La Conversione e l’agire cristiano
di Giuseppe Lubrino
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METÁNOIA È IL TERMINE GRECO UTILIZZATO NEL NUOVO TESTAMENTO PER INDICARE COLORO CHE ACCOLGONO IL MESSAGGIO E LA PERSONA DI GESÙ NELLA LORO VITA
Il noto filosofo campano Aniello Montano (1941-2015) affermava che, l’uomo contemporaneo non riesce più a risolvere i suoi problemi di carattere esistenziale perché per dedicarsi alle questioni della terra, ha finito con il limitare e mutilare le sue prospettive confinando così i suoi orizzonti gnoseologici. L’uomo antico, invece, riusciva benissimo a risolvere i suoi problemi perché osava levare il suo sguardo verso il cielo. Ciò facendo egli era capace di ricercare una soluzione credibile ai grandi interrogativi inerenti il senso della vita. Tale paradosso risulta assai appropriato per descrivere l’attuale contesto socio-culturale odierno. Recuperare la dimensione trascendente dell’esistenza è l’appello incessante che la Chiesa rivolge da secoli all’umanità intera. Ciò nonostante le sue mancanze e le sue contraddizioni storiche. L’invito alla conversione è un elemento caratterizzante l’insegnamento di Gesù e degli Apostoli. Tale invito, inoltre, esprime e descrive anche l’ansia missionaria delle prime comunità cristiane e della Chiesa nel corso dei secoli. Che cos’è la conversione?
Metánoia è il termine greco utilizzato nel Nuovo Testamento per indicare coloro che accolgono il messaggio e la persona di Gesù nella loro vita. Tale termine significa conversione, e indica un cambiamento di mentalità che investe tutte le dimensioni della persona umana in quanto tale.
La conversione alla fede cristiana comporta, per i credenti, una trasformazione della loro sfera intellettivo-cognitiva, emotiva-affettiva e sociale-pratica. Il Vangelo cambia radicalmente il modo di essere, di pensare e di agire dei discepoli sia a livello interiore e intimo, sia a livello esteriore e sociale. In tale contesto l’aretè ˗ la virtù ˗ gioca un ruolo fondamentale poiché rende l’agire morale conforme ai principi e ai valori di riferimento del processo di conversione.
Gustave Bardy (1881-1955) noto studioso di patrologia, nella sua opera La conversione al Cristianesimo nei primi secoli, si propone di rintracciare, in maniera oggettiva, le dinamiche essenziali del processo di conversione alla fede cristiana. La conversione cristiana è un processo temibile, ha una pretesa totalizzante e investe tutte le dimensioni dell’umano.
I convertiti, ricevuto il Battesimo, si impegnano a rispettare determinate esigenze: rinunciare in maniera risoluta e definitiva al passato, aderire a verità di fede misteriose, praticare una morale austera e scevra dalla pratica del male.
Bardy pone in evidenza il primo effetto della conversione e del Battesimo, che è una ‘morte’ alla vita precedente e una rinascita alla vita nuova della grazia. Tale tesi è il cuore del Nuovo Testamento e, in particolar modo, della Teologia Paolina. A sostegno di ciò egli cita diversi brani, ma per comodità ne riporto solo alcuni:
Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. (Ef 2,4-7).
Nel Cristianesimo antico, dunque, era molto forte l’idea che dopo aver intrapreso il cammino di conversione bisognava dare un ‘taglio’ netto con la vita precedente. Molti scrittori cristiani dei primi secoli hanno messo ciò in risalto paragonando i neofiti ai bambini. Tale itinerario di conversione, comportava, come prima conseguenza, il rinnegamento degli idoli e l’attaccamento alla figura di Gesù, Maestro divino (Gustave Brady, La Conversione al Cristianesimo nei primi secoli, Jacabook Edizioni, pp.165-166).
Dopodiché, il candidato ai sacramenti dell’iniziazione cristiana era tenuto a rendere una professione di fede pubblica e ciò comportava l’adesione totale della sua persona alle seguenti verità: Unità e Trinità di Dio, Dio Padre e creatore del cielo e della terra. La creazione per il cristianesimo è un atto libero di Dio, è un’opera che Egli trae dal nulla ed è frutto esclusivo della sua bontà. Oltre ciò, occorre professare Gesù Cristo Signore e Salvatore dell’umanità, Figlio di Dio uguale al Padre. Gesù vero Uomo e vero Dio, per opera dello Spirito Santo nato da Maria Vergine. Il destino ultimo dell’uomo dipende dalla misura in cui egli accoglie, vive e professa tali verità di fede. Esse costituiscono per lui una caparra per la vita eterna. È chiaro che accogliere, vivere e professare tali verità comporta per i credenti l’esercizio costante delle virtù in quanto l’itinerario di conversione traccia per i credenti un vero e proprio percorso di santità. Le esigenze della conversione cristiana, dunque, si consolidano a partire da tre elementi: rinuncia della vita precedente, acquisizione della conoscenza della fede con le sue verità (dogmi), pratica delle virtù per conseguire la santità di vita (G. Brady, op.cit. pp.174-210).
In tale circostanza, la virtù contribuisce a rendere l’uomo ciò che deve essere in relazione agli insegnamenti del Verbo incarnato.
La conversione ha luogo nel cuore dell’essere umano dopo che ha ascoltato e accolto il messaggio di amore del Vangelo. Con la pratica delle virtù, l’uomo aveva così l’opportunità di modellare il proprio io per renderlo affine ai principi evangelici: quelli di gratuità, compassione, gratitudine, umiltà, mansuetudine, giustizia e solidarietà. Questi principi costituiscono la meta verso cui le virtù conducono coloro che, liberamente scelgono di aderire alla proposta di vita cristiana. Il discorso della montagna riportato dal vangelo secondo Matteo costituisce la carta d’identità per coloro che aspirano al discepolato cristiano:
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. (Mt 5,1-12).
Accogliere e aderire alla proposta di vita fatta dal vangelo comporta uno “sforzo” da parte di coloro che intendono diventare discepoli. Tale “sforzo” si traduce nella buona battaglia per la fede: Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. (Ef 6,10-17).
Decidersi per il vangelo significa cambiare il proprio modo di pensare, valutare e agire. È evidente che tale scelta impegna la vita intera dal momento che si sceglie di diventare cristiani ma non si termina mai più di esserlo. La conversione è intimamente connessa alla tematica dell’agire etico dei cristiani poiché quest’ultimo né sancisce la veridicità e la validità. Se si sceglie di accogliere gli insegnamenti del vangelo occorre, in qualche modo, applicarli nel proprio vissuto quotidiano. Ciò ,nonostante i limiti e le imperfezioni umane che tale scelta di vita comporta. Riscoprire la bellezza di ammirare il cielo e cercare dalla realtà trascendente soluzioni ai problemi che esistono nel mondo non significa affatto vivere una fede disincarnata. Significa, invece, riconoscere il senso dell’Incarnazione del Verbo (Cf. Gv 1,14), dal momento che Gesù ha parlato del “Regno dei cieli” e invita nel “qui ed ora” da storia ad agire secondo i criteri e i principi del Regno così da rendere il mondo un posto migliore.