Il teologo Falanga: “l’Avvento sia un’attesa profonda e sincera di Dio”
di Anna Tortora
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È INIZIATO L’AVVENTO
È Avvento. Per noi cristiani è un momento particolare di preparazione. Un’attesa che ci conduce ad un evento nuovo, grandioso.
Ce ne parla il teologo Giuseppe Falanga, professore alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale.
“È Avvento di nuovo. Come ogni anno. Come ogni periodo che precede il Natale. E la Chiesa ha iniziato un nuovo anno liturgico, un nuovo cammino di fede che, da una parte, fa memoria dell’evento di Gesù Cristo e, dall’altra parte, si apre al suo compimento finale. Proprio di questa duplice prospettiva vive il tempo di Avvento, guardando sia alla prima venuta di Dio, quando nacque dalla Vergine Maria, sia dal suo ritorno glorioso, quando verrà a ‘giudicare i vivi e i morti’, come diciamo nel Credo.
Su questo suggestivo tema dell’attesa vorrei brevemente soffermarmi, perché si tratta di un aspetto profondamente umano, in cui la fede diventa, per così dire, un tutt’uno con la ostracismo carne e il nostro cuore.
L’attesa, l’attendere è una dimensione che attraversa tutta la nostra esistenza personale, familiare e sociale. L’attesa è presente in mille situazioni, da quelle più piccole e banali fino alle più importanti, che ci coinvolgono totalmente e nel profondo.
Pensiamo, tra queste, all’attesa di un figlio da parte di due sposi; a quella di un parente o di un amico che viene a visitarci da lontano; pensiamo, per un giovane, all’attesa dall’esito di un esame decisivo, o di un colloquio di lavoro; nelle relazioni affettive, all’attesa dell’incontro con la persona amata, della risposta a un messaggio o dell’accoglimento di un perdono…
Si potrebbe dire che l’uomo è vivo finché attende, finché nel suo cuore è viva la speranza. E dalle sue attese l’uomo si riconosce: la nostra ‘statura’ morale e spirituale si può misurare da ciò che attendiamo, da ciò in cui speriamo”.
Ognuno di noi, dunque, specialmente in questo tempo che ci prepara al Natale, può domandarsi: io che cosa attendo? A che cosa, in questo momento della mia vita, è proteso il mio cuore? E questa stessa domanda si può porre a livello di famiglia, di comunità, di nazione. Che cosa attendiamo insieme? Che cosa unisce le nostre aspirazioni, che cosa le accomuna?
“Nel tempo precedente la nascita di Gesù, era fortissima in Israele l’attesa del Messia, cioè di un consacrato, discendente del re Davide, che avrebbe finalmente liberato il popolo da ogni schiavitù morale e politica e instaurato il regno di Dio. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che il Messia potesse nascere da un’umile ragazza com’era Maria, promessa sposa del giusto Giuseppe. Neppure lei lo avrebbe mai pensato. Eppure nel suo cuore l’attesa del Salvatore era così grande, la fede e la speranza erano così ardenti, che Egli potè trovare in lei una madre degna. Del resto, Dio stesso l’aveva preparata, prima dei secoli (come celebreremo prossimamente con la solennità dell’Immacolata Concezione).
Impariamo allora da Maria, Donna dell’Avvento, a vivere tutti i nostri gesti quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda e sincera, che solo la venuta di Dio può colmare e nessun altro”.