Anche le Hawaii confermano: aprire al suicidio assistito provoca rapide “escalation”
di Angelica La Rosa
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CINQUE ANNI DOPO AVER LEGALIZZATO IL SUICIDIO ASSISTITO, LE HAWAII (USA) HANNO RIDOTTO DRASTICAMENTE IL PERIODO DI ATTESA PER I FARMACI LETALI
Cinque anni dopo aver legalizzato il suicidio assistito, le Hawaii (USA) hanno ridotto drasticamente il periodo di attesa per i farmaci letali, che ora scende a cinque giorni.
Secondo la legge precedente, le persone che volevano porre fine alla propria vita dovevano chiedere verbalmente al proprio medico di prescrivere un farmaco letale a distanza di 20 giorni.
Adesso il governatore democratico dello stato, Josh Green, che è un oncologo in pensione, ha firmato una legge che riduce tale periodo del 75%, come detto a soli cinque giorni.
La nuova legge consente, inoltre, ai medici di rinunciare completamente a tale periodo se un paziente è malato terminale e si prevede che muoia entro cinque giorni.
“Due dei più grandi sistemi sanitari delle Hawaii hanno scoperto che un numero significativo di pazienti idonei esaurisce il tempo durante il loro periodo di attesa”, ha affermato l’organizzazione per il “diritto alla morte” Compassion & Choices a sostegno della riduzione di tali attese.
Nel 2018, le Hawaii sono diventate il sesto stato degli Stati Uniti a consentire il suicidio assistito dal medico, con una legge che impone di elencare sui certificati di morte la causa della morte dei pazienti come la loro malattia terminale sottostante piuttosto che i farmaci che hanno preso per porre fine alla vita.
Da allora, il numero totale di Stati che consentono il suicidio assistito è salito a undici.
“Legiferare e sancire l’idea che accelereremo la tua morte di proposito non è ciò che significa la medicina, non è ciò che significa la nostra professione di persone che cercano di guarire, ed è emblematico di ciò che sta accadendo nella nostra società in tutti gli aspetti. È uno sviluppo terribile che gli stati legiferino sui diritti e pensino di avere il potere di agire come Dio e creare e accelerare la morte di un paziente”, ha affermato il medico curante Jeff Barke.
Nel frattempo, il governo Biden ha proposto di revocare i regolamenti federali che stabiliscono protezioni di coscienza per i professionisti che non vogliono praticare “l’aborto, la sterilizzazione e altri determinati servizi sanitari come il suicidio assistito, l’eutanasia ecc.” e che fanno parte di organizzazioni di assistenza che sollevano obiezioni morali o religiose alla consulenza o al rinvio per determinati servizi.