Il coraggio di sperare

Il coraggio di sperare

di Giuliva Di Berardino

IL VANGELO DEL GIORNO COMMENTATO DA UNA TEOLOGA LITURGISTA

Lc 17, 26-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Il vangelo di oggi ci fa avvicinare al tempo liturgico che ci è prossimo, che è l’Avvento. Ascoltiamo dal vangelo secondo Luca un discorso apocalittico che Gesù fa ai suoi discepoli, per aiutare loro e noi oggi ad accogliere al meglio la venuta del Regno di Dio. Come in tutti i testi apocalittici, cioè che ci parlano della fine dei tempi, ci viene detto che l’ora della venuta della fine, non la conosciamo e non ci è dato conoscerla. Se noi lo sapessimo saremmo portati ad organizzare il tempo, invece in questi discorsi emerge una nozione di tempo che non riguarda la nostra organizzazione, ma il nostro stile di vita. Questo vuol dire che ogni giorno per noi è un ricominciare da capo, una nuova creazione, che però non distrugge alla sera tutto ciò che è iniziato al mattino, ma continua giorno dopo giorno, verso il compimento del tempo che solo Dio conosce. Se così stanno le cose, possiamo dire che certamente ciò che è passato può influire nel presente, ma il nostro presente conta in prospettiva futura, a partire dal futuro, perché il futuro, che comunque non ci è dato conoscere, se non per fede, è la prospettiva alla quale tendiamo nel presente. Potremmo allora chiederci: perché, se il futuro ci indica la nostra méta, Dio ce lo tiene nascosto? L’unica risposta che si capisce anche dalla nostra vita quotidiana e che trova riscontro nella Parola di Dio e nella nostra fede, è che Dio desidera la nostra libertà, ma la libertà si ottiene con un esercizio interiore di costante fiducia verso un futuro migliore, un futuro di gioia, di luce che ci attende e che sarà per noi, per sempre. E il Vangelo oggi ci mostra come fare a esercitarci nella fiducia: innanzi tutto non adagiandosi a vivere in modo superficiale, come le persone erano arrivate a fare nei giorni di Noè. Poi non permettere che, a causa dei turbamenti e delle sofferenze ci portino a voltarci indietro, come la moglie di Lot, che diventò una statua di sale e restò pietrificata. Abbandonarsi alla malinconia, alla nostalgia del passato e alla tristezza dopo un dolore non ci aiuta, bisogna invece prendere la decisione di andare avanti: è una questione di vita o di morte. Le parola di Gesù sono difficili da capire, ma ci invitano a comprende che il senso della vita si può trovare solo nel dono della vita. La gioia eterna che ci attende nel nostro futuro, e che oggi ci appartiene, si costruisce nella misura in cui abbiamo fiducia nella vita. Alleniamoci oggi a vivere in eterno, esercitiamoci alla vita e non lasciamoci vivere, ritroviamo in noi stessi, nel silenzio della preghiera, il coraggio di sperare.

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