L’educazione alle relazioni del conformista ministro dell’istruzione e del merito Valditara
di Pietro Licciardi
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IN UNA SCUOLA SENZA CULTURA E RICETTACOLO DI OGNI IDEOLOGIA CI SARA’ ANCHE LA GENIALATA DEL MINISTRO
Con il cambio di governo, all’indomani delle elezioni dello scorso anno, abbiamo sperato per un attimo che qualcosa potesse cambiare, anche per la disastrata scuola italiana, diventata da tempo un contenitore vuoto di cultura e ricettacolo di ogni più bislacca ideologia. Invece nulla. Non solo continua il vergognoso indottrinamento Lgbt nella aule di ogni ordine e grado – che pure l’attuale maggioranza diceva di voler contrastare – ma adesso sua eccellenza il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin cala pure il suo asso di briscola: dodici incontri annuali alle superiori in cui far dialogare gli studenti tra loro “per educarsi alle relazioni” sotto la supervisione dei docenti e il contributo di esperti e testimonial.
Una vera genialata, che sicuramente risolverà la piaga della violenza e del “femminicidio”. Siamo curiosi di sapere sotto quale supervisione si svolgeranno le sedute di autocoscienza. Quelle di qualche insegnate divorziato/a o separato/a, che a cinquant’anni suonati è tornato al pub o in discoteca per trovarsi l’amichetto o l’amichetta con cui trascorrere la nottata? Oppure lo psicologo, o la psicologa, che per non rinunciare alla carriera hanno mandato a ramengo la famiglia e magari non riescono più a parlare con i figli?
Invece come testimonial qualcuno penserà bene di invitare soggetti come Sfera Ebbasta, al secolo Giovanni Boschetti di Sesto San Giovanni, quello al quale hanno fatto scalare l’Olimpo della musica con testi come il seguente: «Hey troia vieni in camera con la tua amica porca / Quale? Quella dell’altra volta. (…) Vi faccio una doccia di piña colada. / Bevila se sei veramente grezza, sputala / Poi leccala, leccala /Limonatevi mentre Gordo recca Gioco a biliardo con la mia stecca (…) ‘Ste puttane da backstage sono luride / che simpaticone voglio un cazzo che non ride / Sono scorcia-troie /Siete facili, vi finsco subito / “Mi piaci, gioco hard” dubito di te tipa, che vieni a casa mia con la tua amica. / Se non è una quinta amica». A quanto pare un vero esperto di affettività. Presentiamolo alla Coltellesi…
A tutti gli imbecilli che sproloquiano sul patriarcato – causa di tutte le nequizie – bisognerebbe ricordare che se ancora questa società si regge in piedi è perché la generazione nata prima di quella sciagurata stagione del Sessantotto si è formata proprio nella famiglia “patriarcale”, in cui ha assorbito il rispetto per i genitori, per i più anziani, per la donna – alla quale se incinta o con un bambino in braccio si doveva cedere il posto a sedere sull’autobus – il dovere di proteggere e accudire i deboli, gli anziani, i disabili. Ogni brutta parola era uno scappellotto e per ogni mancanza di rispetto arrivava perfino una sberla. Quando un ragazzotto si comportava male il commento degli adulti era: ma quello una famiglia e dei genitori non li ha? A dire il vero lo chiediamo anche oggi, solo che il più delle volte adesso è proprio così, e non necessariamente per colpa di mamma e papà, ma perché ormai è vietato vietare e se provi a dare un sano sculaccione al pargolo trovi subito il cretino che minaccia di chiamare i Carabinieri.
Ai giovani effeminati, viziati, egocentrici ed egoisti di oggi – e ai loro genitori delle generazioni post ’68 – è proprio il patriarcato che è mancato; quello vero e non la caricatura che se ne fa non solo in questi giorni. Oggi ad educare non sono più il padre e la madre, spesso assenti, ma i giornali, la televisione, internet – in cui impazzano i siti porno – per i quali ogni voglia e desiderio è un diritto col risultato che a governare la persona non è più il cervello ma i genitali e la pancia. Sono i media – su cui pontificano personaggi insulsi che hanno fatto della cortigianeria uno stile di vita – i veri responsabili delle violenze e dei “femminicidi”.
Il fatto che un ministro dell’istruzione e del merito (sic!) non trovi niente di meglio che accodarsi al belato generale non può che rattristarci nel più profondo. Lo diciamo da cittadini elettori che un po’ al cambiamento ci avevano creduto.