Lettera di Natale alla Madre
di Francesco Bellanti
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MIA CARA MADRE…
Mia cara madre, è finalmente tempo di mandarti questa lettera di Natale in quest’ora in cui vengo da un abisso di solitudine e di angoscia. No, tu no, tu mi sei sempre stata accanto. Sei stata sempre davanti ai miei pensieri, alla mia smarrita mente.
Ti vedo anche adesso, in paradiso, in una casetta silenziosa mentre prepari il pranzo di Natale per papà, i nonni e i tanti parenti che hai invitato, tu che sei così affabile e amorosa. Così brava in cucina. Vedo che mi saluti, che ci saluti tutti, noi siamo nella stanza accanto. Ti salutano i tuoi figli, ti salutano i tuoi nipoti, che hanno perduto tanto amore. No, non siamo lontani da Dio. E allora voglio augurarti Buon Natale, e te lo auguro con tutto il cuore, adesso con estremo pudore, con queste parole che leggeranno tutti. Non so come ricordarti, se quando d’inverno per strada per il freddo mi avvolgevi col tuo cappotto, o quando mi baciavi sulla fronte la sera e mi davi la buona notte. Forse è meglio ricordarti nell’interezza, nella pienezza del tuo amore. In realtà, non ti ho mai ricordata, noi siamo stati sempre insieme, tu in una stanza, io in un’altra. Sempre insieme, io ti ho conosciuta nella malattia – che ti ha portata via ad appena 63 anni – e nella tua straordinaria, giovanile, bellezza. Ho sempre parlato di te con le parole di altri, di poeti, scrittori, per pudore, ora trovo io le mie umili parole per ringraziarti perché mi sei stata sempre vicina, di giorno e di notte, nei sogni, e soprattutto in questi ultimi due anni di sofferenza taciuta per non trasmetterla agli altri.
Mia cara madre, tu sei sempre presente, tu sei il tramite dell’ascesa, tu sei quella che attendo e trovo sempre. Ho pensato mille volte la storia della mia vita, ho ripercorso fatti e avvenimenti, sentieri che mi avrebbero portato altrove, ma in ogni via, in ogni approdo, ci sei sempre stata tu.
Ora celebriamo insieme questa festa, la salvezza del Bambino venuto da lontano. In questo tempo così difficile e funestato da tanti dolori, la festa del Natale sempre scende per farci capire se sappiamo amare gli altri. Dovrebbe essere una forza che si ripete tutto l’anno. Dobbiamo sempre fare che lo Spirito di questo Bambino si avvicini a noi, discenda su di noi, Egli è la forza, il rinnovamento. Egli è la metamorfosi di Dio in un Bambino che con la sua solitudine e la sua innocenza salva il mondo. Noi qui abbiamo già fatto il presepio, e lo abbiamo fatto semplice e umile come lo facevi tu quando eravamo bambini. Come sempre, come lo furono i re Magi e i pastori, siamo stupefatti davanti a questo Bambino annunciato da una stella, venuto dal Cielo e da tempi lontani, dagli estremi confini della terra, a salvare il mondo. Lui è la povertà e la ricchezza, lui è la luce, il sentiero che ci guida alla salvezza.
Mia buona e dolce madre, il Natale è sempre nel mondo, nello spazio immenso, nei baratri delle galassie, negli abissi, nelle vertigini del cosmo. È nella nascita di Dio il mistero, la certezza della salvezza.
Mia cara mamma, ho sempre atteso prima di addormentarmi il tuo bacio, e tu sei sempre venuta, adesso ti giunga mentre balbetto il mio pensiero, la mia adorazione, il mio amore, e trasmettili a chi ti sta vicino, io so solo stare in questo mistico raccoglimento mentre dal tuo cuore esplodono prodigi, una gioia senza fine. Mi abbandono a te, in questo solenne momento del Natale, perché mi sento ancora smarrito e confuso in questo caos del mondo. Fai continuamente rinascere il bambino che è in me, quello che di fronte al mistero profondo dell’universo trova soddisfatti i suoi più puri desideri, rinnova la mia anima, che possa abbandonarsi a Dio fattosi carne e uomo, Bambino che rinnova il mondo, e ritrovare sempre la pace, la pace che dimentica i rancori, i rimorsi e i rimpianti, tutto ciò che doveva essere e non è stato. Fa’ in modo che io continui a dimenticare il male che ho ricevuto, che io continui ad amare, fa’ in modo che io mi acquieti nel destino voluto per me da Dio.
Così t’immagino, così sei, nel paradiso riconquistato dopo il riscatto dell’Uomo, nell’Eden ritrovato. Così ti penso e ti sogno, nel mio paradiso. Ho davanti le immagini dei mille paradisi visti o sognati da santi, profeti e poeti, ma io non ho mai rinunciato al mio paradiso di bambino. Così ti vedo in una meravigliosa valle fiorita attraversata da un torrente, l’impetuoso torrente che fra prati e alberi si butta a capofitto nella valle e poi lentamente diventa placido ruscello dalle acque trasparenti nel ghiaioso greto, che dopo diventa fiume, e infine mare, e poi oceano. Tu sei in una bella casa vicina alla riva silenziosa di un ruscello, che attraversa prati di papaveri e margherite, e poi boschi di querce e di castagni, e altre case dove regna il silenzio.
Mia cara mamma, solo con te ho compreso che cos’è il silenzio, solo con te ho amato il silenzio. E il silenzio del paradiso dove tu vivi non è il contrario del rumore, il regno del silenzio è questo dove tu vivi, e ci sono suoni e non rumori, e i suoni sono le diverse possibilità di esistere del silenzio, il cinguettio degli uccelli, il muggito dei buoi e il canto dei santi nei campi, il soffio del vento, il crepitio rado della pioggia sugli alberi e sui tetti, il sussurro della foglia, i respiri dei salvati, o il lieve gorgoglio del fiume che scorre nella valle. Questo è il silenzio dove tu vivi, non è il vuoto ma l’armonia, l’accordo delle voci, il quasi impercettibile fluire della vita, di mille vite che s’intrecciano e si snodano come i sentieri labirintici di un bosco, qualcosa che non senti estranea perché fa parte di te, penetra nei nervi e nella mente, si muove silenziosa con te come il cuore, o il respiro vitale. Questo è il silenzio, il tempo di Dio e dei santi, la storia di Dio, la Città di Dio, il tempo sempre uguale e sempre rinnovato, sempre felice, dei giorni dei mesi degli anni in cui nulla di estraneo accade, e tutto si trasforma in luce e musica, è lo splendore di Dio.
Mia dolce mamma, dopo che mi sarò abbandonato nelle braccia del Signore e mi sarò svegliato, per me sarà un giorno come un altro. Rivedrò il paradiso che ho sempre sognato, un giardino fiorito e odoroso di tutti i frutti, una verde vallata con fiumi e ruscelli e placidi laghetti, sulle cui rive crescono alberi da frutto, le loro fronde mai appassiscono, i loro frutti sempre maturano, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, lanciano nello spazio e nel cosmo lo splendore di Dio. Il Paradiso è una campagna felice con prati e boschi profumati, è una dolce, eterna primavera, con musica celeste e profumi soavi. Le case sono circondate da orti e da piccoli giardini di cedri e di limoni, di aranci, di fiori profumati e di tutti i colori. Gli uomini vivono felici e in armonia con le cose, nella libertà e nella pace, nell’abbondanza, nell’assenza di odio e di conflitti, di doveri, nell’assenza della morte. Hanno il cuore libero dall’affanno e dalla fatica, dalla sventura, non conoscono la vecchiaia e la morte, l’angoscia e la paura, non conoscono il dolore.
Dormono gli uomini di un sonno che non ha timore della morte, sognano su morbidi giacigli, non cadono nel gorgo profondo ma ricominciano un nuovo sogno. Il paradiso è un soffio leggero, uno zefiro sereno, un tiepido venticello e il caldo sole che accompagnano i santi. Il paradiso è un giardino profumato, una terra generosa di latte copioso e di miele profumato. Oh, sì! Il paradiso è il limpido cielo, risplende nella notte della ridente luna, delle stelle tremolanti, lieve la pioggia scende dalle nuvole alte a fecondare la terra, non spazza via i germogli dei fichi e degli ulivi. Il paradiso sono le allodole e i cardellini e tutta trionfa la primavera opulenta con i suoi frutti, la dolce brezza del mattino, l’incanto dell’ombra odorosa e dei colori.
Mia buona madre, così con la nonna mi parlavi del paradiso nella mia meravigliosa infanzia, e così l’ho sempre sognato. Così lo rivedrò, come il luogo dell’eterna giovinezza, una valle circondata da mura di perle e di cristalli, diaspro verde, smeraldi zaffiri rubini topazi, tutte le varietà di pietre preziose, lanciano nello spazio e nel cosmo la luce dei santi, lo splendore di Dio. Così mi accoglierai, fra giochi canti inni, musiche poesie e favole e amene discussioni, in un banchetto di cibi gustosi e di delizie, di spezie, giaciglio di balsami e profumi. Questo è il paradiso, un giardino di ciliegi aranci e melograni, meli uva fichi, tutte le varietà di frutti, con sorgenti e fontane, viali odorosi. Questo è il paradiso, il luogo dei buoni e dei giusti, degli angeli dei profeti dei santi, è il luogo dove aleggia dappertutto lo spirito di Dio.
Ecco, questo è il paradiso del Bambino che scende per salvare il mondo. E se anche proprio così non è, è bello l’avermelo fatto sognare. In Lui mi abbandono, a Lui affido il mio cammino. Sia Lui la luce che mi salvi da queste paure, da questa angoscia.
Mia dolce madre, Buon Natale. Portami ancora con te, nelle tue favole, nei tuoi sogni. Così mi raccontavi da bambino, per farmi addormentare, mi cullavi nei tuoi e nei miei sogni. E quando accadrà di rivederti, sarà un passare nell’altra stanza. Non sarà un transito ma un continuare, così mi accoglierai, mi darai la mano, e io tremante m’inginocchierò a te, ma sarà un istante, riprenderemo insieme il cammino interrotto per un breve istante, dimenticherai di avermi atteso, di avermi chiamato invano mentre spiravi, mentre io ero lontano dai tuoi ultimi sospiri, e io mi farò perdonare di non esserti stato accanto.