La marcia verso Mosca: un atto dimostrativo che rafforza Putin
di Pietro Licciardi
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L’ANALISTA MIRKO MUSSETTI, DI LIMES, DELINEA ALCUNI SCENARI DOPO IL COLPO DI SCENA RUSSO DI SABATO
Il colpo di scena avvenuto sabato 24 Giugno della tentata marcia su Mosca del capo della milizia mercenaria Wagnegr, Evgenij Prigožin, secondo l’analista di geopolitica e collaboratore di Limes, Mirko Mussetti, apre diversi scenari anche piuttosto contrastanti tra loro.
La rivalità tra Prigožin, il ministro della difesa della Federazione russa, Sergei Shoigu, e il capo di stato maggiore generale, Valerij Vasil’evič Gerasimov, era arrivata al limite, soprattutto dopo il ritiro dei wagneriti dal fronte, i quali più di ogni altro reparto hanno sostenuto lo sforzo bellico in Ucraina dopo il fallito blitz su Kiev del Febbraio 2022.
Occupando Rostov, che è il principale centro di smistamento logistico dell’esercito russo per le truppe in Ucraina Prigožin avrebbe voluto lanciare un segnale preciso: senza di me la guerra non va a vanti.
Tuttavia, sempre secondo Mussetti, il comandante della Wagner non ha voluto percorrere fino in fondo la strada dell’ammutinamento evitando combattimenti nell’occupare la città, incontrando il vice ministro della difesa Yunus-Bek Yevkurov, il vice capo di stato maggiore Vladimir Alexeyev e fermando la sua “Marcia per la giustizia” come l’ha definita, prima di arrivare a Mosca limitandosi ad una forte azione dimostrativa.
Per l’analista di Limes però il fatto più degno di nota sarebbe l’«assordante silenzio» di Gerasimov e Shoigu, accompagnato dal fatto che nessuna altra unità militare ha partecipato all’ammutinamento. La forte reazione di Putin, che ha minacciato pesanti ritorsioni contro chiunque avesse “tradito” Mosca probabilmente ha consigliato tutti gli eventuali oppositori dell’attuale premier a chinare il capo per non incorrere in una purga utile a liberare il campo da ogni altro possibile “traditore”.
Paradossalmente quindi il ruolo di Vladimr Putina appare rafforzato e non è escluso che nelle prossime elezioni che si terranno a Settembre per il rinnovo dei governatori nelle Repubbliche della federazione e negli oblast ucraini occupati, a presentarsi saranno solo uomini fedeli all’attuale capo del Cremlino poiché ben pochi potrebbero avere il coraggio di presentarsi come oppositori, considerato l’attuale clima. Per lo stesso motivo Putin nel 2024 potrebbe anche ottenere un altro mandato presidenziale.
Resta da vedere quale sorte toccherà a Evgenij Prigožin. E’ probabile che l’aver messo da parte i mercenari della Wagner voglia significare che i russi hanno intenzione di congelare un conflitto costoso che non sta portando da nessuna parte; un modo per dire; ci accontentiamo di quello che abbiamo, senza buttare altre risorse nel calderone della guerra. Cosa che è andata giù male ad un falco come l’oligarca Prigožin, il quale si è sentito evidentemente prima usato e poi abbandonato senza neppure un “grazie” dopo il sangue versato dai suoi uomini – che probabilmente andrebbe giù anche peggio ai probabili antagonisti di Putin, il quale, contrariamente a come è normalmente dipinto dai media occidentali, non è affatto un kamikaze in politica internazionale.
Mirko Mussetti ricorda infatti che fu lui a tenere a bada il partito russo della guerra dal 2015 e a cercare di non far degenerare la situazione in Siria.
Putin appare tuttavia stanco e affaticato ma non vuole che a prendere le redini del potere in Russia sia qualcuno molto più oltranzista di lui, disposto perfino ad usare l’atomica pur di vincere in Ucraina. D’altra parte egli sa anche che bene o male sarà ricordato nei libri di storia e non vuole che si parli di lui come colui che ha perso una guerra e magari portato la Federazione alla dissoluzione. Ancora Mussetti ricorda che nella storia russa ad ogni grave sconfitta militare ha corrisposto una devastante crisi nazionale.
Ma oggi, a differenza del passato, la Russia ha migliaia di testate nucleari disperse in tutta la nazione che domani potrebbero finire in mano, in uno scenario da incubo, a decine di repubbliche di cui neppure conosciamo in nome.
Per questo la Russia non mollerà mai le parti dell’Ucraina conquistate a caro prezzo e men che meno la Crimea, abitata non da russofoni ma da persone di etnia russa e solo da una esigua minoranza di ucraini. Un fatto di cui sia gli ucraini che l’Occidente dovrebbero prima o poi prendere atto.
Tornando a Prigožin e alla Wagmer questi probabilmente ha accettato di fermarsi in cambio di qualcosa. Forse resterà esiliato in Bielorussia per addestrare gruppi paramilitari in quel paese e reprimere l’opposizione finanziata da Kiev al traballante presidente Aljaksandr Lukašėnka, o forse continuerà a tutelare i suoi e gli interessi russi in Africa con i suoi mercenari: In ogni caso non sembra finito, anche se, avverte Mussetti, da oggi dovrà state molto attento a non sporgersi troppo dalle finestre o bere del tè da solo.