Crollo della diga di Kakhovka: nessun pericolo per la centrale atomica
di Pietro Licciardi
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GLI IMPIANTI NUCLEARI DI ZAPORIZHIA SONO AL SICURO
Con il crollo della diga di in Ucraina i male informati media italiani hanno ricominciato a riesumare il fantasma di Chernobyl, ventilando la possibilità di una nuova catastrofe nucleare nella centrale di Zaporizhia che trae l’acqua per raffreddare i propri impianti proprio dal fiume Dnepr, dove sorge lo sbarramento distrutto.
Ebbene, ancora una volta occorre smentire chi continua ad alimentare la paura – come Repubblica o Il Fatto quotidiano, tanto per citare due testate che non hanno esitato a sparare nei giorni scorsi titoloni per nulla rassicuranti per motivi ideologici – denigrare l’atomo come fonte di energia pulita e a basso costo per favorire altre forme di produzione energetica fatte passare arbitrariamente per più ecologiche – oppure per vendere qualche copia di giornale in più.
Tanto per cominciare la centrale sorge a monte della diga e quindi non è stata minimamente interessata dall’ondata di piena seguita al crollo; inoltre i sei reattori nucleari della centrale di Zaporizhia sono stati spenti da diversi mesi e la temperatura del nocciolo si è progressivamente abbassata, il che significa che per continuare a raffreddare l’impianto occorre molta meno acqua, tanto è vero che probabilmente non è neppure più necessario tenere in funzione le pompe per far circolare il liquido, il cui ricambio è assicurato dalla convezione spontanea.
Certamente dopo un po’ l’acqua, continuando a circolare, sale di temperatura e deve essere a sua volta raffreddata. Per questo alle spalle dei reattori c’è una enorme vasca di almeno tre chilometri di lato, rimasta intatta e colma, in cui l’acqua diventata troppo calda può essere sversata. Le dimensioni di questo enorme serbatoio sono tali che i tecnici della Agenzia internazionale dell’atomo (Aiea) hanno assicurato che trascorreranno più di sette mesi prima che l’acqua in essa contenuta raggiunga temperature tali da non assicurare più un sufficiente raffreddamento degli impianti nucleari. Si tratta di un tempo sufficiente per adottare soluzioni alternative, ad esempio l’istallazione di scambiatori ad aria o magari di sistemi di pompaggio che consentano di mantenere costante il livello della vasca nel caso il livello del fiume Dnepr scenda sotto i 12 metri cessando di alimentarla.
In ogni caso al momento non ci sono pericoli per la centrale e ancor meno ce ne saranno col trascorrere dei mesi. Un problema potrebbe semmai presentarsi se la vaca dovesse essere danneggiata provocandone lo svuotamento o una sensibile diminuzione dell’acqua in essa contenuta ma si tratta di una eventualità al momento abbastanza remota in quanto né gli ucraini né i russi hanno interesse a danneggiare seriamente gli impianti di Zaporizhia e comunque anche nella peggiore delle ipotesi, ovvero la fusione del nocciolo, tutto rimarrebbe confinato all’interno della centrale (si veda il nostro precedente articolo).
Un problema si avrebbe semmai con le piscine del combustibile esausto, che pure richiedono un raffreddamento. Il combustibile si trova infatti immerso in circa quindici metri di acqua, che se dovesse diminuire oltre un certo limite causerebbe l’evaporazione degli strati più caldi, che essendo rimasti a contatto con le barre farebbero risalire anche del vapore radioattivo. Le piscine però sono anch’esse coperte ma non si tratta di edifici di contenimento e se colpite da artiglieria o missili si verificherebbe una contaminazione dell’ambiente esterno.
Contaminazione che tuttavia non avrebbe nulla di preoccupante originando un evento molto meno grave di quello verificatosi a Fukushima nel Marzo 2011 come conseguenza dello tsunami che colpì la regione, Incidente che, ricordiamo, non causò vittime e che non ha avuto pressoché conseguenze. Proprio questo però potrebbe indurre uno dei contendenti, soprattutto i russi, a cercare l’incidente per sfruttarlo a loro vantaggio contando sull’irrazionale e ingiustificato terrore che hanno dell’atomo gli occidentali e anche gli ucraini i quali hanno ancora Chernobyl ben impressa nella memoria. Una lieve contaminazione potrebbe ad esempio essere un buon pretesto per un ritiro delle truppe di Mosca dall’area senza farlo somigliare ad una sconfitta militare o una ritorsione per costringere gli ucraini ad abbandonare comunque quella parte del Paese.