Trabucco: “la forma di Governo delineata dalla Costituzione non funziona”
di Angelica La Rosa
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“QUELLO CHE VUOLE INTRODURRE LA MELONI È UNA SORTA DI NEOPARLAMENTARISMO E NON UN PREMIERATO”
“Quello che vuole introdurre la Meloni è una sorta di neoparlamentarismo e non un premierato”. Lo dice ad Informazione Cattolica il prof. Daniele Trabucco, Professore universitario strutturato di Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento universitario «san Domenico» di Roma (classi di Laurea L-12 e LM-94) e dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare del Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria.
Cosa pensa del cd. Premierato proposto dalla Meloni?
Il c.d. «premierato» proposto dal Governo Meloni è semplicemente l’introduzione, in Costituzione, dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore (che non è un «Premier») per un periodo di tempo pari a cinque anni senza alcun tipo di preminenza dello stesso sull’intera compagine governativa come del resto è proprio dei sistemi a «premierato forte» (si veda, a titolo esemplificativo, la Gran Bretagna). In altri termini, possiamo parlare di una sorta di «neoparlamentarismo».
Il governo si era detto favorevole ad una commissione di inchiesta sul Covid. A che punto siamo?
La Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dall’agente virale Sars-Cov 2 è uno «specchietto per le allodole»: infatti, nel corso dell’esame in Commissione Sanità al Senato è stata modificata la lettera t) e soppressa la v) dell’articolo 3 riguardante i compiti della Commissione. Stato di emergenza, Dpcm e restrizioni presi di mira ripetutamente dalle attuali forze di maggioranza nel corso degli ultimi anni non saranno quindi più oggetto d’indagine. Una volta ottenuto il via libera dall’aula, il testo tornerà ora nuovamente alla Camera per la conversione in legge.
Da costituzionalista concretamente quali riforme suggerirebbe per fare “respirare” un po’ l’Italia?
Che la forma di Governo delineata dalla Costituzione non funzioni è sotto gli occhi di tutti: un sistema bicamerale perfetto che rallenta l’iter legislativo, i «giochi» tra i partiti politici per sopravvivere, rimandando il più possibile le elezioni qualora si verifichi una crisi di Governo (parlamentare o extra-parlamentare) in nome della «solidarietà nazionale» e della «salus rei publicae» (i Governi Monti e Draghi ne sono un triste esempio) determinando spesso una cesura tra Paese reale e Paese rappresentato, il fatto che, nella prassi ed anche grazie alle leggi elettorali, il nostro modello costituzionale sia più vicino al semipresidenzialismo che a quello parlamentare con tanto di Capi dello Stato (Giorgio Napolitano) che istituiscono addirittura una Commissione di «saggi» per indicare le priorità dell’azione di Governo. Tuttavia, non si può modificare il Testo costituzionale vigente senza mutare il pensiero che innerva il costituzionalismo del secondo dopoguerra, ossia il formalismo giuridico “kelseniano” (da Hans Kelsen, giurista e filosofo del positivismo giuridico, dunque lo Stato “creatore di legge”, ndr) coniugato ad uno “schmittismo” sociale (da Carl Schmitt, giurista e politologo di scuola realista, ndr) per cui non è la Costituzione regola per la società, ma è la società regola per la Costituzione la quale assume la veste di un «documento da realizzare evolutivamente» con ricadute negative per l’autentico bene comune della comunità politica (Miguel Ayuso), in quanto il suo unico meta-valore assoluto è il continuo bilanciamento dei diritti e degli interessi (Gustavo Zagrebelsky). Una maggioranza di centro-destra non può limitarsi unicamente al modello costituzionale, ma deve riflettere su ciò ne costituisce la base ed il fondamento filosofico. In altri termini, e sulla scia dell’insegnamento di Danilo Castellano (Università degli Studi di Udine), è necessario riflettere sulla «Costituzione naturale» (Aristotele, De Maistre) quale «essenza» per la Costituzione positiva e le sue modifiche.
Che idea si è fatto sull’attuale conflitto Israele-Hamas?
Il conflitto Israele-Hamas è un dramma in termini di vite umane. Ammoniva il venerabile Papa Pio XII, pontefice dal 1939 al 1958, nell’imminenza dell’invasione della Polonia da parte della Germania nazista: nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra. Siamo in presenza di un conflitto al quale non è mai seguita la volontà politica di dare una soluzione concreta, fattiva, di due Stati indipendenti e sovrani com’era nel progetto iniziale delle Nazioni Unite. Se non si parte da questo presupposto, vedo un conflitto senza fine che rischia di estendersi anche ai Paese confinanti.
E cosa pensa dell’altro conflitto, quello tra Russia e Ucraina?
Il conflitto, invece, tra Repubblica di Ucraina e Federazione Russa, scoppiato militarmente nel febbraio 2022 ma con radici ben precedenti, dimostra come, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel dicembre 1991, non vi sia mai stata la volontà di integrare Mosca nello spazio europeo, ragionando ancora in termini di contrapposizione come durante la guerra fredda. Le motivazioni sono ovviamente diverse: lo scopo è frenare l’avanzata di un modello, quello russo, che, al di là delle criticità, si fonda su una base di principi che l’Occidente ha da tempo rinnegato, abbracciano una prospettiva nichilistica e materialistica.