Rave party a Gaza: l’occidentalismo sazio e disperato

Rave party a Gaza: l’occidentalismo sazio e disperato

di Vincenzo Silvestrelli

IN ISRAELE OCCORRE TROVARE LA STRADA DELLA PACE E DEL DIALOGO

Il Cardinal Biffi, grande uomo di Chiesa, definì nel 1990 Bologna città sazia e disperata. Fu un’affermazione che, contestata sul momento, rimase però nella memoria collettiva per la sua profonda verità. Essa si può applicare anche ad Israele e a tutto l’Occidente e alla ideologia occidentalista che oggi sembra prevalere. Il benessere economico non basta a dare il senso alla vita e la mancanza di riferimenti metafisici porta alla distruzione della società.

I recenti avvenimenti in Israele hanno in questo senso anche un contenuto emblematico nella loro tragicità. Fa  pensare il rave party che è stato il luogo della orrenda strage di giovani da parte dei terroristi di Hamas.  Gaza è un campo di concentramento a cielo aperto dove due milioni di persone vivono in condizioni tremende e sono sottoposte ad angherie quotidiane.

Qualcuno ha deciso di organizzare una festa a pochi chilometri da questo luogo, come se quella sofferenza non esistesse. In un mondo separato dove il futile divertimento si contrapponeva alla sofferenza, si è pensato che la separazione delle due realtà fosse un dato acquisito e irrilevante.

Quello che è successo è una tragica metafora dell’occidentalismo nichilista . Da una parte la sofferenza di un popolo, dall’altra un momento di edonismo costruito senza riguardo. Il tragico epilogo riporta alla realtà.

Il terrorismo omicida non ha giustificazione ma, nello stesso modo, non è giustificabile nemmeno una società senza valori che ritiene di non dovere guardare alle proprie contraddizioni e pensa che basti un materialismo pratico per trascorrere la vita. In questo caso la morte è stato il richiamo alla necessità di fondare  la società e la vita personale  su basi più solide.

Non si può costruire uno stato, una società sulla indifferenza verso la comune condizione umane. Anche il modo di agire di Hamas è un altro modo di praticare il nichilismo. I giovani assassini che hanno ucciso altri giovani, sono mossi  dall’odio vuoto e la loro lotta non è rivolta alla costruzione di un futuro umano né per loro, né per i cittadini di Gaza che stanno subendo  le conseguenze della loro insana crudeltà. L’azione in sé non aveva alcuna giustificazione militare. Gli ostaggi, pratica arcaica, avrebbero avuto un senso per fermare o rallentare la prevedibile rappresaglia. In quell’evento però il fatto fondamentale è stata la pratica dell’omicidio più che la cattura di prigionieri. La distruzione dell’umano è il tratto comune e inaccettabile di questo evento tragico. 

I valori occidentali non possono essere rappresentati da questo niente così come la lotta per il miglioramento della condizioni di un popolo non può basarsi sulla uccisione di innocenti. La giustizia, necessaria alla pace, non si realizza né con l’odio, né con l’indifferenza e nella pratica dell’occhio per occhio e del dente per dente il risultato più normale è che tutti rimangano ciechi.

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