Medjugorje, resoconto di ciò (anche inspiegabile) che abbiamo visto

Medjugorje, resoconto di ciò (anche inspiegabile) che abbiamo visto

di Matteo Orlando

LA MEDJUGORJE CHE TI STUPISCE

“Tra i monti”. È questo il significato in italiano del nome Medjugorje, la piccola località del comune di Citluk, oggi parte del cantone dell’Erzegovina-Narenta (Bosnia-Erzegovina), diventata celebre nel mondo perché, dal 24 giugno 1981, Vicka Ivankovic, Mirijana Dragicevic, Marija Pavlovic, Ivan Dragicevic, Ivanka Ivankovic e Jakov Colo (che allora avevano tra 10 e 16 anni, oggi sono tutti adulti, padri e madri di famiglia) affermano di ricevere apparizioni della Beata Vergine Maria, che si presenterebbe con il titolo di “Regina della Pace” (Kraljica Mira).

Nel mese di agosto si tiene un affollatissimo festival internazionale dei Giovani. Ma Medjugorje è divenuta meta di numerosi pellegrinaggi, non solo nel mese di agosto. Anche noi ci siamo avventurati in questo pellegrinaggio. Ed ecco il resoconto di ciò che abbiamo visto.

Dopo diverse ore di viaggio in bus, siamo arrivati a Bari. Appena qualche ora di tempo per dare un’occhiata alla basilica di San Nicola e ad altre bellezze artistiche di Bari e, quindi, l’imbarco su una nave di linea croata, destinazione Dubrovnik. Mare abbastanza mosso. Poco adatto per chi soffre il mal di mare, accettabile per chi non avverte questo fastidio.

Dopo una sentita Santa Messa a bordo, cena e subito in cabina per il riposo.

Alle sette del mattino siamo arrivati al porto di Dubrovnick. L’Adriatico era alle nostre spalle. È meravigliosa la costa croata. Le numerose isolette circondate da un mare cristallino e da una vegetazione fitta sono una delizia per gli occhi e un ringraziamento di lode a Dio per la bellezza del creato. Dopo i controlli di routine alla dogana di nuovo in bus per le tre ore di strada che ci separano dalla meta.

Poco prima di lasciare la Croazia e di entrare nel territorio della Bosnia-Herzegovina ci fermiamo per una breve sosta in una stazione di rifornimento-bar. Per la prima volta prendiamo contatto con le scritte e le monete del luogo. Cominciamo a sentir parlare croato, una lingua che ci avrebbe accompagnato per i successivi giorni. Arriviamo alla frontiera con la Bosnia. La polizia sale a bordo del bus. Uno ad uno ci controllano i documenti di identità. Perdiamo un po’ di tempo. Ma si riparte. Le strade della Bosnia, a differenza di quanto mi aspettavo, sono in condizioni migliori di molte strade italiane…

Costeggiamo l’Adriatico per un buon pezzo di strada. Ripassiamo un’altra dogana. Siamo di nuovo in territorio croato. Pochi chilometri dopo ancora la frontiera Bosniaca. E stavolta definitivamente, almeno per alcuni giorni, la nostra patria d’adozione sarà proprio questo stato musulmano. Lungo il percorso vediamo una moschea, ma anche qualche chiesa cattolica.

Dopo circa due ore e mezzo qualcuno comincia a manifestare un po’ di impazienza chiedendosi “quando arriveremo a Medjugorje?”, ma ecco che la meta compare sotto i nostri occhi: ecco finalmente la tanto sospirata chiesa francescana dai due campanili, che anche da lontano risalta inconfondibilmente nella piana di Medjugorje.

Un’emozione indimenticabile, soprattutto per chi arriva qui, come il sottoscritto e molti del gruppo, per la prima volta. Dal pullman sgorga spontaneo, alla vista della chiesa, un’Ave Maria, un inno angelico che a Medjugorje sentiremo in tantissime lingue. Entriamo così in paese dove noto, non senza un pizzico di disappunto, la presenza di innumerevoli negozietti di souvenirs ed articoli religiosi. Fenomeno sicuramente non così marcato come in altri santuari italiani, purtroppo!

Il bus sosta dietro la Chiesa. Pensiamo di essere in tempo per la Santa Messa in lingua italiana delle 11 ma quel giorno la messa è cominciata alle ore 10. Arriviamo nella spianata dietro la Chiesa appena in tempo per la benedizione finale. C’è tantissima gente. E sono solo italiani!!!

Abbiamo il tempo per entrare ed ammirare l’interno della Chiesa ma, pochissimi minuti dopo comprendiamo che sta per cominciare la Messa in lingua croata. Decidiamo, allora, di andare in albergo, per sistemarci e per il pranzo, per poi riprendere nel pomeriggio.

Medjugorje pullula di “pansion”, pensioni in cui accogliere i pellegrini; molte famiglie agli inizi delle apparizioni hanno cominciato ad accoglierli nelle proprie abitazioni, seppur piccole, mettendo gratuitamente a loro disposizione tutto ciò che avevano. Ora la maggior parte delle case sono “allargate”, vere e proprie strutture ricettive, ma con uno stile sempre abbastanza sobrio ed a carattere familiare. Non trovo nulla di male che queste persone abbiano migliorato la loro condizione di vita attraverso l’accoglienza dei pellegrini, passando da un’economia prevalentemente agricola, con alti tassi di emigrazione, ad un’economia basata ora sull’accoglienza. Si tratta, infatti, pur sempre di lavoro, mentre rimango perplesso vedendo alcune costruzioni in cantiere, progetti faraonici, credo di proprietà straniera, che nulla hanno a che vedere con la sobrietà di Medjugorje. Purtroppo il serpente dell’avidità è sempre pronto ad insinuarsi, fiutando l’interesse del guadagno e speculando sulla fede dei pellegrini.

Ma non è il caso della gente del posto, che conduce una vita normale, semplice e tranquilla. Non avverto quella smania di arricchirsi tipica di noi occidentali, quanto una voglia di vivere dignitosamente e magari di migliorare la propria condizione di vita. Desiderio più che legittimo per gente che conosce bene la fame, la povertà e la guerra, reduce da quasi mezzo secolo di regime comunista.

La nostra guida spirituale ci racconta del suo pellegrinaggio prima del crollo del muro di Berlino, quando le apparizioni erano agli inizi e gli scenari, per forza di cose, erano decisamente diversi. Si era infatti in pieno regime comunista, la povertà era estrema ed il paese viveva di agricoltura, in particolare coltivando la vigna e il tabacco. I pellegrini, sempre secondo la sua testimonianza, erano costretti ad alloggiare presso le case degli abitanti di Medjugorje o nelle altre frazioni: Bijakovici , Vionica, Miletina e Šurmanci. E allora si trattava di abitazioni modeste, talvolta pericolanti e prive di elettricità, acqua corrente e riscaldamenti. Chi voleva alloggiare in albergo doveva spostarsi per decine di chilometri.

Il regime comunista, duramente repressivo nei confronti del “fenomeno Medjugorje”, portava i pellegrini a considerarsi in uno stato di libertà vigilata. Veniva raccomandato, infatti, di astenersi da ogni tipo di commento o considerazione circa il regime stesso o le istituzioni, anche nel caso in cui si parlasse in lingua italiana. La gente del posto era ancora più sottoposta a limitazioni della propria libertà, soprattutto riguardo alle questioni religiose, a rischio di violenze, torture, sevizie, prigionia, perdita della casa o del lavoro.

Oggi la situazione è diversa. Giungiamo presso la nostra pensioncina, semplice ma confortevole e dignitosa, e cominciamo a scaricare i bagagli. Ci assegnano subito le camere. Capitiamo con un simpaticissimo signore 77enne. Al termine del pellegrinaggio abbiamo scoperto che non è stato “per caso”. Una persona di grande fede, genuina ma grande. Arriviamo alle ore 13. In pensione è l’ora del pranzo. Sarà l’unico giorno in cui saremo puntuali perché nei giorni successivi o pranzeremo un po’ prima o, spesso, qualche ora dopo…

La cucina croata non è quella italiana, ma chi ci ospita, come in questo caso, ha imparato ad adattarsi alle tradizioni alimentari dei pellegrini, non disdegnando, tuttavia, di offrire gustose ricette locali, soprattutto piatti di carne e di verdura.

Dalla nostra pensione, situata a circa un chilometro dalla Chiesa Parrocchiale intitolata a San Giacomo apostolo (guarda “caso” protettore dei pellegrini), notiamo come davvero Medjugorje sia realmente situata tra due monti (o per meglio dire colline), il Krizevac, conosciuto anche come “Monte della Croce”, ed il Crnica, in località Podbrdo, nella frazione di Bijakovici, comunemente denominato Podbrdo e conosciuto anche come “Colle delle apparizioni”.

Intorno alle 16 siamo già tutti sul bus. Desiderosi di immergerci, a pancia piena, nelle attività pomeridiane previste. Leggiamo che Medjugorje conta attualmente più di 4000 abitanti, cattolici, di nazionalità e di lingua croata. La parrocchia, fondata nel 1892, appartiene alla diocesi di Mostar ed è assistita dai frati francescani minori della provincia di Erzegovina. In realtà la prima chiesa parrocchiale andò presto in rovina perché costruita su un terreno friabile. La costruzione dell’attuale chiesa cominciò nel 1937 ma, complice il periodo bellico, venne ultimata solo nel 1969. Naturalmente, se la struttura può andar bene per un villaggio, risulta insufficiente per accogliere i milioni di pellegrini provenienti da tutto il mondo. Per questo gran parte delle celebrazioni si effettuano all’esterno. Del resto, diversamente da altri luoghi dove la Madonna è apparsa (La Salette, Lourdes, Fatima e altri), qui non è sorto un Santuario a seguito dell’apparizione ma, come ha rivelato Lei stessa, si è scelta una parrocchia già esistente.

La chiesa si presenta all’esterno con due campanili, mentre all’interno una grande navata centrale, decorata nella parte superiore da numerose vetrate, è affiancata da altre due piccole navate laterali. Sulla destra del tabernacolo, sul presbiterio, è collocata una statua di San Giacomo Apostolo, mentre sempre sulla destra, ma sotto il presbiterio, è collocata una bellissima statua della Gospa Kraljica Mira, la Madonna Regina della Pace. Uscendo dalla chiesa si trova un ampio piazzale pavimentato e ricco di aiuole piene di fiori colorati. Si può notare all’ingresso del piazzale, quindi avendo la chiesa di fronte, immediatamente a destra, una statua di marmo raffigurante la Regina della Pace, realizzata dall’artista italiano Dino Felici, sulla base delle descrizioni fornite dai veggenti.

Sul lato sinistro della chiesa, oltre a diverse file di panchine, sono presenti ben 25 confessionali che, costruiti nel 1990, simboleggiano il perdono, il ritorno all’amore di Dio, il primo passo nel cammino di conversione. A fianco dei confessionali si trova la statua del “piccolo”, ma solo di statura, San Leopoldo Mandic, cappuccino e protettore dei confessori, di nazionalità slovena ma popolarissimo tra gli italiani, avendo vissuto gran parte della sua vita religiosa nel convento dei cappuccini a Padova.

Alle spalle della chiesa troviamo il grande tendone circolare, con altare in marmo costruito nel 1989, circondato da decine di file di panchine, disposte a raggiera in semicerchio, per un totale di migliaia di posti a sedere, e decine di migliaia per chi può stare in piedi.

Comincia la catechesi pomeridiana di un teologo francescano. La sua catechesi è splendida. La seguiamo con la traduzione simultanea. Al termine prendiamo visione, ancora una volta della Chiesa e ciò che mi colpisce è la fila sterminata, davanti ai 25 confessionali in muratura esistenti (debitamente muniti di targhetta che sottolinea la lingua), di gente che vuole confessarsi. Ma non ci sono solo quelle file. Diversi sacerdoti confessano accomodandosi sulle panchine o sulle sedie. Quante file… Si nota un fervore, un raccoglimento, uno spettacolo che difficilmente si nota nelle nostre parrocchie, specialmente volgendo lo sguardo ai confessionali: davanti ad ognuno una fila interminabile di peccatori pentiti e ansiosi di ritornare a Dio si accostano al sacramento della riconciliazione.

Fuori da ogni confessionale, il sacerdote espone dei cartellini, indicanti le lingue in cui può confessare. Spazientito dall’attesa per la lunga fila presso i sacerdoti di lingua italiana, penso di confessarmi da un monaco trappista di lingua inglese, ma appena capisco che è dura per me capire quello che dice con il mio inglese “maccheronico”, continuo la fila per confessarmi da un sacerdote italiano. Grazie a Dio trovo un frate francescano (e non è più facile, purtroppo!) straordinario. Ho scoperto dopo che è uno dei responsabili dei pellegrini di lingua italiana. Che meraviglia! Una confessione davvero intensa.

Arriva il momento del Santo Rosario. Intorno alle 18 comincia la recita del Rosario, in lingua croata e diffuso dagli altoparlanti. Un numero straordinario di persone è intento a omaggiare Maria Santissima con questa grande preghiera, compendio del Vangelo. Si eleva un coro di preghiera, ognuno risponde nella propria lingua, un’armonia di suoni si diffonde per tutto il paese, creando un’atmosfera e una reale sensazione di pace. Un insieme di persone, diverse per razza, provenienza, cultura, sono unite da un amore comune verso la Mamma Celeste.

Vengono meno tutte le “umane” differenze e si gusta il senso della Chiesa universale, comunione nel corpo mistico di Cristo, composto da tutti i fratelli sparsi nei più diversi luoghi del mondo, che si realizza più pienamente immediatamente dopo nella partecipazione al sacramento dell’Eucaristia.

Intorno alle 18,40 una voce annuncia che bisogna far silenzio. Ci si raccoglie per circa 5 minuti, in quanto è l’ora in cui i veggenti hanno la loro apparizione quotidiana. Poi si conclude il rosario ed ha inizio la celebrazione eucaristica. La messa è in croato, tuttavia il vangelo viene letto nelle principali lingue, mentre la preghiera relativa alla consacrazione è in latino.

Da persona molto concreta mi chiedo questo: non avrebbe molto più senso, anche col rito “riformato” dai collaboratori San Paolo VI, celebrare in latino?

Utilizzando una radiolina con cuffie ascoltiamo l’intera celebrazione nella lingua italiana grazie al servizio di traduzione simultanea. Interessante l’omelia, sicuramente ben curata, più lunga e articolata di quelle che ascoltiamo (e a volte non ascoltiamo proprio, perché non tenute!) in Italia.

Visto l’alto numero di partecipanti, e anche la presenza di numerosi sacerdoti concelebranti, anche nella distribuzione delle particole consacrate c’è qualcosa di diverso. Mentre nelle nostre parrocchie ci rechiamo in fila indiana a ricevere il corpo di Cristo, qui i fedeli, uscendo dai banchi, si dispongono uno a fianco all’altro ed è il sacerdote che, passando, li comunica. Noto qualcosa di estremamente bello per un amante della Santissima Eucarestia, del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo.
Forse sarà stato solo la mia fila e quella che avevo di fronte, ma ho notato tutti i giorni durante la comunione che nessuno dei presenti, con mio gran sollievo, ha ricevuto oltraggiosamente la comunione sulla mano. Anzi, devo dire che alcuni, me compreso naturalmente, l’hanno ricevuta in ginocchio. Mi ha fatto un’enorme piacere notare alcuni giovani sacerdoti che controllavano, ma davvero attentamente, che la comunione sulla lingua rimanesse dove era stata posta, cioè in bocca.

Conclusa la messa, recitiamo la Coroncina della Pace (Credo e 7 Pater, Ave, Gloria) come ringraziamento, ci benedicono gli oggetti religiosi, e ascoltiamo delle preghiere di guarigione.
Ritorniamo quindi alla nostra pensione, ma abbiamo il tempo di una frugale cena perché molti di noi hanno deciso di recarsi sulla cima della collina delle apparizioni perché intorno alle 23 Ivan avrà la sua apparizione. Nonostante la corsa, niente da fare. Assistiamo da lontano all’apparizione. Non scorgiamo neanche la figura del veggente. C’è una fila di migliaia di persone arrivate ben prima di noi…

Nonostante questo sentiamo commenti straordinari di molta gente. Molti umori sono surriscaldati. L’intensità della preghiera, il clima di raduno collettivo spinge molti a vedere cose che forse si possono interpretare diversamente. Ma non finiamo di pensarla in questo modo che i nostri “pensieri” sono sconvolti. Scattiamo qualche foto alla bella luna piena di quella sera. Guardando lo schermo della potente digitale, con molta sorpresa, vediamo che una foto ci mostra una luna a forma di cuore. La facciamo vedere a quelli del gruppo, al sacerdote che ci guida. Rimaniamo meravigliati un po’. Ma non sarà questo il segno più importante che ci sarà riservato.

Intorno all’una di notte arriviamo, dopo aver preso un taxi (costano davvero pochissimo i taxi a Medjugorje, provare per credere!) nella Chiesa parrocchiale. Intendiamo partecipare all’adorazione eucaristica notturna. Rimaniamo lì a contemplare, lodare, supplicare, adorare nostro Signore Gesù Cristo realmente presente nelle Specie Eucaristiche e, intorno alle due, di nuovo con un taxi andiamo all’albergo.
La sveglia non è così dura come ci saremmo aspettati. Ci alziamo abbastanza riposati, nonostante le poche ore di sonno. Preghiere di gruppo, liturgia delle Ore, colazione e poi in bus verso la parrocchia per partecipare alla Santa Messa in lingua Italia.

Intorno alle 12,15 abbiamo del tempo a disposizione per girare Medjugorje liberamente. Da cronisti sappiamo che per un reportage è bene girare non in gruppo, per non farsi condizionare da ciò che pensa altra gente e per notare quei particolari che magari in compagnia non si notano o risultano secondari o irrilevanti.

Qualsiasi cosa si compra a Medjugorje costa sicuramente meno che in Italia. Sembra che non ci sia da parte della gente molta voglia di arricchirsi in fretta e furia. Con il turismo religioso naturalmente ci vivono e lavorano, ma la gente del posto non sembra così ossessionata dai soldi. Hanno conosciuto le miserie della barbarie comunista, dunque sanno quanto contano ben altre cose che non il “progresso economico”….

Intorno alle 14 siano di nuovo in pensione per il pranzo. E verso le 15,30 ci rechiamo di nuovo nella spianata dietro la Chiesa Parrocchiale dove ci parla il veggente Jakov Colo, che vive a Medjugorje e prega per i malati. Ha avuto le apparizioni quotidiane fino al 12.09.1998 e da allora, con cadenza annuale per tutta la sua vita, ogni 25 dicembre, giorno di Natale.

E’ il più giovane dei veggenti, all’inizio delle apparizioni aveva solo 10 anni. È molto umile, semplice e con un discorso lineare e senza possibilità di equivoci, ci invita alla preghiera e a non considerare i veggenti come dei privilegiati o persone migliori di altre, ma semplicemente persone mediocri scelte da Maria per affidare loro un compito specifico. Tutto qui, ci dice.

Gli altri veggenti sono: Vicka Ivankovic, mamma di 2 bambini, vive vicino Medjugorje e prega per i malati; Marija Pavlovic, 4 bambini, vive in Italia e a Medjugorje, prega per le anime del purgatorio (tramite lei la Madonna invia il suo messaggio alla Parrocchia e al mondo intero. Dal 01.03.1984 al 08.01.1987 il messaggio era dato ogni giovedì, dal 25.01.1987, il 25 di ogni mese); Mirijana Dragicevic, 3 bambini e vive a Medjugorje, ha avuto le apparizioni quotidiane fino al 25.12.1982 e da allora, con cadenza annuale per tutta la sua vita, ogni 18 marzo. Inoltre dal 02.08.1987, ogni 2 del mese, ha un’apparizione supplementare, per i non credenti, o come li definisce la Gospa, coloro che non conoscono ancora l’amore di Dio, per i quali prega; Ivan Dragicevic ha 3 bambini, vive negli Stati Uniti e a Medjugorje e prega per i giovani e per i sacerdoti. Dal 1982 guida il gruppo di preghiera, che si riunisce attualmente ogni lunedì e venerdì, spesso presso la Croce Blu, ai piedi del Podbdo. La Gospa gli dà dei messaggi per la sua famiglia, che a volte sono rivolti anche al mondo intero, in cui raccomanda di mettere Dio al primo posto della famiglia, con la preghiera, il dialogo, la lettura della Bibbia, la Messa al centro della propria vita, ed incoraggia tutti ad aspirare alla santità nella propria famiglia; Ivanka Ivankovic ha 3 bambini, vive a Medjugorje e prega per le famiglie. Ha avuto le apparizioni quotidiane fino al 07.05.1985 e da allora, con cadenza annuale per tutta la sua vita, ogni 25 giugno di ogni anno, in occasione dell’anniversario delle apparizioni. Da qualche anno, in tali apparizioni, la Gospa ha cominciato a spiegarle i dieci segreti.

Alle ore 17, con un tono molto diretto, ironico e prettamente giovanile, ma duro, comincia la catechesi di un certo padre Danko. Molto interessante. Non nasconde, come fanno colpevolmente molti sacerdoti italiani, le realtà dei novissimi, che ricordiamo per quei sacerdoti che le avessero dimenticate: chi muore è giudicato da Dio ed è destinato o alla pena eterna dell’inferno o alla beatitudine eterna del Paradiso (magari passando, per una più o meno lunga purificazione, in Purgatorio).

Alle 18 partecipiamo al Santo Rosario. Avendo partecipato alla Messa, decidiamo di andare in albergo per cenare prima e poter proseguire con le nostre catechesi. Ma i nostri piani vengono sconvolti dal sole.

Davanti al nostro bus, posteggiato dietro la parrocchia di Medjugorje, diversi nostri compagni di pellegrinaggio guardano il sole. E ci dicono che lo guardano da mezz’ora. E già questo è molto strano. Guardando il sole lo vediamo girare, vediamo una particola dentro il suo nucleo. Alcuni scorgono la sagoma della Madonna del Carmelo. Altri ancora, noi compresi, lo vedono pulsare.

Sapevamo che fin dall’inizio, le apparizioni di Medjugorje sono state accompagnate da molti fenomeni insoliti, oltre che da guarigioni miracolose. Ma non immaginavamo di essere testimoni dell’insolita danza e pulsazione del sole insieme a una cinquantina di amici in pellegrinaggio. Questa manifestazione è così insolita che tutti, senza eccezioni, la classifichiamo come un miracolo, e con questo non intendiamo anticipare nulla del giudizio della Santa Madre Chiesa (la nostra testimonianza è da prendere con la semplice fede umana. La Chiesa si esprimerà meglio).

La prima cosa che ci è venuta in mente, rivedendo le immagini che giravamo con tutti i mezzi che avevamo a disposizione, è stata: “sicuramente si è trattato di un difetto della videocamera”. Eppure ci sono decine di amici che hanno visto il fenomeno dal vivo, e non parliamo di quelli che lo hanno registrato con le loro fotocamere!

Dalle macchine fotografiche si vedeva anche una linea bianca molto strana che tagliava in due il sole. Razionalmente potrebbe trattarsi di un normalissimo riflesso dell’intensa luce che colpisce l’obiettivo. Ma uguale in macchine fotografiche di diversa potenza? Poi alcune cose che si vedevano dal vivo non si vedevano nel video e viceversa.

Comunque non esprimiamo altre considerazioni personali perché Medjugorje va vissuta! Non va vista attraverso l’obiettivo di una videocamera!

In molti giungono a Medjugorje provenienti da vari luoghi, spinti dalla fede o da semplice curiosità. Come a Fatima, anche a Medjugorje sono stati rivelati dei segreti, 10 per l’esattezza. Di essi si sa solo che il terzo sarà un segno che la Madonna lascerà sul Podbrdo, visibile, indistruttibile, durevole e bello, che confermerà la presenza di Maria e costituirà l’ultimo estremo appello alla conversione, anche se per qualcuno potrebbe essere già tardi. Poi si sa che il settimo segreto riguardava un castigo che, grazie alla preghiera e al digiuno, è stato mitigato. Quando si realizzerà il terzo segreto ci sarà ancora uno dei veggenti che avrà le apparizioni quotidiane.

Il compito di rivelare i segreti al mondo è stato affidato a Mirijana, ma non in maniera diretta. Lei conosce già il contenuto dei segreti e quando si realizzeranno, ma ha dovuto scegliere un sacerdote (il francescano Petar Ljubicjc, nato nel 1946), al quale dovrà confidare ogni segreto 10 giorni prima che si verifichi. Poi digiuneranno e pregheranno insieme per 7 giorni e, 3 giorni prima che il segreto si verifichi, il sacerdote dovrà rivelarlo al mondo intero. E’ importante notare come la Gospa chieda così l’intervento della Chiesa per assolvere questo compito. La stessa Mirijana afferma che non bisogna aver paura di quello che può accadere se si è in grazia di Dio, e in definitiva sembra che molto del nostro futuro dipenderà dal nostro accogliere o meno l’appello alla conversione, per poter assistere al trionfo del Cuore Immacolato di Maria.

A cena tempestiamo la nostra guida spirituale di domande sulla fede, su quello che avevamo visto e su curiosità legate a Medjugorje. Dall’alto della sua preparazione notevole di medico prima e, dopo la chiamata di Dio, di sacerdote, risponde a qualunque nostra curiosità. Tre ore, vi assicuriamo, di pura goduria spirituale, cattolica, estremamente fedele alla Sacra Scrittura, alla Tradizione Apostolica, al Magistero del Santo Padre, senza eliminarne uno a discapito di altri, come colpevolmente fanno, disgraziatamente, alcuni sacerdoti.

Dopo i vari botta e risposta andiamo a letto, l’indomani ci attende il Krizevac. Ci alziamo presto. Facciamo colazione e notiamo che rispetto ai giorni precedenti di gran caldo, la giornata è coperta. Ben per noi. Saliremo il monte, alto circa 500 metri, con un po’ di refrigerio.

Il bus ci porta alla base del monte e notiamo subito che si tratta di una zona brulla e sassosa. Molto ostica da scalare. Il sentiero del Krizevac è più tortuoso ed il percorso è molto più lungo di quello del Podbrdo. Molti si armano del “bastone del pellegrino” e impermeabile nel caso venisse a piovere. In cuor nostro temiamo che qualche signore più anziano del gruppo posso stancarsi un po’ troppo, ma notiamo che sono animati da grande entusiasmo e fede. Vediamo gente anziana che, a dispetto degli anni e delle condizioni di salute spesso non ottimali, si aggrappa alle rocce, con la schiena piegata, con l’aiuto dei bastoni, pur di percorrere la Via della Croce, magari dopo una vita di croci.

Lungo il percorso meditiamo le stazioni della via Crucis e con il nostro grande sacerdote siciliano che ci guida, approfondiamo diverse tematiche teologiche relative alla vita e alla passione, morte e risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Le difficoltà del percorso ci fanno pallidamente immaginare quali possano essere state le sofferenze fisiche di Gesù lungo la Via Crucis. Le stazioni vengono vissute con particolare partecipazione, fisica ed emotiva. I rilievi in bronzo, presenti ad ogni stazione, ci riportano poi anche visivamente a considerare le sofferenze patite durante la sua passione. Man mano che si sale, stazione dopo stazione, si ha l’impressione di essere sempre più leggeri, come se ad ogni stazione ci si liberasse di qualche peso, e poi il traguardo si avvicina, non si vede ancora la cima, non si vede ancora la croce bianca, ma la stanchezza lascia il posto alla speranza. Incontrare la stazione in cui Gesù muore in croce fa comprendere a tutti che ormai siamo in dirittura d’arrivo e così, nonostante la fatica dei più anziani, procediamo con maggiore vigore.

Giungiamo finalmente in cima e, dopo la stazione dedicata alla Resurrezione, ecco la croce: alta, bianca, imponente.

Essa è stata eretta, ad opera dei parrocchiani di Medjugorje, nel 1933, anno giubilare, a ricordo dell’anniversario della redenzione di Cristo. È alta 8,5 mt e larga 3,5. Si raggiunge percorrendo una piccola rampa di scale. Su di essa vi è scritto: “A Gesù Cristo, Redentore dell’umanità, in segno di fede, amore e speranza, in ricordo del 1900esimo anniversario della Passione di Cristo”.

La costruzione della croce è iniziata nel 1933 ed è stata completata nel 1934, e da quell’anno il monte Sipovac è stato chiamato appunto monte Krizevac, monte della Croce. Pare che uno dei motivi che spinse la popolazione ad erigere la croce fu la pioggia abbondante che minacciavano i raccolti. Così il parroco di allora, Bernardin Smoljan, spinse i parrocchiani, nonostante la loro povertà, a costruire la croce a memoria dei 1900 anni dalla morte di Cristo. Alcune reliquie della vera Croce di Gesù, ricevute dal Vaticano per l’occasione, sono state inserite nell’asta della croce stessa.

Il 16 marzo 1934 fu celebrata la prima santa Messa ai piedi della croce. Nel settembre del 1935, il vescovo Alojzije Mišid ordinò che a Medjugorje la Festa della Esaltazione della Santa Croce venisse celebrata ogni anno la prima domenica dopo la Festa della Natività di Maria, e che la messa fosse celebrata sul Krizevac. Adesso questa pratica è estesa a tutti i pellegrini che in quel giorno arrivano da ogni parte del mondo.

Durante il messaggio del 30-08-1984 la Vergine ha detto: “Anche la Croce faceva parte del disegno di Dio quando voi l’avete costruita”. Diverse volte i veggenti hanno avuto le apparizioni anche sul Krizevac. Questa croce è stata protagonista di diversi fenomeni durante i primi mesi delle apparizioni, a volte è stata vista ruotare vorticosamente, a volte sparire, trasformarsi nella sagoma luminosa di una giovane donna, poi come racconta lo stesso Padre Jozo, dal braccio sinistro della croce è stata vista uscire la scritta “MIR”, ossia “Pace”, a caratteri d’oro, che si estendeva e procedeva sino alla parrocchia.

Ora sotto la croce ci rendiamo conto che proprio da quel legno Gesù ci ha donato sua madre: “Ecco tua madre” (Gv 19,27). Lungo la Via Crucis “vedevamo spiritualmente” Gesù soffrire sotto il peso della croce, ma dietro di Lui “vedevamo” anche Maria, fedele come un’ombra, che soffriva nel suo Cuore la passione del figlio.

Giunti in cima, ci disponiamo nello spiazzo retrostante la croce per una preghiera comunitaria di ringraziamento, poi individualmente ognuno si reca ai suoi piedi per pregare e ricordare le persone care. Qualcuno lascia un oggetto, una foto, una lettera, si avverte una forte tensione emotiva, c’è chi abbraccia la base della croce, chi piange, chi ringrazia. Da quassù si gode della visione di un panorama stupendo, davanti al quale si resta estasiati, a bocca aperta. Si scorgono da un lato le verdi colline, dall’altro l’intera piana di Medjugorje, in cui si distinguono i campanili della Chiesa. Insomma la Croce vigila su tutta Medjugorje, in attesa di scorgere i tempi futuri e dei 10 segreti che dovranno verificarsi.

Abbiamo impiegato quasi due ore per salire e, dopo la sosta in cima, cominciamo a scendere per tornare giù in un orario accettabile per il pranzo… Personalmente non abbiamo tanta voglia di tornare subito giù, comunque ci adeguiamo e scendiamo.
Prima di scendere sostiamo un attimo presso il punto dove morì Padre Slavko, e ci accorgiamo che proprio da questo punto, tra le ultime due stazioni, si comincia a scorgere la croce. Ci lanciamo così nella discesa, stando però attenti perché, a nostro parere, la discesa è più pericolosa della salita. Stavolta vediamo i pellegrini che con fatica salgono, mentre all’andata ne avevo visti alcuni scendere sorridendo. Incontriamo un gruppetto che parla “strano”, forse arabo. Vinta la timidezza domandiamo in inglese da dove provengono. La risposta: “Nazareth”. Sono cattolici di lingua araba.

Dopo pranzo e un po’ di riposo ci rechiamo di nuovo in parrocchia per altri momenti di preghiera e poi la partecipazione al Santo Rosario e alla Messa internazionale. Alle 20,30 siamo di nuovo in albergo per la cena e dopo ripetiamo la straordinaria esperienza del dialogo con il sacerdote. Messi in cerchio per poterci vedere tutti in volto scopriamo e meditiamo su tanti argomenti di fede. Pensiamo: come sarebbe bello poter vivere momenti del genere nelle nostre parrocchie, dell’intera Italia, con serate di “uno contro tutti”, con il sacerdote disponibile alle domande sulla fede da parte dei parrocchiani…

L’ultimo giorno della nostra permanenza a Medjugorje ci rechiamo sulla collina delle apparizioni, il Podbrdo. Letteralmente, in croato, il termine indica la parte del volto sotto le labbra, in particolare il mento. In pratica si tratta della zona più bassa del monte Crnica, che sovrasta la frazione di Bijakovici, dove abitavano i sei veggenti al tempo delle prime apparizioni nel 1981. Si tratta di una collina sassosa, meno del monte Krizevac.

Salendo sulla collina delle apparizioni, abbiamo pregato il Santo Rosario e la Coroncina della Divina Misericordia. La collina è arricchita di tavole di bronzo che raffigurano i vari misteri. Piccoli faretti che sono qui dal 2006 illuminano, ma di sera, la parte del sentiero che porta al luogo della prima apparizione. Nonostante sia ancora presto, sono già presenti lungo il sentiero centinaia di pellegrini, singolarmente o in gruppo. Qui in cima vi è un grande spiazzo, luogo delle prime apparizioni, da cui è possibile godere, al di là del monte, di un meraviglioso panorama. Esso tuttavia diventa un aspetto marginale, se si considera la sacralità che esprime questo luogo, pur nella sua semplicità e povertà.

Non vi è nulla di materialmente attraente che spinga milioni di pellegrini ad inerpicarsi su questo colle, se non la fede ed un senso di pace e protezione materna che non lascia indifferenti i cuori. Abbiamo visto giovani e vecchi, uomini e donne, sciogliersi in lacrime, in ginocchio davanti alla statua marmorea della Regina della Pace, posta in cima nel 2001, per celebrare il 20° anniversario delle apparizioni, circondata da un aiuola e da un’inferriata, entrambi a forma di stella a 6 punte. Ci domandiamo chissà quante intenzioni di preghiera sono state elevate in questo posto. Notiamo a tal proposito lettere, fotografie, oggetti vari, deposti dai pellegrini ai piedi della Regina della Pace.
Chi crede alla veridicità delle apparizioni di Medjugorje sa che su questa collina Maria ha promesso di lasciare un segno della sua presenza. Sarà un segno visibile, durevole, indistruttibile, bellissimo, che viene dal Signore, ma ammonisce quanti, animati soltanto da curiosità, non si decidono fermamente per la conversione, affermando che: “Anche quando sulla collina lascerò il segno che vi ho promesso, molti non crederanno. Verranno sulla collina, si inginocchieranno, ma non crederanno. E’ ora il tempo di convertirsi e fare penitenza!”.

Scendendo dalla collina notiamo, alla sinistra del sentiero, una grande croce di legno, a cui non avevamo dato grande importanza durante la salita. Essa indica il luogo dove, il 26 giugno 1981, terzo giorno delle apparizioni, la Gospa apparve nuovamente alla veggente Marija la quale, dopo l’apparizione avuta in cima insieme agli altri cinque veggenti, stava scendendo a valle per prima, anticipandoli. La Vergine era triste, aveva dietro di sé una grande croce scura e, in lacrime, lanciava un accorato appello: “Pace, pace, pace ed ancora pace! La pace deve regnare tra Dio e gli uomini e in mezzo agli uomini”.

Esattamente dieci anni più tardi, il 26 giugno 1991, Croazia e Slovenia si proclamarono indipendenti da quella che fino ad allora era stata la Jugoslavia, suscitando le ire della Serbia, che mirava ad una posizione di supremazia e controllo di tutti gli stati della federazione, serbi che immediatamente mobilitarono l’esercito federale per occupare Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina, innescando così la più feroce e sanguinosa guerra che si abbia avuto in Europa dalla fine del secondo conflitto mondiale del 1945.

Le rocce, presenti in maniera fitta nel terreno della collina, sembrano levigate in superficie, come per l’effetto del passaggio di milioni e milioni di pellegrini che fin quassù si sono recati. Notiamo con tristezza che molti pellegrini, specie italiani, purtroppo, come anche sul Krizevac, portano via tutto ciò che è possibile: terra, sassi, piante, considerati souvenir naturali, in qualche modo benedetti.

Bisogna osservare bene e fare attenzione a non perdere l’equilibrio salendo e scendendo. Del resto le vie di Dio non sono mai in discesa e semplici da percorrere, al contrario si incontrano cammini di penitenza, da percorrere in salita e irti di difficoltà e contrarietà.

Il cammino di conversione richiede la rinuncia al peccato e la fatica della virtù, oltre che la grazia della perseveranza, perché è facile scoraggiarsi quando si guarda avanti e non si vede ancora la cima, ma è proprio allora, nei momenti più bui, quando la tentazione si fa più incalzante e ci propone strade più accoglienti e facili da percorrere, che bisogna dar prova della propria fede, aggrappandoci alla corda che ci viene calata dall’alto in nostro soccorso da quel Dio che ci ama e ci vuole in cima sani e salvi a contemplarlo nell’eterna gioia. La corda è sicuramente la preghiera, come ci ricorda Gesù nell’Orto degli Ulivi, quale strumento per vincere la tentazione, Satana.

La Gospa a Medjugorje invita a crescere nella fede, a fortificarsi nella perseveranza, a crescere nella carità aggrappati ai seguenti mezzi: L’Eucaristia, la Bibbia, la Confessione, il digiuno e la penitenza.

Nel pomeriggio ripartiamo. Breve visita a Dubrovnick e rientro in Italia.

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Arrivato a Medugorije nel agosto 1990.
Da una crociera a vela in agosto, da Rodi fino a Efeso, sulle coste turche.
Si torna a casa.
Sciopero degli aerei a Rodi.
Volo x Belgrado.
Treno da Belgrado a Sarajevo.
Dove avevamo lasciato l’Alfa x nuova pompa della benzina, all’andata.
Il meccanico ci porta l’auto alla stazione e se ne va in ferire. Partiamo la sera,dopo 2 giorni di viaggio.
Il mattino dopo : via x Mostar, bagno al mare e poi a casa.
Ma….un grosso incidente blocca la strada
Prendiamo una deviazione, nelle montagne e arriviamo, da Sarajevo a Medugorie.
Cavolo ! Abbiamo sbagliato strada !