La Nato del dopo Guerra Fredda
di Pietro Licciardi
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TORNATA IN AUGE COL CONFLITTO UCRAINO L’ALLEANZA SI RIDISLOCA SUI VARI FRONTI
Il sito Inside Over ha da poco pubblicato un dossier dedicato al destino della Nato, alleanza politico-militare che la recente guerra russo-ucraina ha rinvigorito dopo anni di difficoltà interne dovute alla sua messa in discussione al termine della Guerra Fredda, per la quale era stata creata.
Il presidente francese Emmanuel Macron nel 2009 definì la Nato “un’alleanza cerebralmente morta” e l’anno precedente il presidente statunitense Donald Trump aveva addirittura minacciato il ritiro degli Usa se i paesi aderenti non avessero portato le loro spese per la difesa ad almeno il 2% del Pil. Ma l’inizio del conflitto ucraino ha dato una scossa al miope pacifismo mercantilista dell’Europa portando anche ad un riassetto generale delle forze dispiegate che ci farà tornare poco a poco a livelli simili a quelli precedenti la caduta del Muro.
La Russia è ancora il principale “nemico” dell’alleanza e il fronte est europeo rimane quello più importante ma adesso anche la Cina sta diventando un obiettivo in quanto la crescita della sua potenza economica e miliare sta spostando gli equilibri globali. A questo proposito vi è la possibilità che la Nato possa aprire un ufficio di rappresentanza in Giappone, anche se l’Asia non rappresenta ancora un fronte aperto
Al momento l’attenzione della Nato si concentra in Europa, dove dal 2015 ha ricominciato a guardare ad Est dopo l’annessione della Crimea e la destabilizzazione del Donbass, che ha messo in allarme gli alleati finalmente liberatisi dal giogo sovietico, principalmente gli stati baltici e la Polonia. Con l’European Deterrence Initiative, l’amministrazione Obama nel 2015 ha infatti rafforzato la propria presenza nell’Europa Orientale prevedendo una serie di provvedimenti per incrementare la deterrenza dell’Alleanza tra cui il rafforzamento della Nato Response Force – passata da 13mila a 40mila unità – la creazione della Very High Readiness Joint Task Force e l’istituzione di nuovi comandi multinazionali nei Paesi dei membri posizionati sul fianco est dell’Alleanza.
Mentre nel 2015 il personale Nato dislocato lungo la frontiera orientale era di circa 13mila unità, a marzo 2022 le unità sotto il diretto comando dell’Alleanza erano 40mila e 100mila alle dipendenze degli Stati Uniti insieme a 130 velivoli “in allerta” e 140 navi militari a disposizione sui mari. Questo contingente era distribuito tra i tre Paesi Baltici, la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria.
Questa maggior presenza militare ha di conseguenza portato ad incrementare l’attività addestrativa. In particolare si citano la Air Defender 23 e Dynamic Front 23. La prima è la più grande esercitazione aerea tenuta in Europa dalla fondazione dell’Alleanza, e ha simulato l’ attacco a un Paese membro della Nato, la seconda invece ha riguardato la pianificazione del fuoco di artiglieria e il supporto alle truppe terrestri, proprio per via delle prime lezioni apprese dal conflitto in Ucraina, che ha dimostrato una volta di più come queste specialità dell’esercito, insieme alle forze corazzate, siano ancora centrali sul campo di battaglia.
Quello orientale però non è l’unico fronte di contenimento della Russia. La Nato è attiva anche nel Grande Nord, dove è tornata nel 2008, con l’esercitazione della portaerei Uss Harry Truman a nord del Circolo Polare Artico; la prima dal crollo dell’Unione Sovietica, mentre a gennaio 2022 l’esercitazione Cold Response 22 è stata più grande all’interno del Circolo Polare Artico dagli anni Ottanta.
In virtù di ciò l’Islanda ha riacquistato importanza nell’alleanza mentre la Norvegia ha rinnovato la collaborazione con Washington che amplierà le proprie basi di sottomarini nucleari d’assalto statunitensi che torneranno a tenere sotto controllo la “tana” delle unità subacquee russe, ovvero le basi di Murmansk-Poljarnyj nella penisola di Kola.
Il fronte che ci riguarda più da vicino, quello meridionale, che va dalla Spagna sino alla Turchia, purtroppo è meno considerato nonostante il Nord Africa e il Levante siano sede di traffici illeciti e interessati dal traffico di clandestini per non parlare dei conflitti intestini in atto in Libia e Siria dove operano attori internazionali competitori e avversari dell’Alleanza, ma soprattutto presentano ancora la minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamica pur passato in secondo piano per via della crescente aggressività Russia.
Il Nord Africa inoltre riceve le ondate migratorie e favorisce i traffici illeciti di armi, droga e reperti archeologici (usati per il finanziamento) provenienti dall’area subsahariana dove vi è una diffusa instabilità unita alla incapacità da parte di singoli stati, come la Francia nel Sahel, di farvi fronte.
Sul fronte Sud comunque la Nato ha attive diverse missioni e svolge consulenze non di combattimento per rafforzare le istituzioni e le forze di sicurezza irachene, oltre a sostenere l’Unione Africana nelle sue missioni di mantenimento della pace nel continente africano.