Un grande santo, il patrono delle missioni: san Francesco Saverio
di Giuliva di Berardino
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L’EVANGELIZZATORE DELLE INDIE…
Martirologio Romano: Memoria di san Francesco Saverio, sacerdote della Compagnia di Gesù, evangelizzatore delle Indie, che, nato in Navarra, fu tra i primi compagni di sant’Ignazio. Spinto dall’ardente desiderio di diffondere il Vangelo, annunciò con impegno Cristo a innumerevoli popolazioni in India, nelle isole Molucche e in altre ancora, in Giappone convertì poi molti alla fede e morì, infine, in Cina nell’isola di Sancian, stremato dalla malattia e dalle fatiche.
Oggi ricordiamo un grande santo, patrono delle missioni: san Francesco Saverio, che spese tutte le sue energie per trasmettere la fede in Cristo Risorto alle popolazioni del lontano Oriente, dall’India all’Indonesia, fino al Giappone.
Nato in Navarra nel 1506, dopo aver incontrato Ignazio da Loyola a Parigi, quando studiava teologia, decise di condividere con Ignazio, anche lui spagnolo, l’avventura della fondazione dell’ordine Gesuita, che venne chiamato Compagnia di Gesù. Partì quindi come missionario in Oriente, affidandosi solo alla Provvidenza di Dio e alla grazia della sua grande fede.
Morì sfinito di forze, sull’isola di Shangchuan, mentre stava progettando di portare il Vangelo in Cina. L’ardore missionario che qualifica la testimonianza di fede di San Francesco Saverio sia il dono che oggi riceviamo.
Lasciamoci accompagnare da una lettera a sant’Ignazio di san Francesco Saverio (Lett. 20 ott., 15 gennaio 1544).
Abbiamo percorso i villaggi dei neofiti, che pochi anni fa avevano ricevuto i sacramenti cristiani. Questa zona non è abitata dai Portoghesi, perché estremamente sterile e povera, e i cristiani indigeni, privi di sacerdoti, non sanno nient’altro se non che sono cristiani. Non c’è nessuno che celebri le sacre funzioni, nessuno che insegni loro il Credo, il Padre nostro, l’Ave ed i Comandamenti della legge divina. Da quando dunque arrivai qui non mi sono fermato un istante; percorro con assiduità i villaggi, amministro il battesimo ai bambini che non l’hanno ancora ricevuto. Così ho salvato un numero grandissimo di bambini, i quali, come si dice, non sapevano distinguere la destra dalla sinistra. I fanciulli poi non mi lasciano né dire l’Ufficio divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei cieli.
Perciò, non potendo senza empietà respingere una domanda così giusta, a cominciare dalla confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnavo loro il Simbolo apostolico, il Padre nostro e l’Ave Maria. Mi sono accorto che sono molto intelligenti e, se ci fosse qualcuno a istruirli nella legge cristiana, non dubito che diventerebbero ottimi cristiani.
Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani. Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d’Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all’inferno! Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della scienza e dei talenti ricevuti! In verità moltissimi di costoro, turbati a questo pensiero, dandosi alla meditazione delle cose divine, si disporrebbero ad ascoltare quanto il Signore dice al loro cuore, e, messe da parte le loro brame e gli affari umani, si metterebbero totalmente a disposizione della volontà di Dio. Griderebbero certo dal profondo del loro cuore: «Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?» (At 9, 6 volg.). Mandami dove vuoi, magari anche in India.