Benedetto XVI e l’Evento dell’incontro del credente con Cristo
di Alvise Parolini
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DIO E IL LIMITE: ESPERIMENTO SCIENTIFICO O GIOCO SACRALE? – GLI ODIERNI “CREATORS” DI FRONTE A GESÙ DI NAZARETH, IL PANTOCREATORE
Avvicinandosi al 55° anniversario della pubblicazione dell’edizione italiana molto dibattuto volume “Introduzione al cristianesimo” dell’allora giovane Joseph Ratzinger, è bene rimarcare il desiderio fondamentale del teologo di Tubinga – maggiormente consapevolizzato negli anni di pontificato – di fenomenologizzare le esigenze pastorali, senza stravolgere il depositum fidei. Operazione molto ambiziosa e rischiosa, ma necessaria, come fu necessaria la traduzione della dottrina di San Tommaso nel linguaggio di Husserl ad opera di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein.
Infatti, al di là delle polemiche in merito all’adesione – purtroppo non rinnegata in tarda età – di Ratzinger alla corrente neomodernista della nouvelle théologie, la riforma comunicativa abbracciata, la quale non disdegna di esprimersi con formule maggiormente misticheggianti o “esperienziali” sono da intendersi più in senso francescano ed affettivo che non con quel rigore che caratterizza il procedere espressivo del pensiero scientifico.
Ecco dunque spiegato l’insistere di Papa Benedetto XVI sull’Evento dell’incontro del credente con Cristo: è la Notizia Spirituale, è il Vangelo dell’Emmanuele, del Dio-con-noi che rivela e fonda non solo l’esperienza soggettiva coglibile coi sensi materiali, ma in primis l’Opzione Fondamentale, l’Evento dell’atto di volontà incancellabile dell’assenso di Dio alla Sua Presenza, Quell’Evento che è il principio dell’ontologia e consolazione della fede: presi in se stessi Dio e la creatura, il Primo – Immutabile nel Suo Essere Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) – È, mentre la seconda – mutevole nel raggiungimento delle proprie finalità naturali – non-è, se non solamente partecipando dell’Essere di Dio: San Tommaso d’Aquino parla infatti del “principio di analogia dell’essere”, ovvero della necessità della creatura di “partecipare”, ovvero di “partem capere”, dunque di “prendere parte” dell’Essere, quindi di Dio.
Ma come è possibile per la creatura “limitare” Dio? È proprio lei stessa ad effettuare tale operazione oppure è Dio che gioca con la percezione della Sua creatura?
Affinché Dio possa essere limitato, è logicamente necessario che Egli, in quanto Apeiron, Illimitato, o meglio ancora Non-limitato, e dunque Onnipotente nel Suo lasciare e mantenere il Tutto, ecco: è necessario che Egli Stesso decida e ponga i limiti nel Suo Progetto Creativo, ancor prima di poter realizzare la Sua Opera.
La scienza computazionale ed ancor prima le scienze chimico-fisiche e matematiche, hanno tentato ed ancor oggi di porre le basi ipotetiche per il controllo, la manipolazione e, paradossalmente, il tentativo di (ri)creazione della creazione stessa – della vita inanimata, animata ed anche di quella capace di fare la medesima operazione del proprio Creatore –.
Ciò potrebbe considerarsi buono e giusto solamente nel caso in cui tutta questa operazione di ricerca si ponga nell’alveo della “partecipazione agli Atti del Creatore”.
Oggi, anche nei profili professionali dei social, va di moda il termine “Creator” e penso sia molto opportuno ricordarci di essere uomini prima di farci creatori da noi stessi.
Insistere con questo linguaggio non giova in nessun modo.
Di Creatore capace di autogenesi e di responsabilità assoluta nei confronti della Sua creazione, ne esiste solo uno: il Pantocreatore, Gesù di Nazareth.
Ricordiamocelo sempre di fronte all’evidenza di un mondo di “Creators” in competizione tra di loro, a scanso di equivoci e per nostra maggior salute mentale.
Uno Solo è necessario (kreon): Dio, e Lui Solo, in Gesù Cristo che ce lo ha rivelato Uno e Trino, a noi basta, assolutamente parlando.