Occidente al collasso?
di Matteo Castagna
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L’OCCIDENTE NON HA CAPITO CHE L’AFRICA È CAMBIATA
L’Occidente non ha capito che l’Africa è cambiata perché risente delle teorie di Zbigniew Brzezinski (1928-2017) che fu consigliere per la sicurezza nazionale statunitense dal 1977 al 1981, sotto la presidenza di Jimmy Carter. Sulla scorta della visione geopolitica di Sir Halford Mackinder (1861-1947), Brzezinski riassume il suo pensiero con questa celeberrima frase di Mackinder: “Chi governa l’Europa dell’Est comanda l’Heartland (ovvero la zona centrale dell’Eurasia); chi governa l’Heartland comanda l’Isola del Mondo; Chi governa l’Isola-Mondo comanda il mondo (cit. pag. 38 del suo libro “The Grand Chessboard”, 1997). L’Eurasia è, dunque, la scacchiera su cui continua a svolgersi la lotta per il primato globale, che si vorrebbe estendere da Lisbona a Vladivostok. Evidentemente, nell’ottica atlantista, gli USA devono mantenere il ruolo centrale e un’unica leadership mondiale, coi valori del 1945 e del 1989. Oggi, si aggiungono i valori LGBTQA+. In tale visione strategico-messianica, gli States non possono rinunciare ad un mondo unipolare sotto il loro controllo, pena una marginalità che sarebbe un collasso d’immagine, ma soprattutto morale, economico e socio-politico.
L’Africa rimane molto sottovalutata nelle manovre americane, perché vista come continente ricco di materie prime da depredare senza scrupoli, senza trovare particolari resistenze da parte della popolazione locale. Per gli USA, l’Africa è sempre stata, di fatto, un grande bancomat sempre pieno, a cui attingere alla bisogna, gestibile tramite presidenti-fantoccio, intercambiabili a seconda delle necessità del momento, quasi sempre con lo strumento delle guerre civili, così si vendono armi in quantità e si dà da bere ai popoli che i motivi siano politici e per un loro paventato benessere.
Emanuela C. Del Re, rappresentante speciale dell’UE nel Sahel, guarda con attenzione all’ennesimo colpo di Stato: quello in Niger, che ha stupito tutti, anche gli stessi africani, in quanto le riforme per lo sviluppo del territorio del presidente deposto sembravano essere ben viste e andavano nella direzione di una cooperazione internazionale. Oggi, stati Uniti e Unione Europea spingono per una soluzione diplomatica in Niger, al contrario di quanto stanno facendo in Ucraina, ove nel Donbass continuano i bombardamenti di Zelensky e i massacri di bambini nelle scuole prese di mira.
Una prima opzione sarebbe il reintegro di Bazoum, come chiedono con insistenza UE e Ecowas (la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidendale), oppure altre soluzioni che sono sul tavolo di un complesso iter negoziale.
La Russia ha condannato il golpe di Niamey, ma in Mali è presente il gruppo Wagner, che per la Del Re, intervistata su Limes (n.8/2023) dal direttore Lucio Caracciolo, è un pericolo, in quanto fomenterebbe il già forte sentimento anti-occidentale e anti-francese dei nigerini e, a macchia d’olio, di tutti i popoli del Sahel. In Mali e Burkina Faso i colpi di stato sono stati sedati dall’Ecowas, mentre in Niger la situazione è controversa e di difficile soluzione a causa dell’ingerenza economicamente e strategicamente interessata di USA e UE. Il popolo sembrerebbe stare dalla parte della giunta militare, che ha riempito uno stadio di sostenitori, ove si sono viste sventolare anche alcune bandiere russe.
La rappresentante dell’UE ammette che vi è una forte spinta verso una sovranità nazionale da parte della maggioranza dei paesi africani, che dimostrano grande simpatia per le teorie panafricaniste di alcuni intellettuali locali, come Julius Nyerere, Patrice Lumumba, Kwame Nkrumah e Kwame Toure. La Del Re sostiene che “non abbiamo capito che l’Africa è cambiata. L’Africa di oggi non è l’Africa di trent’anni fa. Le nuove generazioni sono molto avvertite, preparate e consapevoli, ma purtroppo continuano ad essere escluse dal dibattito globale”. Esse stanno scalpitando per emergere, ma l’impressione è che di questa spinta propulsiva di accelerazione della storia si siano accorti la Russia e la Cina molto prima del mondo occidentale, che ora si trova a rincorrere un fenomeno che ha trascurato per i suoi interessi su oro, diamanti e materie prime.
Anche in questo caso, le belle parole si scontrano con la cruda realtà. Il 29 agosto 2023 l’ Unione Europea ha deciso di organizzare una missione militare nel Golfo di Guinea con l’obiettivo di “difendere” i Paesi dell’Africa Occidentale (Costa d’Avorio, Ghana, Benin, Togo) dalla possibilità che quelli che vengono come sempre definiti “terroristi” possano creare disordini nelle loro terre. L’azione diplomatica nel Sahel, insomma, inizierà con una missione armata contro i “ribelli” degli USA provenienti dal nord. L’obiettivo è sempre quello di “esportare la democrazia” con le bombe e poi controllare i governi dalla Casa Bianca.
Tutto questo continua ad essere profondamente sbagliato e sarà foriero di nuove battaglie e nuove migrazioni, assieme a un rinnovato odio anti-occidentale che favorirà le aperture di Putin e Xi Jinping, ma anche il Medio Oriente. Come sosteneva Blaise Pascal: “Voler conservare la pace a spese della verità è una falsa pietà, come è un falso zelo conservare la verità ferendo la carità”. Oltre a non aver capito l’Africa, l’Occidente non ha capito neppure questo principio fondamentale.