Patriarcato? Nel Medioevo la donna era valorizzata più di adesso
di Matteo Castagna
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ESSERE UGUALI GIURIDICAMENTE NON SIGNIFICA ESSERE IDENTICI
“La mia esistenza è stata plasmata da incontri. Certe persone sono state luci sul mio cammino. Poco importa l’epoca storica in cui sono vissute. Con Giovanna d’Arco ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine”. In questo modo, così intenso ed affascinante si espresse la grande storica francese Régine Pernoud (1909-1998), che ha distrutto tutti gli stereotipi sul Medioevo come epoca buia, ove la donna viveva soffocata da un patriarcato violento ed ossessivo. Così come, nella sua enorme bibliografia, ha sfatato i falsi miti della propaganda illuminista e anticlericale che hanno imposto una vulgata contro una Chiesa Cattolica presunta maschilista e un cattolicesimo misogino.
La studiosa dimostra quanto il Medioevo fosse la massima espressione delle migliori diversità umane, proprio attraverso la conoscenza delle innumerevoli donne, che hanno saputo cooperare straordinariamente con la Grazia divina, da strabiliare per le loro opere, i loro miracoli, i loro insegnamenti, così da essere canonizzate dalla Chiesa. Le prime a vedere Gesù risorto furono donne, così come, solo le pie donne rimasero ai piedi della croce, assieme al giovane San Giovanni.
La conversione di Maria Maddalena è una delle pagine più belle del Vangelo. Di questa santità, la donna, nel corso del tempo, si è fatta protagonista e soggetto tipico, a motivo delle sue specifiche qualità antropologiche, psichiche e spirituali, a motivo delle sue specifiche qualità antropologiche, psichiche e spirituali che, anche nei limiti dei condizionamenti contingenti le hanno permesso di trovare i giusti spazi e modi di originale e anche audace creatività, come nel caso di Lidia, nel Nuovo testamento (At. 16,11-15) o delle “religioses mulieres” del Medioevo, che erano esempi di carità, dolcezza, ospitalità, assistenza, consiglio, insegnamento, femminilità, così come dimostrano pienamente la loro fede nella verginità, nella vita domestica, nella vedovanza.
Sempre la grande medievalista francese, Régine Pernoud si sofferma sulla figura di Giovanna d’Arco, cui dedicò ben 15 opere, dimostrando che la diciannovenne era una ragazza semplice, una contadina come tutte le altre sue compaesane di Domrémy, gentile e molto devota. Straordinario il destino che le è toccato a soli diciassette anni. In occasione dell’incoronazione del sovrano, a Reims, Giovanna si presentò nei panni di un soldato. Dirà la Pernoud che “Giovanna è colei che non ha mosso un dito se non per comando di Dio”, che l’aveva scelta per farsi carico della guerra contro gli inglesi, per restaurare in Francia l’autorità legittima. Giovanna visse nell’intimità interiore con altre due grandi sante donne: Santa Caterina e Santa Margherita.
Soffrì e lottò, anche in galera, negli ultimi due anni di vita. Dopo la pubblicazione dei documenti che la riguardavano, avvenuta tra il 1841 e il 1849 a cura di Quicherat, la riscoperta di Giovanna d’Arco non si è mai fermata. Se si studia il suo processo, si capisce che oggi ci direbbe: “Agite, Dio agirà”. Ovvero: “Abbiamo fatto il nostro dovere e il risultato, questo è certo, verrà da Dio”. Quando nel 1869 Mons. Dupanloup esclamò: “E’ una santa!” e non un’eretica, si attivò il processo di canonizzazione, durato 51 anni e Giovanna d’Arco, nel 1920 divenne ufficialmente Santa.
Se parlasse ai giovani d’oggi, intorpiditi dal consumismo e dipendenti apatici dei social network, soli anche se in compagnia, col mal di vivere del depresso e del fallito, prima ancora di iniziare l’adolescenza, effeminati e cresciuti in una distruttiva società multietnica, egualitarista e libertaria, direbbe che a tutti è affidata una missione. “Sforzatevi di realizzarla al meglio. Il risultato dipende dall’aiuto del Signore. E’ Lui che rende feconda l’opera delle nostre mani.
Nel suo bel testo “Testimoni della Luce” (Ed. Gribaudi, 1998) Régine Pernoud ci dice che “trasmettere la vita è la sua [della donna] ragion d’essere… La nostra stessa esistenza è legata a ciò che le donne sono. E’ un peccato che oggi non ci si renda conto di questo ruolo essenziale che la donna svolge”. E prosegue: “non era così nel corso dell’Alto Medioevo, nei secoli VI e VII, né durante il periodo feudale, dal secolo X alla fine del XIII: quattrocento anni di grande sviluppo in cui la donna ha davvero giocato un ruolo di primo piano. Poteva regnare. Ricordiamoci di Eleonora d’Aquitania e di sua nipote, Bianca di Castiglia, due regine di eccezionale valore. A quel tempo, la Francia era un mosaico di proprietà spesso rette da una sovrana. Eppure si sente dire che il potere è appannaggio degli uomini. Governare implica più qualità morali che fisiche
Continua la Pernoud: “Essere uguali giuridicamente non significa essere identici. L’uguaglianza perfetta consiste nell’avere ognuno e in ogni ambito la possibilità di esprimere la propria identità”, ovvero la facoltà di far fruttare i famosi Talenti che Dio ha donato a ciascuno in maniera differente.
Ma cosa permetteva alla donna di essere, nel Medioevo, pari all’uomo.Era il Vangelo. Santa Caterina da Siena indusse Papa Gregorio XI a rientrare a Roma da Avignone in tre settimane. E’ la donna che manifesta con urgenza la volontà di Dio all’uomo per poi aiutarlo a corrispondervi. Facciamoci un esame di coscienza, fuori dal coro: “è ancora così? Nel Medioevo il re e la regina regnavano insieme, ciascuno con compiti e identità diversi e specifici. “Siamo fatti per contemplare la Bellezza ed è soprattutto la donna a doversene fare carico, senza mai lasciarsi andare. Spetta a lei fare sì che l’opera sia bella, completa e adeguatamente portata a termine”. Ma ora, siamo presi da altro…