Cultura purissima tra Made in Germany e Made in Italy!
di Sergio Caldarella
–
MERI PRODOTTI DELLA PIÙ BASSA INDUSTRIA CULTURALE RINCORRONO IL LETTORE DISTRATTO O ALLA MODA
La nostra epoca è così irrazionale, oscura ed abbandonata a se stessa proprio perché le sedi del sapere sono state ormai saldamente occupate dai becchini della cultura. Nell’epoca contemporanea la differenza, ed a volte la distanza, tra individui diventa allora, da subito, tra quelli che si accorgono di questo innaturale paradosso ed i panglossiani che sopravvivono in questo tempo infausto come se fosse il migliore dei mondi possibili.
Domenica 25 giugno 2023, a Francoforte sul Meno, è stata messa in scena, tra le proteste, l’ennesima puntata di un premio ispirato a Ludwig-Börne assegnato, in quest’occasione, all’attuale ministro dell’economia e vicecancelliere tedesco Robert Habeck. Il premio è una creazione del banchiere Michael Gotthelf il quale, nel 1993, insieme ad un gruppetto di anonimi, hanno deciso di dar vita a questo conferimento. Dal ‘93 ad oggi il Ludwig-Börne-Preis, con una dotazione di 20.000 Euro, è stato assegnato a personaggi in larga parte appartenenti all’industria culturale di lingua tedesca, da Peter Sloterdijk (2013), una delle coccolate stelline di questo panorama, fino alla recente nomina del 25 giugno.
Non mancano, all’elenco dei vincitori del premio, altri soggetti discutibili quali Götz Aly (2012) il quale, da sedicente storico della Germania nel III Reich, dal 2020 ha sostenuto, con entusiasmo, ogni decisione antidemocratica del governo tedesco durante la pandemenza, arrivando a dichiarazioni iperboliche e prive di senso del tipo: “L’estremismo di coloro che protestano contro le misure di protezione contro il Corona mette in pericolo la nostra democrazia” (Stuttgarter Zeitung, 24 maggio 2021). Oppure: “I vaccinati possono andare in crociera mentre i non vaccinati devono rimanere a terra? Certo, dice Götz Aly” (Deutschlandfunk Kultur, 4 febbraio 2021).
Questi sono gli storici eminentissimi che l’industria culturale propone a più non posso. Il fatto più strabiliante e rivelatorio sul miserrimo stato culturale della società contemporanea è che proprio un personaggio come questo signor Götz Aly venga paradossalmente presentato come uno storico del periodo nazionalsocialista! Se magari fosse stato uno storico del movimento dei Motekallamin sarebbe stato possibile giustificare la sua assurda mancanza di esperienza sullo Stato moderno e le politiche di appropriazione totalitaria, ma per essere uno che si occupa di storia recente pare un po’ strano, o manchevole, che si lanci, senza alcun dubbio, dalla parte di quelli che hanno sospeso le libertà costituzionali in nome di una presunta emergenza sanitaria. A quali e quanti paradossi costringe la nostra misera epoca.
Non è comunque la prima volta che il Götz si erge a paladino di verità ufficiali, mettendosi anche in ridicolo: già una volta è cascato in trappola quando, dopo il noto caso di plagio del ministro della difesa tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg (CSU), nel 2011, in cui il giurista, a causa di scopiazzature scoperte nella dissertazione di dottorato, dovette rinunciare al titolo accademico. Il Götz si fece immediatamente paladino di un’altisonante campagna antiplagio. Peccato che, come conferma un saggio dal titolo “La discutibile promozione di Götz Aly”, pubblicato sulla rivista Cicero, “il [dotto] dottore che oggi vuole stabilire degli standard ha scritto lui stesso una tesi discutibile.” (https://www.cicero.de/innenpolitik/die-fragwuerdige-promotion-des-goetz-aly/52271). Chiaramente un soggetto di tal genere, tanto quanto il nostrano Umberto Galimberti ed i suoi plagi che rasentano ormai il ridicolo ed il grottesco (https://www.ilgiornale.it/news/accuse-plagio-galimberti-verso-guinness-dei-primati.html), non può che venire premiato ed applaudito dall’industria culturale.
Pensiamo solo che in Italia il Galimberti pubblica da tutte le parti e viene portato come un fiore all’occhiello nelle televisioni di ogni tipo – è stato più volte intervistato persino da TV2000 come ospite della trasmissione “Soul” e “in dialogo con Don Marco”… Cose che, oggettivamente, non dovrebbero accadere, perché non si può portare quale esempio uno che, scopiazzando a destra e a manca, si attribuisce meriti e capacità intellettuali che non gli appartengono. Non pare proprio un modello da emulare. Tutt’al più, com’è già avvenuto, potrebbe essere indicato come un soggetto da perseguire legalmente.
Il Ludwig-Börne-Preis è, in questo contesto di sovversione della realtà e dei contenuti culturali, uno tra i premietti politici che si ammantano con i drappi e le toghe della cultura, mentre in realtà la svuotano proprio dall’interno. È evidente, per chi abbia conservato anche un minimo di buonsenso, che il merito attraverso cui un individuo come questo signor Habeck può arrivare a ricevere un premio letterario è unicamente politico e non ha nulla di culturale. I testi pubblicati da costui, un po’ come i libri di Roberto Speranza o quelli di Orietta Berti, non sono neppure degni di menzione, meri prodotti della più bassa industria culturale che rincorrono il lettore distratto o alla moda. Di recente Habeck sta anche provando a farsi una reputazione un po’ più seria passando, tanto per darsi un tono, da titoli come Padri confusi. Oppure: Quando un uomo è un uomo, alla prefazione, sicuramente non necessaria e fuorviante, al romanzo 1984 di George Orwell. Un altro tra i tanti sfregi che l’industria culturale impone al grande autore inglese.
La borghesia medio alta raccolta ad applaudire il politico nella Paulskirche di Francoforte, il luogo in cui nacque la democrazia in Germania (altro sfregio), ha sentore di tutto questo, ma applaude perché applaudire i potenti, qualunque cosa questi facciano o qualunque cosa questi siano, fa parte dell’essere “classe dominante”. In un’osservazione scritta nel lontano 1944, George Orwell ammoniva: “Ricordate che la disonestà e la codardia devono sempre essere pagate. Non pensate che per anni e anni possiate diventare i propagandisti leccapiedi del regime sovietico, o di qualsiasi altro regime e, poi, improvvisamente tornare alla decenza mentale”. C’è da chiedersi se, nel clima di radicale corruzione spirituale e intellettuale della nostra epoca, vi siano ancora alcuni, tra coloro i quali fanno parte dei vari apparati di amministrazione, controllo e disinformazione, che conservano una vaga considerazione, anche minima, per quella che Orwell chiama “mental decency”.
Il vero problema dietro questi scempi è che, oggi come ieri, basta aver scalato, in un modo o nell’altro, le vette della politica o dei poteri dominanti, per poter fare quello che si vuole a dispetto delle qualificazioni, della giustizia e della decenza più elementare.
A questa gente che siede su scranni ed alte poltrone sembra che tutto sia consentito anche in barba ai principi di legalità, uguaglianza e moralità sbandierati, dagli stessi, con indecente prosopopea. La nomina di Luigi Di Maio quale inviato UE per il Golfo Persico è, ad esempio, appena l’ennesimo insulto in una serie fin troppo lunga.
Joschka Fischer, uno che era a sua volta stato Ministro degli esteri e vicecancelliere tedesco, senza neppure un diploma di scuola media superiore, venne nominato per insegnare all’università di Princeton! Jacinda Ardern, già primo ministro neozelandese, è stata nominata ad Harvard con un semplice baccalaureato. L’ex cancelliera Merkel ha collezionato un impressionante elenco di lauree honoris causa tale da esser preceduta solo dal vecchio leader sovietico Leonid Brežnev il quale aveva anch’egli una predilezione smodata per questi riconoscimenti.
A sua volta Anthony Fauci, invece di finire dietro le sbarre, riceve una laurea honoris causa dall’università di Siena (la stessa università del caso Emanuele Castrucci – “ex docente all’ateneo di Filosofia del diritto, rinviato a giudizio a La Spezia per istigazione all’odio razziale” per un Tweet “filo Hitler” https://www.lanazione.it/siena/cronaca/castrucci-tweet-nazismo-1.4916901) e viene acclamato presso l’Accademia Nazionale dei Lincei che, forse, dopo quest’atto di umiliante servilismo, dovremmo tornare a chiamare “Reale Accademia d’Italia”.
Come si diceva la lista è lunga, ma già questi pochi esempi evidenziano la patetica cortigianeria e le gravissime connivenze tra mondo accademico e potere politico. Il problema vero e grande dietro tutto questo è che la popolazione, rispetto a questi problemi fondamentali che non percepisce né più concepisce, è tanto ignara quanto disinteressata. È chiaro che l’industria culturale, con le sue narrative e falsificazioni continue, serve proprio ad inebetire ed anestetizzare le menti e vi riesce con un’efficienza capace di intimorire.
Non abbiamo più delle autorità morali per ridestare la società da questo torpore e disfacimento culturale anche perché non vogliamo averle: che ne è, ormai, di quelle grandi anime che hanno illuminato le strade della nostra povera specie? Ma davvero non si capisce che ogni qualvolta si applaude la mediocrità, la nullità ed il mero potere, si rinnega ed oblitera, al tempo stesso, la vera grandezza? L’Ecclesiaste ammonisce perfettamente anche su questo: “Le parole dei saggi si ascoltano meglio delle grida di chi domina fra gli stolti.”
È allora evidente che tra le rovine intellettuali del XXI secolo le quali sono, primariamente, come delle croci piantate nella vita e nelle anime della gente distratta ed assopita, non si possono che premiare e portare ad esempio soltanto gli stolti ed i cattivi maestri perché non si può più chiedere, ad un’epoca cieca, di levare gli occhi in alto e guardare (Isaia).