Il nudismo contemporaneo e la donna oggetto
di Pietro Licciardi
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CONTRO I CASCAMI DI UNA MODA ROZZA E SCIATTA CHE HA RICACCIATO LA DONNA INDIETRO DI SECOLI
Finalmente le temperature stanno un po’ ovunque calando, il che consiglia abbigliamenti meno balneari. Ancora qualche giorno e, al meteo piacendo, non vedremo più uomini e ragazzi con infradito, canotte, bermuda e neppure ragazzine abbigliate in città come fossero su una spiaggia dei Caraibi. Soprattutto niente più donne di mezza età, e anche oltre, seminude come battone, strizzate a mo’ d’insaccati in pantacollant che oltre a lasciare indovinare il tipo e il colore della sottostante mutanda – quando c’è – esaltano l’abbondante cellulite che devasta glutei e cosce rendendole tremolanti come budini; per non parlare delle generose scollature dalle quali penzolano seni flosci o ormai avvizziti.
Purtroppo sono anni che impazza il nudismo, cascame di una moda esibizionista, sciatta e di cattivo gusto che sembra fatta apposta per ricacciare la donna nel ruolo di mero oggetto del desiderio maschile, in verità sempre più represso da decenni di propaganda femminista che dipinge l’uomo come un famelico predatore, in balia di istinti animaleschi.
In effetti l’istinto c’è e da sempre. Si chiama istinto sessuale, senza il quale l’umanità si sarebbe estinta da chissà quanto. Un istinto oggettivamente molto più forte nei maschi che nelle femmine. Non per nulla il nono comandamento dice di non desiderare la donna d’altri. Perché si rivolge agli uomini? Probabilmente perché a loro è toccato il testosterone mentre le fanciulle hanno gli estro-progestinici che le fa andare forte sull’istinto materno più che sul sesso; benchè anche loro, passati i 16 anni, pensino a quello almeno venti volte al giorno; che diventano dieci volte superati i quaranta mentre dai cinquanta in su cominciano i malditesta. Un uomo normale invece ci pensa ad ogni ora del giorno e della notte, magari in sogno.
Solleticare in continuazione la sessualità maschile dunque non è una buona idea perché se una caldaia va troppo in pressione rischia di esplodere e in tal caso sono guai perché il testosterone fornisce una gran voglia di mettere le mani addosso ad una donna e in genere i maschietti hanno la forza fisica per farlo, anche contro la sua volontà.
Si dà il caso che il vestiario sia un potentissimo linguaggio non verbale e ancora oggi, come si suol dire, l’abito fa il monaco; il che significa ad esempio che nel mondo del lavoro un vestiario non consono fa spostare l’attenzione su sé stessi e sul proprio corpo. Nessun uomo ancora si sogna – ma su questo l’ideologia Lgbt+ sta provvedendo – di recarsi in ufficio, o a scuola se studente, in shorts, con le spalle scoperte o mostrando le mutande. Le donne lo fanno. Eppure se hanno la stessa dignità di un uomo e fanno lo stesso lavoro non dovrebbero mostrare lo stesso quantitativo di pelle?
Una donna che mostra le mutande sotto il pantacollant trasparente o quando in minigonna si china a raccogliere una penna non ha un comportamento neutro. Lo stesso dicasi per i seni lasciati liberi di ciondolare dietro una maglietta o una camicetta. Insomma care fanciulle di ogni età – dato che matrimoni e convivenze in frantumi rimettono sul mercato anche le più attempate – decidetevi: siete oggetti sessuali o non lo siete? Se non lo siete perché vi compiacete delle vostre nudità anziché vestirvi come i maschi, quelli più seri almeno, che quando il corpo non c’entra lo lasciano fuori dai giochi?
Ogni volta che una donna mostra più di quel che dovrebbe con il linguaggio non verbale sta dicendo che è un oggetto sessuale. Ha il diritto di farlo, ormai si dice. Ma la libertà non vuol dire fare quel che si vuole e la donna che porta minigonne inguinali e scollature abissali sul posto di lavoro o da qualsiasi altra parte non è libera ma una che non è in grado di comprendere le conseguenze del proprio comportamento, o una che ha scoperto quanto quel comportamento paga.
Vestirsi decentemente è anche una forma di cortesia. Pensiamo a quei poveri studenti dai sedici anni in su costretti a sedersi accanto a coetanee con spalle, seni, gambe e ombelico al vento. Il corpo femminile può causare desiderio in un uomo e, soprattutto in un uomo giovane, il desiderio si trasforma in erezione e una donna dovrebbe evitare di causare erezioni che non ha intenzione di soddisfare.
C’è poco da scandalizzarsi per la franchezza, ma una volta i libretti di apologetica e morale cristiana narravano di anime di donne precipitate all’inferno solo per essersi vestite con civetteria. Figuriamoci quale pioggia ci debba essere da quelle parti oggi che la civetteria ha lasciato il posto alla più becera sfrontatezza. E non è detto che la presunta innocenza, specialmente in certe ragazzine, di chi si abbiglia in certo modo non per sedurre ma per seguire i deliranti canoni offerti dalla televisione o dai giornali femminili possa essere una scusante. Come minimo sono troppo galline per capire che un vestito sexy vuol dire eccitante; con quello che ne potrebbe conseguire. Oltretutto considerando che le nostre città si stanno sempre più popolando di aitanti giovani provenienti da paesi in cui le donne per bene vanno in giro velate da capo a piedi.
Sarebbe il caso allora che si tornasse ad una assunzione di responsabilità, anche per quelle galline che non sono in grado di gestire la propria libertà che, appunto, non è fare quel che si vuole. Ad esempio tornando ad adottare codici di comportamento molto più rigidi, come quelli che vigevano prima della rivoluzione sessuale del ’68 e che hanno evitato una marea di malintesi e di violenza.
Eccessivo, direte voi. Beh, in ogni caso ci penseranno gli islamici a riportare ordine e decenza, non appena saranno diventati un po’ più numerosi.