Tradimento, Impero Romano, rivoluzione contro l’Occidente e uomo nuovo

Tradimento, Impero Romano, rivoluzione contro l’Occidente e uomo nuovo

di Francesco Bellanti

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DIALOGO DI FRANCESCO BELLANTI E DI GIUDA  ISCARIOTA

Il tradimento di Giuda rimane, in ogni caso, un mistero… Del resto, quando, pensiamo al ruolo negativo svolto da Giuda dobbiamo inserirlo nella superiore conduzione degli eventi da parte di Dio. Il suo tradimento ha condotto alla morte di Gesù, il quale trasformò questo tremendo supplizio in spazio di amore salvifico e in consegna di sé al Padre (cfr Gal 2,20; Ef 5,2.25). Il Verbo “tradire” è la versione di una parola greca che significa “consegnare”. Talvolta il suo soggetto è addirittura Dio in persona: è stato lui che per amore “consegnò” Gesù per tutti noi (cfr Rm 8,32). Nel suo misterioso progetto salvifico, Dio assume il gesto inescusabile di Giuda come occasione del dono totale del Figlio per la redenzione del mondo (Benedetto XVI, Udienza generale, Piazza San Pietro, Mercoledì, 18 ottobre 2006)

Giuda Iscariota osserva, appoggiato a una palma, il Monastero delle Benedettine, di Palma di Montechiaro.

Francesco. Giuda Iscariota, che fai qui davanti a questo glorioso e santo Monastero delle Benedettine di Palma di Montechiaro?

Giuda. Sono venuto a vedere dove si spalancheranno le porte dell’inferno. O del paradiso. Qui è apparso il Demonio a suore mistiche, qui principi e duchi sono diventati santi. Qualcosa accadrà.

Francesco. Non immaginavo di trovarti qui. Credevo fossi stato condannato all’inferno per l’eternità. Per il tuo tradimento.

Giuda. Tradimento? No, amico mio. Le cose sono andate diversamente. Purtroppo, da duemila anni sono alla disperata ricerca di un’identità, di un destino. Temo, ormai, di essere stato condannato a vagabondare in eterno nel mondo. O a vagare di mondo in mondo.

Francesco. “Quell’anima là sù c’ha maggior pena”, / disse ‘l maestro, “è Giuda Scarïotto, / che ‘l capo ha dentro e fuor le gambe mena”. Nel cerchio più profondo dell’inferno tu sei, Giuda Iscariota. Nella Giudecca. Quanto onore, o Giuda! Hai dato il nome a un territorio eterno!

Giuda. Dante Alighieri, Divina Commedia, canto XXXIV, vv. 61-63. Ho letto, ho letto. Forse che tu sei un professore di letteratura italiana?

Francesco. Beh, sì. Nel locale liceo. Ogni tanto esco e mi capita di imbattermi in personaggi strani.

Giuda. Sì, in questo paese, anch’io ne ho notati parecchi, di personaggi strani! Comunque, bel tipo, questo Dante: mi fa sfracellare in eterno il cranio da Lucifero e mi fa penzolare con le gambe e i coglioni al vento!

Francesco. Mah, che ci vuoi fare? Bruto e Cassio, traditori della Maestà Terrena,  non se la passano certo meglio, maciullati come sono alle gambe e nei testicoli… Tu, invece, sei traditore della Maestà Divina…

Giuda. Cazzate! Raccontale ai tuoi studenti queste minchiate! L’inferno è vuoto! E forse anche il paradiso. Ad ogni modo, che testa questo Dante! Che fantasia! Che poesia!

Francesco. Dunque, tu non sei un traditore.

Giuda. No. Il mio è stato il bacio più grande dell’umanità. Il mio non è stato un tradimento, è stato un atto d’amore. Io ero il migliore dei dodici apostoli, perché ho consentito che si realizzasse – se ci sarà – il mistero della salvezza. Io ero il più grande. Ma da duemila anni mi porto addosso l’infamia del tradimento. Avrei potuto distruggere le sue ambizioni, e forse lo meritava: non l’ho fatto. Io lo amavo troppo per non obbedirgli.

Francesco. Spiegami un po’ meglio allora, o Giuda, questa faccenda. Per la gente tu sei Giuda, il traditore. Colui che vendette Gesù per trenta denari. E che s’impiccò per il rimorso.

Giuda. Oh, trenta denari! L’impiccagione! Quante cose si son dette di me: che mi liberai dal laccio prima di soffocare, che morii con le viscere squarciate, che caddero in avanti e si sparsero dappertutto con tutti gli escrementi. Che si gonfiarono le mie carni a tal punto che divenni deforme, e che i miei genitali s’ingrossarono e divennero affatto ripugnanti, che da essi uscivano vermi. Si disse che, dopo tanti tormenti e supplizi, morii in un mio podere che, per il puzzo, per secoli e millenni è rimasto deserto e disabitato. Si disse infine che tanto fu lo scolo che dalle mie carni esso penetrò fin nel profondo della terra. O che morii con una pietra al collo, o che fui lapidato dagli apostoli per invidia.

Francesco. Dissero pure che tu comprasti terre con i proventi del delitto.

Giuda. Oh, sì! E che il mio posto fu preso da tale Mattia. Mi dipinsero anche come un sagrestano che rubava elemosine! Dissero pure che fui io a essere processato e crocifisso! Stronzate!

Francesco. Hanno detto anche che ti sei impiccato la mattina all’alba del giorno della crocifissione. Santi visionari hanno tuttavia affermato che Gesù ti ha subito perdonato. Tu, Giuda, un mistero! Papa Benedetto XVI così ti ha definito: un mistero. Nessuno ti può condannare, ha detto il Papa. Ti sei pentito e hai riportato le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani, dicendo che avevi tradito sangue innocente. Anche se il tuo gesto è degenerato in autodistruzione, solo Dio può misurare il tuo gesto, e perdonare.

Giuda. Noto con piacere che cominci a darmi ragione. Io fui il primo degli apostoli. Io mio nome è quello di un popolo glorioso. Il mio nome significa il lodato. E sono stato condannato ingiustamente per l’assassinio di Gesù.

Francesco. I vangeli, comunque, dicono che tu hai tradito.

Giuda. Oh, i vangeli! Quali vangeli? Circolavano 500 vangeli nel terzo secolo dopo Cristo, non solo quelli di Luca, Marco, Matteo e Giovanni. E di Giuda, Il vangelo perduto di Giuda Iscariota. Quali vangeli? Oh, che raffinatezze! “‘In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà’. Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: ‘Sono forse io, Signore?’ Ed egli rispose: ‘Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’Uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’Uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!’ Giuda, il traditore, disse: ‘Rabbì, sono forse io?’ Gli rispose: ‘Tu l’hai detto’’’. Un attore. Un grande attore.

Francesco. In un’altra versione, si dice: “Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: ‘In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà’. I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: ‘Di’, chi è colui a cui si riferisce?’ Ed egli, reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: ‘Signore, chi è?’ Rispose allora Gesù: ‘È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò’. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, Satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: ‘Quello che devi fare, fallo al più presto’. Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni, infatti, pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: ‘Compra quello che ci occorre per la festa’, oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri”.

Giuda. Sì, un attore. Un grande attore.

Francesco. Perché, non è vero?

Giuda. La verità è che Gesù chiese a tutti i discepoli di recitare la parte del traditore, ma fui solo io che ebbi il coraggio di andare incontro al suo volere e alla mia rovina! Il tradimento doveva accadere, era un destino. Nell’orto di Getsemani, io lo baciai per troppo amore, non per odio o per tradirlo, o per consegnarlo ai sommi sacerdoti. Oh, sì, egli disse che il traditore era vicino! Lui sapeva tutto, troppo. Vanitoso! Vanaglorioso! Delirio di onnipotenza!

Francesco. Non riesco a seguirti. Non capisco.

Giuda. Adesso capirai. Tutto comincia dall’inizio, dal suo pensiero. Compresi subito che egli era diverso, era il più grande. Lui metteva al centro della storia gli umili. I poveri. Il Discorso della Montagna. Lì comincia la storia del Cristianesimo, lì il Cristianesimo si fa grande. Il più grande discorso della storia, più grande del Sermone di Benares di Buddha. Più grande di tutto il Corano, più grande di tutti i Veda e dell’Induismo. Beati i poveri in spirito, di loro è il Regno dei cieli. Beati gli afflitti, i mansueti, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, beati i perseguitati per causa della giustizia, beati gli affamati e gli assetati. Sì, mi conquistò. Il perdono, l’elemosina, pregare e fare l’elemosina in segreto, amare i propri nemici, la nuova giustizia, non giudicare, la preghiera, l’abbandono alla provvidenza. I veri discepoli. E poi, il Padre! Chi mai prima di lui aveva nominato il Padre? Dio come Padre! Che grandezza! Il disprezzo della ricchezza! Una visione universale, la religione dell’amore. Un rivoluzionario. Sì, compresi subito che era il più grande. Lui guardava oltre i secoli, oltre i millenni. Era il più grande rivoluzionario della storia.

Francesco. Certo che non era facile capirlo: circolavano molti predicatori in quel tempo. Molti falsi profeti.

Giuda. Sì. In quel tempo, in Palestina, circolavano centinaia di predicatori che annunciavano il tempo nuovo, profeti che predicavano la salvezza. Ma lui era diverso. Lui aveva un’energia senza pari, e voleva il sacrificio. Il mio bacio nell’orto di Getsemani, lo ripeto, fu un bacio d’amore.

Francesco. Però lo hai tradito.

Giuda. Avevamo due progetti diversi. Ma non per questo l’ho tradito. Io volevo, come tutti gli Zeloti, una rivolta antiromana. Volevo incendiare l’Oriente utilizzando quel messaggio rivoluzionario, inaudito. Oh, quante sommosse di tipo messianico c’erano allora! La Giudea era un ricettacolo esplosivo di briganti e di ribelli, di carnefici e di assassini che, se governati, avrebbero potuto distruggere l’impero più potente della storia. Ci sarebbe stata una guerriglia senza fine, e il fuoco si sarebbe propagato in tutto l’Oriente. Tutti aspettavano il Messia, il liberatore, tutti erano assetati di giustizia. Si doveva scatenare la rivoluzione più grande della storia. Una scintilla, e dalla Palestina sarebbe esploso un intero mondo. Se si fosse realizzato il mio progetto, la storia del pianeta sarebbe stata diversa. Non ci sarebbe stato l’Islam, e soprattutto l’integralismo islamico, che sta distruggendo la civiltà dell’Occidente.  Perché la nuova religione avrebbe unificato tutto l’Oriente, avrebbe dato un senso alla storia di interi popoli. Le religioni orientali non avrebbero avuto tutto quel fascino in un mondo pacificato, il Buddismo e l’Induismo – che predicavano una salvezza personale egoista e astratta –  sarebbero stati conquistati dal potente forza dell’amore del Cristianesimo. L’Europa avrebbe avuto un mondo di uguali nell’amore. L’amore per l’uomo, per la natura, per gli animali, per tutte le cose create. Sarebbe stato liquidato anche l’Ebraismo più intransigente. Il fanatismo, il monoteismo nazionalista.

Francesco. Responsabile di tutto questo, secondo te, è l’Impero Romano.

Giuda. Sì. La volontà di potenza. L’avidità. Il desiderio di potere e di gloria. Il mito della ricchezza. L’ascesa della borghesia. Il commercio. L’egoismo. Il germe dell’ineguaglianza. Il capitalismo. La lotta per lo spazio vitale. Il razzismo. L’antisemitismo. I fatti mi hanno dato ragione. L’Occidente è alla fine della sua storia, e il Cristianesimo non ha cambiato la società occidentale, e dunque il mondo.

Francesco. Lui invece aveva un progetto diverso.

Giuda. Sì. Lui, invece, diceva di essere Dio. Per realizzare tutto questo, lui non doveva essere Dio, non doveva dichiararsi Dio. Forse lo era, ma non era necessario dirlo, e non era opportuno per conquistare il mondo. Un mondo che non avrebbe mai creduto a un Dio che si fa uomo. Una sfrenata ambizione, voleva diventare il più grande. Lui sapeva di essere un grande, sapeva di essere un genio, e voleva passare alla storia come Dio. Per esserlo, doveva fondare una Chiesa. E perciò dovevano realizzarsi pienamente le Scritture. Della religione più grande, che allora era l’Ebraismo.

Francesco. E perciò era necessario il tradimento.

Giuda. Sì. Peccato. Ha sprecato un’occasione unica. Un messaggio superbo, ineguagliabile. La religione dell’amore. Lui, però, non predicava solamente l’amore, lui amava. Solo lui sapeva amare. Di un amore sconfinato. Di un amore forte, completo, totale. Lui ha amato le donne. Ma nel suo progetto di Dio, non poteva avere figli. Lui sapeva amare e ha amato Maria Maddalena, ma non sopportavo, tuttavia, che si facesse massaggiare da lei con preziosi unguenti, o che si facesse rinfrescare la fronte e i piedi come una donnetta, no. Che sperpero di energie!

Francesco. Questa è la tua verità, Giuda. Non quella del Cristianesimo.

Giuda. È come ti dico. Un uomo così grande non doveva perdere tempo, farsi vedere in giro con adultere e prostitute. Non doveva cedere alla mollezza, bisognava donare di più ai poveri, tutto ai poveri. Fare giungere il suo messaggio di amore e di uguaglianza in tutte le periferie del mondo, in ogni angolo sperduto del pianeta. Non doveva dichiararsi Dio, figlio di Dio. Non doveva diventare Dio.

Francesco.  Insomma, tu volevi farne un rivoluzionario universale.

Giuda. Sì, solo così poteva trovare la sua piena realizzazione il superbo, grandioso, straordinario messaggio rivoluzionario cristiano. Questa è la verità su Gesù e sul Cristianesimo. All’inizio, lui parlava di guerra, “sono venuto a portare la guerra, sono venuto a mettere madre contro figlia, suocera contro nuora” diceva. Parlava di giustizia, di rivoluzione. Che aspettative! Ci credevo. Io volevo accelerare, fare realizzare il suo programma, il suo progetto. Io non volevo che lo condannassero a morte, volevo che si ribellasse. Lui diceva che i tempi non erano maturi. La verità era che voleva diventare Dio.

Francesco. Lo era davvero. Per i cristiani lo è.

Giuda. Forse. Ma non importa: lo vedremo alla fine dei tempi. Io dico che lui voleva fare la stella del cinema, voleva fondare una chiesa, una religione, un’organizzazione gerarchica fondata sul servaggio e sull’obbedienza. No. Doveva fondare, invece,  un’organizzazione di carità, una nuova età dell’amore. Avrebbe evitato secoli di persecuzione, millenni di corruzione. Temevo l’imminente distruzione di Gerusalemme e della Palestina da parte dei Romani. Ero dilaniato dall’amore per lui e dall’avvento di un’Apocalisse. Tu sei il migliore, mi diceva, tu li superi tutti.

Francesco. Eppure non lo hai convinto.

Giuda. No. Alla fine ho ceduto, lui era il più grande. Più grande di me. Ho dovuto cedere perché lo amavo, lo amavo d’un amore sterminato. Ho accettato perché altrimenti lui sarebbe passato alla storia come uno dei tanti falsi profeti e predicatori della Palestina. Lui era un grande, e non lo meritava. Io ho consentito che diventasse Dio. Meglio una grande religione che il fallimento totale. Era il male minore. Meglio una chiesa istituzionalizzata che la distruzione totale del suo progetto. L’Occidente e il mondo civile sarebbero stati devastati e distrutti dalle orde barbariche anarchiche del nord. Sarebbe stato il caos. L’anarchia. Io ho consentito che nascesse la civiltà occidentale.

Francesco. Ed era necessario il tradimento.

Giuda. Sì. Dovevano realizzarsi le Scritture, lui diceva. Lui chiese a tutti i discepoli un traditore. Ma tutti rifiutarono. Ho dovuto farlo io, per troppo amore. Tu sei il migliore, tu li superi tutti, mi diceva. Sarai maledetto per generazioni, ma regnerai su di loro, mi diceva. Ma io ti salverò. Tu sei lo strumento della salvezza. Aiutami a liberarmi di questo corpo terreno, aiutami a entrare nella divinità, gli altri non comprendono chi io sono. Io sono veramente Dio, mi diceva, ma se non si realizzano le scritture nessuno mi accetterà. Il mio spirito deve lasciare il mio corpo terreno. Io ti rivelerò il mio Regno, la mia verità. Ero l’invidia degli altri undici discepoli… Sì, io sono la forza potente della storia. Io ho dato inizio al Cristianesimo, alla civiltà occidentale.

Francesco. Dunque, anche la sua morte era necessaria. Era necessario il tradimento.

Giuda. Sì.

Francesco. Beh, ne valeva la pena, se era un Dio.

Giuda. Non lo so. Io però ho evitato che sprofondasse nella deriva musulmana, che diventasse un semplice maestro Sufi. Ho evitato che fosse solo un maestro dalla condotta virtuosa e compassionevole, un guaritore, un profeta dell’ascetismo che rinunciava al mondo e vivesse fra le rovine abbandonate dei villaggi, un povero che praticava solamente le virtù della pazienza, dell’umiltà, del silenzio. No, lui era un grande.

Francesco. Anche così sarebbe stato un personaggio affascinante.

Giuda. Oh sì, una figura strabiliante! Caritatevole. Misericordiosa. Il profeta dell’anima per eccellenza, che comprende i segreti del cuore che la ragione non afferra. Il profeta solitario che si ciba di ghiande e di piante selvatiche, di frutti e di bacche, che veste un mantello di cammello e ha per letto la terra e per tetto il cielo, per luce il sole e la luna, e come ombra le tenebre! No, a quel punto era meglio che diventasse Dio! Anche se mi chiedo sempre se ne è valsa la pena.

Francesco. Perché? Il tradimento in cambio dell’immortalità. Il più odiato traditore della storia che diventa il più fedele discepolo di Cristo.

Giuda. Non lo sono mai diventato. Io, raffigurato come un ebreo piccolo, basso, coi capelli rossi, mentre gli altri sono ritratti come nordeuropei, biondi, alti, con gli occhi azzurri. Mi hanno dipinto come il capo dei servizi segreti di Ponzio Pilato. Come un mercante che voleva uno scambio di prigionieri. Come un collaborazionista. Oppure come un infiltrato istigato dagli ebrei per seguire Gesù, non per credere ai suoi prodigi o per approvare i suoi discorsi, ma per tradirlo e consegnarlo ai Romani. Pagato due dramme al giorno, come un apostolo chiamato Giovanni che aveva trascorso due anni con Gesù.

Francesco. Però alla fine hai vinto. Canzoni, libri, film, spettacoli teatrali, tutti parlano di te. Manga, fumetti.

Giuda. Sì, sono popolare. Ma io sono sempre rappresentato come un indemoniato che ha tradito Gesù. Lui, invece, come un martire, un’icona. Io ero bello…

Francesco. Bello e maledetto. Il falso malvagio, l’impossibilità della scelta. La parte oscura, misteriosa dell’uomo.

Giuda. Poeta, psicanalista. Sbruffone. Questo tu sei. In verità, lo ripeto, io volevo che lui cambiasse la storia dell’Occidente. Si poteva fare, ma solo allora. Bisognava abbattere l’Impero Romano. Lui aveva la forza, il carisma, tutto, per poterlo fare. Sapevo dove avrebbe portato l’Impero Romano. Al capitalismo, allo sfruttamento, a tutto ciò che vediamo oggi. Bisognava abbattere il potere, non entrare dentro il potere. Come fece Paolo di Tarso. E invece, il Rabbi voleva realizzare la legge e i profeti! Io volevo una società socialista, una società di eguali. Solo dalla Giudea, terra di rivolte, poteva nascere la rivoluzione. Solo lui poteva realizzarla, solo in quel tempo. L’uomo nuovo, questo era lui. E invece no, voleva diventare un Dio! Vanaglorioso! Tutto l’Oriente sarebbe esploso contro Roma! E in Galilea vi erano le basi più forti per l’insurrezione! Il mondo aveva bisogno di un uomo nuovo, aveva bisogno della sua umanità. Solamente io ho compreso la sua grandezza. Solamente io sono penetrato nel suo mistero. Ma non ebbi alternativa, e dovetti accontentarmi di farlo diventare Dio.

Francesco. Eppure quasi tutti pensano che fu San Paolo a lanciare il Cristianesimo su tutto il pianeta. Che fu lui il protagonista del Cristianesimo.

Giuda. Il vero protagonista in quei giorni di Pasqua di duemila anni fa fui io. Fui io che vinsi la morte. Anche se fui vittima, ma non un traditore, di un destino più grande di me. Vittima come lui. Perché anche lui soffrì. Perché Gesù fu soprattutto un uomo, che sperimentò l’ebbrezza della gioia d’amore, ma anche la paura del morire.

Francesco. Sapeva di dover morire.

Giuda. Sì. Sapeva tutto. Ed egli fece tutto alla perfezione.

Francesco. Forse era davvero Dio, non un ciarlatano.

Giuda. Sapeva tutto. Per morire, per farsi crocifiggere. Io lo osservavo intensamente, entravo nella sua mente. Sì, sapeva l’angoscia, il tormento, le torture che lo avrebbero atteso. Ha affrontato l’ignominia di essere condannato come un bestemmiatore, un senza-Dio. Un eretico. Poteva andare anche incontro al fallimento, e quella rabbia, quella ribellione, quella flagellazione, non sarebbero servite a niente. Infangato inutilmente per l’eternità.

Francesco. Già. In fondo era un azzardo.  Chissà che sentimenti avrà provato mentre si avviava alla morte. Un progetto che poteva andare in frantumi, il pensiero che poteva essersi ingannato. Certo sapeva che Pilato lo avrebbe condannato per motivi politici, per non sconvolgere i delicati equilibri politici del tempo, con un uomo che poteva causare tumulti. Aveva cacciato i mercanti dal tempio predicando la grandezza non delle offerte ma di un cuore puro. I sacerdoti non glielo avrebbero perdonato: anche questo lui sapeva, che l’esecuzione capitale era inevitabile.

Giuda. Egli sapeva tutto. C’erano grandi famiglie sacerdotali che traevano benefici e privilegi dal Tempio, dovevano sbarazzarsi di lui, dovevano presentarlo come un antiromano, per non perdere un intero popolo. Fu la mossa geniale per diventare Dio: inimicarsi le autorità giudaiche e romane, inimicarsi le folle che nel Tempio avevano l’unica forma di sostentamento per essere crocifisso.

Francesco. E poi la flagellazione.

Giuda. Fu flagellato con cinghie di cuoio che avevano infissi chiodi e ganci acuminati, frammenti di vetro, osso e metallo: le ferite furono così profonde che quasi uscirono le viscere e le carni si aprirono fino a far vedere le ossa. Fu sputato e beffato, deriso, schernito. Gli misero in testa una corona di sterpi spinosi. Non erano soldati romani, né ebrei: erano uomini reclutati fra i popoli confinanti che disprezzavano gli ebrei. Morì in croce dopo sole tre ore, ma era ormai praticamente morto durante la flagellazione.

Francesco. La croce, la più obbrobriosa delle morti, pena inflitta agli eretici e ai bestemmiatori! Gesù fu inchiodato ai polsi, a mezzogiorno, sotto il sole infuocato. Tutto doveva finire presto, prima della sera. La Pasqua era imminente. La sete, l’emorragia, il respiro affannoso, il dolore tremendo per respirare facendo leva sui chiodi, la morte per asfissia. Le mosche, i tafani, i roditori in agguato sotto la croce, gli uccelli rapaci che volteggiavano in alto. Visto che Gesù sapeva tutto, non poteva scegliersi una morte migliore?

Giuda. L’amore più profondo, per potersi realizzare, richiede la morte più ignominiosa.

Francesco. Anche il tradimento più infamante.

Giuda. Lo ha voluto lui: l’infamia di un tradimento per la gloria. L’ho consegnato alle autorità su sua richiesta. Come sempre, lui fece tutto alla perfezione. Terrorizzò i sommi sacerdoti Anna e Caifa. Gesù divenne molto popolare, fece sì che i sommi sacerdoti temessero che il loro potere venisse meno, che il popolo lo acclamasse come suo re. Sapeva che questo avrebbe irritato i Romani. I sommi sacerdoti temevano di perdere i loro privilegi, l’influenza sul popolo.

Francesco. Per realizzare il suo piano, ha fatto finta di lasciarsi sfuggire di mano la situazione, voleva provocare la repressione dei Romani.

Giuda. Sì. I trenta denari che ricevetti dai Sommi Sacerdoti li distribuii ai poveri. Era tutto scritto. Anche il resto. Pilato, Erode, Caifa, Anna, gli apostoli, Maria Maddalena: poveracci, inconsapevoli attori di una commedia. Ma lui fu il più grande. Oh, come recitava la parte di bestemmiatore e di blasfemo! Di uomo travolto dagli eventi!

Francesco. Anche i miracoli facevano parte della commedia.

Giuda. Tanti predicatori allora facevano miracoli, e ancora mi chiedo se erano davvero miracoli. Ma i miracoli in quel tempo erano necessari, perché la gente non credeva alla salvezza senza i miracoli. L’oriente era uno spazio di solitudine e di deserto in cui era facile coprire con i miracoli la distanza che divideva la terra dal cielo. I taumaturghi avevano buon gioco, era un tempo visionario.

Francesco. Ma Gesù era diverso. Lui ha predicato il Verbo, è stato crocifisso ed è risorto.

Giuda. La risurrezione per me è ancora un mistero. Ma per come si è comportato, forse avrebbe meritato che io gli rovinassi le sue ambizioni, il suo desiderio di gloria.

Francesco. Perché, che cosa non ha fatto?

Giuda. Non è stato ai patti: non ha fatto nulla per cancellare dalla storia il marchio dell’infamia e del tradimento. Io ero il suo discepolo prediletto. Lui mi aveva accettato come erudito, traduttore di testi greci e latini in ebraico e in aramaico, ero il suo intellettuale. In mezzo a tanti ignoranti.

Francesco.  E anche codardi. Diffidenti. Nessuno accettò di tradirlo. Così tu dici.

Giuda. Sì. I veri traditori furono gli altri che, timorosi e infingardi, si nascosero dopo la crocifissione e non credettero alla risurrezione di Gesù. Non credettero al tradimento, affinché si realizzassero le Sacre Scritture.

Francesco. E tu dovevi necessariamente impiccarti.

Giuda. No. In realtà, era necessario il tradimento, non la morte. Io m’impiccai per il rimorso di avere fatto comunque crocifiggere un uomo grande e innocente. Volevo pagare con la mia vita una personale ricerca di perdono. L’invocazione della misericordia divina. Perché, anche in quel tempo, soprattutto in quel tempo, fui solo, e non credetti all’avverarsi delle Sacre Scritture, e dubitai che potesse risorgere, dubitai anch’io che fosse Dio.

Francesco. Che cosa avrebbe dovuto fare per riabilitarti? Tornare di nuovo sulla terra? Anticipare il giorno del Giudizio? Apparire a dei pastorelli e dire loro della necessità del tradimento?

Giuda. Non so. Io so solo che vago alla deriva della storia, senza meta. E non so se meriterò l’inferno o il paradiso. Chi mi accoglierà? Che cosa avrò meritato? Sono solo e lui non si fa sentire. Io voglio un destino.

Francesco. In effetti, tanti hanno scritto sulla tua tragedia, ma la soluzione non è semplice. Io penso che, se il tuo tradimento era necessario nella storia della salvezza, tu non meriti l’inferno.

Giuda. Sì. Se io non potevo governare il mio tradimento, allora la mia punizione non è meritata, e se Gesù poteva prevedere il mio tradimento, allora io non ero dotato di libero arbitrio e dunque non potevo evitare il tradimento. Anzi, non ero nemmeno un uomo.

Francesco. Non sarebbe nemmeno giusto che, se lui ha sofferto solo sulla croce, tu soffrissi per l’eternità nell’inferno. Soffriresti per i peccati dell’umanità molto più di Gesù.

Giuda. Io merito il paradiso. Se lui è davvero Dio, Giuda Iscariota è stato decisivo nella storia della salvezza. Io sono il destino del mondo.

Francesco. Ma chi era veramente Gesù?

Giuda. E tu crederesti alla verità di Giuda Iscariota?

Francesco. Perché no? Racconta la tua verità.

Giuda. È stato l’uomo più grande della storia. Lui era più grande di Buddha, di Maometto, più grande di ogni altro. Era un ebreo di straordinaria bellezza, con occhi profondi e capelli neri. Nacque il 18 aprile del 7 avanti l’era che porta il suo nome. Fu crocifisso il 14 Nisan, cioè il tre aprile del 33 di quest’era, sotto Ponzio Pilato. Ebbe fratelli e sorelle, ma non so con precisione quanti. Suo padre era un falegname agiato, ma lui visse tra artigiani e contadini, fra pastori e pescatori.

Francesco. Però ebbe grande cultura e frequentò assiduamente la sinagoga e i sacerdoti, così la tradizione.

Giuda. Sì. Fu fedele alla Torah e alla Legge, ma conobbe anche molti uomini di cultura greci, siriaci, orientali. Fu vicino agli Esseni, dai quali apprese l’arte della guarigione. Dagli Esseni prese anche la pratica delle chiome intonse, meditò per lunghi periodi in solitudine nelle campagne della Galilea fra pastori e pescatori. Seguì per qualche tempo l’esseno Giovanni il Battista, dal quale fu avviato all’attività pubblica. Per lungo tempo visse nell’ambiente esseno, ne assunse comportamenti, atteggiamenti e abitudini, come quelle di consumare i pasti in comune, che avevano un alto contenuto simbolico, la confessione dei peccati, il bagno e il battesimo di purificazione, gesti rituali e pratiche di meditazione, il digiuno, ma non talune altre pratiche del nazireato come l’astinenza e la castità.  Condusse vita monastica per qualche anno, eseguendo come gli Esseni lavori agricoli e artigianali al mattino e trascrivendo e commentando testi biblici nella seconda parte della giornata. Dagli Esseni apprese pratiche di medicina empirica per ridare la vista a chi fosse stato colpito da cateratta, pratiche occulte per l’affinamento di capacità medianiche, lo spiritismo che seppe esercitare in modo eccezionale. Dopo, cominciò la predicazione.

Francesco. Mah, quanti misteri! Hai detto che iniziò come guaritore.

Giuda. Sì. Iniziò la sua attività pubblica proprio come taumaturgo e guaritore.  Guariva isterici, epilettici, persone colpite da allucinazioni, che agli occhi di un popolo ignorante sembravano indemoniati. Guariva anche cateratte, congiuntiviti, infiammazioni di nervo ottico, intorbidamento della vista, dissenteria, febbri malariche, eruzioni cutanee, lebbra, malattie molto comuni all’epoca in Palestina. Guariva, come ti ho detto, con tecniche essene, e possedeva soprattutto un particolare carisma, una notevole forza di suggestione. Come gli Esseni, disprezzava profondamente la classe dirigente ebraica e la sua collusione col mondo pagano. Disprezzava anche i Romani, e condivideva il malcontento delle masse popolari per la perduta libertà, per il rilassamento dei costumi e della fede in Dio. Condivideva con il popolo l’attesa messianica di una discendenza davidica che avrebbe riportato il paese alla sua antica dignità, le aspettative escatologiche di un radicale cambiamento e di rinnovamento spirituale. Ma cedette al compromesso coi Romani per l’ambizione di diventare Dio.

Francesco. Già. Lo hai detto che fu un’occasione mancata. Che avrebbe potuto realizzare una rivoluzione universale.

Giuda. Sì. Gesù – nel periodo della maturità – superò molti limiti dell’Essenismo, non ultimo l’esigenza di una vita monastica. Contrariamente agli Esseni, portò tra le folle la sua parola rivoluzionaria e rinnovatrice della società. Non si sposò ma – come ti ho già detto – amò ed ebbe compagne, e tra queste un posto speciale ebbe Maria Maddalena, in un tempo in cui il matrimonio era un dovere sociale, e per un maestro e un rabbi era senz’altro disdicevole essere celibe e non procreare.

Francesco.  Che cosa c’era al centro del suo pensiero?

Giuda. Al centro del suo pensiero, nella sua fase matura, era un progetto di religione universalistica fondata sull’amore, sulla pace, sulla fratellanza, sulla non violenza, sul perdono, sull’uguaglianza sociale ed economica, sulla liberazione degli schiavi, sulla fede in un mondo ultraterreno dove i giusti sarebbero stati premiati. Sul piano ideologico, inoltre, rifiutava la proprietà privata e propugnava una società in cui i beni e i frutti del lavoro fossero messi in comune, in cui fosse bandito il superfluo. Era contro la superficialità dei riti esteriori, era per una vita severa e austera, predicava la purezza morale dei suoi seguaci conseguita anche attraverso periodi di vita ascetica e solitaria, la concordia e il confronto con le altre fedi – da questo punto di vista fu il più internazionalista dei grandi maestri spirituali. Era, infine, contro ogni gerarchia e per una Chiesa umile e povera, in movimento, al servizio della società ma anche attiva, fondatrice della storia. Questa è la verità, questo il genio del Cristianesimo originale: l’universalismo, la grande capacità di adattamento, di penetrare nel cuore di tutti gli uomini. Egli non si qualificò mai come figlio di Dio, come il Dio incarnato, ma fece tutto perché lo credessero Dio. Si presentò al mondo come profeta e maestro di giustizia che veniva ad annunciare la punizione degli empi e il premio dei giusti,  maestro delle genti di cui Dio si serviva per annunciare la sua parola in quel tempo, ma seminò il germe della divinità.

Francesco. Insomma, l’uomo ideale per una grande rivoluzione. Che non doveva diventare Dio.

Giuda. L’hai detto. Era un pensiero altissimo ma astratto, che doveva essere coronato da una grande rivoluzione. E invece ha voluto fondare una Chiesa. Ha voluto diventare Dio. Peccato! I suoi primi seguaci non compresero la potenza e l’originalità del suo messaggio, né meritarono la sua grandezza.

Francesco. Solo tu l’hai meritata, Giuda.

Giuda. Sì. Sono stato soprattutto io a renderlo grande. Io l’ho fatto diventare Dio. Senza di me, senza il tradimento, il Cristianesimo sarebbe stato spazzato via dalla storia. Lui sapeva tutto, fece tutto in modo perfetto. Lo riconosco: un piano formidabile. I suoi seguaci, in un primo tempo, videro in lui colui che adempiva le scritture ebraiche, il Messia del popolo ebraico; in un secondo tempo, per i primi anni coincidente col primo, egli divenne il figlio di Dio e Dio fatto uomo. E questo era scritto. In quest’ultima fase, furono inseriti i miracoli, l’ascensione al Cielo, la nascita verginale, la divinità, e tutto l’apparato dogmatico e ideologico che ancora oggi fa parte del Cristianesimo moderno. Il Cristianesimo moderno è quello fondato da Paolo di Tarso, che fu avversato dalla scuola di Gerusalemme di Giacomo il Giusto, fratello di Gesù.

Francesco. Che voleva ancorare il messaggio di Gesù all’Ebraismo: una scelta perdente, marginale.

Giuda. Sì. Paolo di Tarso, invece, utilizzò certamente idee filosofiche greche e miti orientali e non sempre raffinati innesti della mitologia pagana e della tradizione profetica dell’Antico Testamento, affinché il Cristianesimo non fosse liquidato come un’oscura e minoritaria setta ebraica. In questo senso, la sua fu un’operazione vincente. Ma era tutto scritto, tutto inesorabile. La dottrina paolina conferì all’attività di Gesù e al Cristianesimo una funzione salvifica universale superiore a quella etnico-sociale predicata dai discepoli e dai primi apostoli. Il messaggio originario di Gesù era troppo radicale, senza la mediazione paolina avrebbe incontrato molte più difficoltà ad affermarsi. Ma anche questo lui sapeva, anche questo lui voleva. Peccato, però, che ha voluto fondare una Chiesa.

Francesco. Se sapeva tutto questo, forse era davvero Dio.

Giuda. Io so solo che, se non ci fosse stato il tradimento, lui non sarebbe diventato Dio, il mondo avrebbe ignorato Gesù. Chi si sarebbe occupato di un oscuro predicatore nato in uno sperduto villaggio della Galilea, vissuto tra povera gente, tra pastori e pescatori, ed ebrei disprezzati e vilipesi; un predicatore dalla breve e insignificante carriera, stroncata da un banale intervento dell’autorità romana, un uomo che predicava un insegnamento astratto, che non avrebbe trattenuto l’attenzione di nessuno storico del secolo, se anche per caso l’avesse per un solo momento destato? Una dottrina senza un destino, se non fosse stata dirottata verso una rivoluzione universale o verso la divinità. Era Dio, tu dici? Vedremo. Io, comunque, non ho paure dell’inferno: mi sono pentito di avere tradito sangue innocente, e ho riportato le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani. Ma intanto continuo ancora a vagare senza pace nell’inferno del mondo.

*Da Dialoghi coi morti, Lulu, 2013, New York

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Molte dubbie le affermazioni di Giuda. Perché questo articolo?