Nella società liquida c’è la morte del bene comune

Nella società liquida c’è la morte del bene comune

di Pietro Licciardi

PER LA COSTRUZIONE DI UN VERO BENE COMUNE NON E’ POSSIBILE PRESCINDERE DAL VANGELO E DALLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Oggi, specialmente in ambito cristiano si fa un gran parlare di “bene comune”, il quale dovrebbe fare da riferimento per l’edificazione della vita sociale. Si dà però il caso che viviamo in una società “pluralista”, anzi, liquida o “babelica” per dirla con Maritain: «La voce che ciascuno proferisce non è che un puro rumore per i suoi compagni di viaggio» (in La voie de la paix, in oeuvres complètes, vol. IX (1947-1951), Editions Saint Paul, Parigi 1990). Tanto più che i flussi migratori stanno decisamente cambiato l’assetto dell’Europa e della nostra stessa Italia facendo di noi sempre più dei “diversi” che — volenti o nolenti — cercano di progettare una convivenza senza poter più contare su un passato e una storia condivisa che in modo naturale e scontato delineavano le coordinate del bene comune. 

Sembra che oggi non sia più possibile conoscere la realtà e stabilire valori da tutti condivisibili e soprattutto comunicare tra persone e soggetti associati che hanno concezioni del mondo diverse e perfino contrastanti. Non è un caso che le democrazie siano oggi per lo più in crisi. 

Purtroppo anche nelle menti di tanti cattolici e in ampi spazi nella Chiesa il concetto di “bene comune” si sta assottigliando, fino ad essere ormai equiparato al cosiddetto interesse generale. La cosa è risultata abbastanza evidente, per esempio, nella discussione del tema delle unioni civili, in cui molti cattolici hanno inventato dubbie soluzioni di compromesso dalle quali emerge appunto quanto si sia impoverito il concetto di bene comune come è sempre stato insegnato dalla Dottrina sociale della Chiesa. Ad esempio ritenendo giustificabile da parte del politico cattolico la scelta di riconoscere il legame tra persone dello stesso sesso in quanto due omosessuali che si aiutano reciprocamente in una convivenza stabile contribuirebbero alla costruzione del bene comune. Ma con questa affermazione vanno a farsi benedire molti insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa relativi alla persona, alla famiglia, alla procreazione, all’origine della società, alla legge morale naturale e via elencando. 

Una relazione tra esseri umani esprime infatti prossimità, solidarietà e condivisione, e quindi ha un significato per la comunità, se è dentro la verità dei rapporti tra le persone. Quando il magistero cattolico considera l’omosessualità un “disordine”, dice anche che non può essere proposta come esempio di prossimità, solidarietà, condivisione, le quali, nel disordine, non possono essere tali; questo perché il concetto di bene comune proposto dalla Dottrina sociale della Chiesa comprende anche il rispetto della legge morale naturale e dell’ordine del creato. Possiamo dire, con Giovanni Paolo II, che comprende l’ecologia umana. 

La società non è un sito di incontri su internet in cui ognuno cerca il suo partner, chiunque egli sia, e tale convivenza deve essere pubblicamente riconosciuta. Nel caso oggi per niente ipotetico di una convivenza a tre anche in questo caso si esprimere prossimità, solidarietà e condivisione? Anche questa dovrebbe avere il riconoscimento giuridico?

Come si vede, dietro a tutto ciò si nota uno scadimento nella comprensione di cosa sia il bene comune, sempre più equiparato alla somma dei beni individuali, al di fuori di un ordine del bene che nasce dalla natura della persona e secondo il pensiero di Dio. 

Come spiega molto bene un articolo dell’ Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân del 2014 «il bene comune è un qualcosa che ci precede e vi fanno parte le forme, i valori, i fini che noi ereditiamo dal nostro essere persone. Il bene comune è la realtà che ci nutre tramite i rapporti con gli altri e con Dio, è l’ordine per cui le parti stanno insieme e per cui le relazioni umane hanno senso dentro la natura specifica dell’uomo. Se partiamo dagli individui assolutamente autonomi non riusciremo più a costituire dei legami non immaginari. Il sociale non si costruisce con l’individuale. Senza il riconoscimento dell’unione naturale tra gli uomini non si costruisce nessun bene comune».

Per la costruzione di un vero bene comune non è possibile prescindere dal Vangelo e dagli insegnamenti della Chiesa, anche in un contesto pluralista come quello attuale, per il semplice fatto che non si tratta di un insieme di norme assemblate da un legislatore umano ma ci sono state date per il bene di tutti. Secondo una azzeccata definizione, Nostro Signore Gesù Cristo non ha fatto altro che consegnare al mondo intero un libretto di istruzioni per il corretto “funzionamento” della nostra umanità dal quale non è possibile prescindere, pena la costruzione di un male comune universale, come quello che si sta delineando in questo nostro caotico Occidente.

 

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La “società liquida”, è un elegante modo di dire “anarchia”
Con le varie dittature del pensiero che fanno, x ora, capolino.
Cervelli all’ammasso
( liquidi, vanno dove li porta la corrente)
POI, si passa all’incasso.
Non vorrei avere 40 anni, oggi.