale vorremmo appoggiarci e che diventa il più fragile dei bambini; è il disgusto della nostra parte quotidiana, è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.Così vengono le nostro pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi. E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando – per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena. Perché abbiamo dimenticato che come ci sono rami che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura. Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano. Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso: ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita. E’ la passione delle pazienze”.

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