Patriarcato, maschilismo, educazione affettiva: propaganda in azione dopo l’omicidio di Giulia
di Eleonora Bonfanti
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DI CHI É LA VERA COLPA?
In questi giorni si parla tanto di patriarcato, di maschilismo, di educazione. Ci si scaglia contro un’intera categoria di persone. Il messaggio che si fa passare é che le colpe del singolo sporcano di sangue le mani di tutto il genere maschile. Si vuole in qualche modo demonizzare una massa indistinta di persone che con l’accaduto non hanno nulla a che fare.
Ognuno dice la sua, ognuno utilizza quanto é successo per portare avanti le sue idee politiche, e si strumentalizza un accaduto terribile come l’omicidio di Giulia per propaganda. Tutti a puntare il dito, ma la vera colpa non é degli uomini. Oggi sembra quasi che l’essere maschio sia una sorta di peccato originale, una cosa di cui vergognarsi nel profondo. Dovremmo farci TUTTI un esame di coscienza, uomini e donne, perché é evidente che é la società ad essere malata. E non parlo di una società “patriarcale” o “maschilista”.
Parlo di una società che ha cancellato la definizione di amore dai propri vocabolari, che non sa più minimamente che amare non é voler bene a qualcuno, ma é volere IL bene dell’altro. Mi guardo intorno e mi accorgo che sono davvero poche le persone che sono ancora capaci di amare. Dell’ amore vero nessuno parla più: le serie TV, i film, i libri ne storpiano il significato.
Nell’immaginario collettivo l’amore viene visto solo come un sentimento, una passione, un desiderio. Lo si vede anche da quanti rapporti finiscono con un “non mi dai attenzioni” o un “non ti prendi cura di me”. Ci si aspetta sempre tanto dall’altra parte e non si pensa mai al fatto che l’amore é dono di sé. Sta nel dare e non nel ricevere. Non si tratta di un mezzo per essere felici o per dare sfogo ai propri desideri egoistici.
L’amore é volere il bene dell’altro nel senso più completo e puro del termine. É bramare la felicità dell’altra persona anche a costo di sacrifici. Nel momento in cui ci si innamora dell’anima di qualcuno, non esiste più il soggetto che ama, esiste solo l’amato. Niente più “io voglio”, nessun “ho bisogno”. L’amore é sacrificio. L’amore é dono di sé. L’amore é rinuncia ai propri capricci al fine di vedere un sorriso dall’altra parte. L’amore é saper fare un passo indietro. É saper dire “pur di vederti felice sono disposto a perderti”, in quanto il benessere dell’altro viene prima del proprio. Ed é per questo che san Francesco diceva che il contrario dell’amore non è l’odio, ma il possesso. Non potrei essere più d’accordo.
Parlo di una società che, oltre ad aver annientato l’amore, ha anche distrutto il rispetto reciproco della differenza tra uomo e donna. Se non si tiene conto del fatto che il modo di essere della donna é diverso da quello dell’uomo allora scompaiono anche l’empatia, la possibilità di capirsi e di uscire dal proprio narcisismo. «Per insegnare il rispetto va riconosciuta la differenza tra uomo e donna» (dott. Massimo Ammaniti).
Parlo di una società che istiga all’odio. I commenti delle femministe a ciò che é successo e i post caricati sui media fanno riflettere sull’abisso che c’é tra l’uomo e la donna, sulla spaccatura che é sempre più accentuata da questi attacchi inutili e pretestuosi. Finché si aizzano le donne contro gli uomini e si fomenta l’odio addossando la colpa di tutti i mali del mondo ai maschi, si ha soltanto l’effetto contrario. Il problema non si risolve mettendo un sesso contro l’altro, ma soltanto cercando di costruire insieme un mondo migliore, tentando di far invertire la rotta ad una società che sta portando tutti a schiantarsi contro un iceberg.
Parlo di una società che ha demonizzato la mascolinità, che ha spinto tanto per rendere gli uomini meno uomini. Mi dispiace dirlo, ma Filippo Turetta é soltanto il prodotto del femminismo estremizzato di oggi e delle ideologie imperanti. Si parla con troppa scioltezza di fluidità ed é chiaro che si vogliono cancellare tutte le differenze di genere, realmente e necessariamente presenti.
L’uomo e la donna, per quanto lo si può negare, sono differenti l’uno dall’altro e complementari: l’uno ha caratteristiche che l’altro non ha ed é giusto valorizzarle. Un uomo é protettivo, é forte (quanto basta per accettare un rifiuto o per affrontare una rottura). La società ha voluto plasmare l’idea “l’uomo ideale” per renderlo simile alla donna, e questo prototipo di mascolinità ne ha ben poca. La società ha cresciuto uomini deboli, uomini che non sanno dominare le proprie passioni.
Un uomo che uccide una donna perché non é in grado di accettare la sua decisione, semplicemente non é un vero uomo. Non voglio generalizzare: ne conosco di uomini veri, che non hanno paura di essere tali, ma questi non sono certo come sono per merito dei corsi “all’affettività” impartiti a scuola o per via dell’ultimo film di Barbie. L’uomo ideale a cui gli uomini dovrebbero conformarsi non é Ryan Gosling con le sue magliettine rosa, ma é San Giuseppe, l’uomo per eccellenza. Un altro problema della società odierna é stato proprio il cambio dei modelli di riferimento, e questa sostituzione é tremendamente distruttiva.
Invito quindi tutti i ragazzi e gli uomini che stanno leggendo quest’articolo a prendere San Giuseppe come modello, che non ha niente a che vedere con gli idoli di oggi. Guardate a lui per crescere come veri uomini, guardate alla sua giustizia, magnanimità, laboriosità, fortezza, coraggio, prudenza, protettività e spirito di sacrificio. E noi, donne, é giusto che esigiamo di avere accanto un san Giuseppe ma ricordiamoci anche che egli aveva accanto Maria!
Gentile Eleonora leggendo il tuo articolo si possono trovare molteplici spunti di riflessione. Ti ringrazio. Vorrei aggiungere che gli schieramenti progressisti quando parlano di patriarcato difficilmente si rivolgono alle comunità islamiche dove gli effetti di questo sistema sociale sono tra i più devastanti.
Augurandomi di leggerti ancora molte volte, ti porgo i miei più cordiali saluti.
L.M.