Silvana De Mari: “L’aborto è violentemente antifisiologico”

Silvana De Mari: “L’aborto è violentemente antifisiologico”

di Silvana De Mari

QUANDO UNA DONNA È INCINTA NON PUÒ PIÙ SCEGLIERE SE ESSERE O NON ESSERE MADRE. È GIÀ MADRE!

“Occhio non vede, cuore non duole” è un proverbio celeberrimo. Le parole lette sono mediate dall’emisfero razionale, il sinistro. Quello che ascoltiamo e le immagini arrivano nel destro, quello emotivo, scatenano emozioni, insulina, odio e disperazione, euforia e estasi. Perché non ci commuoviamo davanti ai venti milioni di morti, ma forse erano quaranta, assassinati nei gulag? Perché i sovietici, più intelligenti dei nazisti, oltre che più poveri, non scattavano fotografie. “Venti milioni di morti” sono un ammasso di sillabe, le fotografie delle cinque ragazzine scheletriche e nude con la pelle annerita dalla pellagra fotografate dai loro aguzzini nazisti ci resteranno ne cuore per l’eternità insieme ai mucchi di cadaveri scheletrici fotografati dagli alleati quando liberano Buchenwald.

Il proverbio può acquistare diversi significati. Non sapere qualcosa ci risparmia una sofferenza, certo, ma non vedere qualcosa ci leva il corretto giudizio. Questo è il motivo per cui le immagini degli aborti sono vietate. Le attuali élite sono maltusiano e ci odiano. Se non vede l’ecografia del piccolo, se non sente il suo cuoricino come può una donna dare un vero consenso informato? L’aborto è violentemente antifisiologico. Esiste una fisiologia della gravidanza: concepimento, gravidanza, parto, bimbetto, ed esiste una patologia della gravidanza: l’aborto. Che questa patologia sia inclusa sotto la dizione “salute riproduttiva della donna” fa parte dello stesso concetto per cui la guerra è pace e la libertà è schiavitù.

Nel secondo mese di gravidanza le donne sono spesso tristi e depresse, per motivi ormonali. Tutto sembra insormontabile. Se la gravidanza è indesiderata allora l’aborto può sembrare una soluzione, la soluzione di non diventare madre quando non ne abbiamo voglia. In realtà quando una donna è incinta non può più scegliere se essere o non essere madre. È già madre. Può scegliere se essere la madre di un bambino vivo o la madre di un bambino morto. Se sceglie di essere la madre di un bambino morto la morte entrerà dentro di lei e dentro la società che finanzia la morte del suo bambino. L’aborto è spesato, incoraggiato, applaudito.

L’attrice Michelle Williams alla cerimonia del Golden Globe  di qualche anno fa, incinta, ha spiegato che se non avesse abortito il bimbo precedente, avrebbe rischiato di non potersi trovare lì, lì travestita da caramella mou, con una specie di manubrio dorato in mano, il Golden Globe appunto. Tutti i presenti, Spielberg Tom Hanks, Meryl Streep hanno entusiasticamente applaudito. L’aborto è una scelta talmente antifisiologica che basta pochissimo, far ascoltare il battito, far vedere l’ecografia, perché la stragrande maggioranza delle donne si fermi.

Il 16 Maggio 2023 è stata depositata alla Corte Suprema di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare che introduce nell’art.14 della legge 194 del 22 maggio 1978 il comma 1-bis: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

Sono promotori dell’iniziativa: Associazione Ora et Labora in Difesa della Vita, Associazione Pro Vita & Famiglia, Federvita Piemonte, Movimento Con Cristo per la Vita, Associazione Opera Padre Gabriele, Comitato Verità e Vita, Movimento Militia Christi, Generazione Voglio Vivere, Movimento nazionale Rete dei Patrioti,  Tradizione Famiglia Proprietà, Tele Maria,  la Voce Cattolica, Associazione Crociata Cattolica per la Regalità di Gesù Cristo, Himmel Associazione, Croce Reale Rinnovamento nella Tradizione. A livello operativo è stato effettuato l’invio di tutta la documentazione necessaria per l’attivazione della raccolta firme, presso tutti i comuni italiani, attraverso PEC (posta elettronica certificata).

I promotori consigliano perciò, preventivamente di telefonare al Comune per sapere se effettivamente è stata attivata la raccolta firme e in quali orari è possibile recarsi per firmare. In caso affermativo, è importante che ognuno  firmi nel proprio Comune di residenza e si faccia divulgatore della proposta, invitando quante più persone possibili a fare altrettanto, eventualmente comunicando loro gli orari di apertura dell’ufficio preposto. Qualora invece la raccolta non fosse stata ancora attivata, vi invitiamo a chiedere al Comune di controllare di aver ricevuto la mail PEC inviata dall’indirizzo oraetlabora33@pec.it. (Per eventuali chiarimenti o problemi si può contattare Ora et labora al numero  346.7035866.)

Le donne sono esseri senzienti. Per poter essere veramente senzienti occorre che conoscano, non ci può dare un consenso alla morte di una creatura se non la si conosce, se questa creatura ha solamente una denominazione, per esempio grumo di cellule o gravidanza indesiderata. Nel momento in cui si vede l’ecografia e si ascolta il cuore, la menzogna del grumo di cellule cade, è una persona, una persona che durante l’aborto cercherà di allontanarsi dalla sonda e di scappare al forcipe perché è in grado di provare sia il dolore che la paura. Devono vedere il loro bambino, devono ascoltare il cuoricino che vogliono fermare.

Il film Planned Parentwood, basato su una storia vera, racconta come una funzionaria di Planned Parentwood entri, per la prima volta nella sua lunga carriera , nella sala operatoria e assista all’aborto vedendo l’ecografia. L’ecografia è autentica, non è un effetto speciale, hanno montato nel film una vera ecografia, con un vero bimbetto che prima di essere ucciso tenta con le manine di allontanare la sonda che lo sta uccidendo smembrandolo, perché poi finisca a pezzi nell’aspiratore. L’aspiratore che si riempie di un corpicino smembrato e sangue è una scena che ho visto anche io, personalmente, nel 1985, quando prima di partire per l’Etiopia ho frequentato le sale operatorie dell’ostetricia  per imparare anche le tecniche ginecologiche, e solo allora ho capito che cosa era veramente un aborto. I miei occhi hanno visto e il mio cuore ha fatto male. Fino a quel momento l’aborto per me era una ammasso di sillabe. Diritto. Autodeterminazione: sono tutte sillabe.

Quello che la signora Bonino aspirava con la sua pompa di bicicletta era una creatura viva, un piccolo bimbo con gambe, braccia e una dannata capacità di provare dolore,  con un cuore che batteva, che viene smembrato e aspirato a pezzi. Quello che abbiamo buttato era un bimbo con gambe e braccia, e una testa e un cuoricino che avrebbe continuato a battere, se io non lo avessimo fermato. E un cervello che ha provato il dolore dello smembramento e della morte.

Forse è giusto che una donna decida del suo corpo, ma deve essere altrettanto sacrosanto che la società le chieda di non farlo. Questa sola frase “Signora, ci ha pensato bene? Questo è il suo bambino!” mi ha permesso di fermare decine di donne. Tutte mi hanno ringraziato. Il maledetto consenso informato che si firma per abortire non contiene la verità. Non c’è scritto “Lei potrebbe rimpiangerlo. E quando lo rimpiangerà sarà troppo tardi, sarà troppo tardi, questo era il suo bambino unico e irripetibile e invece di proteggerlo lei lo ha ucciso. Il consenso infermato non dice nulla della depressione post aborto, addirittura negata dalle élite della psicologia, dell’aumento del rischio di sterilità.

Perché l’aborto è sotto censura? Perché siamo bersagliati dalle immagini degli animali scuoiati per le pellicce, o della macellazione, ed è sotto censura l’immagine del feto, con le sue manine chiuse a pugnetto, e il suo cuoricino che stupidamente batte perché il piccolo non ha capito che è spazzatura, che il suo ruolo è di riempire il bidone della spazzatura con le garze sporche. L’aborto è un suicidio differito, una donna normale il suo bambino lo mette al mondo, una donna che si odia lo uccide. E il rimpianto arriva. Io passo il mio tempo ad ascoltare il dolore del rimpianto, queste voci di donne, che nessuno consola, perché non è consolabile. Un anziano ginecologo francese ha distribuito scarpine da neonato in una sala d’aspetto dove signore aspettavano di abortire: questo gli ha causato una condanna per violenza privata. Metà della donne ha rinunciato all’aborto, però, e e ne è tornata a casa con un bimbetto nella pancia e le scarpine da mettergli.

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