“Libero femminicidio” o crisi di una civiltà?
di Diego Torre
–
NON PASSA GIORNO CHE LA CRONACA DEGLI ORRORI NON SI ARRICCHISCA DI UN NUOVO EPISODIO
Non passa giorno che la cronaca degli orrori non si arricchisca di un nuovo episodio. L’uccisione di Giulia Tramontano si inserisce perfettamente in questa tragica catena con una carica di irrazionalità che lascia sempre più basiti. C’era una amante oltre la fidanzata? Fa parte della miseria umana di un giovane belloccio amante delle donne. Escono entrambi incinta? Diciamo che è un incidente di percorso; anzi due. Si è trovato in confusione? Ci sta, a chi non succederebbe? Ma perché uccidere? Non lo sa neanche l’assassino. Lo stress? il panico? Distrutta la persona, cessava di esistere il problema? Evidentemente non è stato in grado di sostenere un litigio e prendersi le sue responsabilità; ha ritenuto la situazione insostenibile.
Fallito come padre e come fidanzato, riesce poi a fallire anche come assassino. Segue infatti, come in un film dell’orrore, il tentativo di distruzione dei cadaveri, della ragazza e del bambino che portava in grembo, con una strana lucidità, chiedendo consiglio all’amico di tutti; internet. Tenta per due volte di dar loro fuoco, li mette nel portabagagli dell’auto per giorni e infine li abbandona a poca distanza da casa.
Facilmente scoperto, l’assassino non riesce a dare spiegazioni razionalmente valide sul momento; come inebetito racconta una storia che sembra non gli appartenga ed ignora totalmente l’esistenza di quel bambino che pur un giorno lo avrebbe chiamato “papà”. Un mostro? No, ma un adolescente mai cresciuto che fa (anche) una pena infinita. E che egli percepisca la morte come soluzione ai problemi lo dimostra la sua dichiarazione riferita dal suo avvocato: “L’unica forma di pentimento che ha un senso è togliermi la vita”.
Non combattere, non sacrificarsi, non onorare i propri debiti con il prossimo e la società. Non lo ha pensato quando Giulia ha scoperto la tresca con l’amante ed aspettava a breve la nascita del bimbo; e non lo pensa neanche ora. Egli è il figlio di una società nella quale non si affrontano i problemi, non ci si assume responsabilità , ma si vive di redditi di cittadinanza, si formano convivenze passeggere, si eliminano i bambini non nati, si beve e ci si droga per il piacere effimero che si riceve. Non c’è spazio per impegni duraturi, sacrifici fatti per amore, rispetto della dignità di ciascuna persona, coraggio e dignità. E la morte diventa la soluzione facile di tanti problemi: aborto od eutanasia che la si chiami. C’è un solido filo rosso che lega la cultura in cui viviamo agli eventi criminali che leggiamo ogni giorno sui giornali.
Ma questo non lo ascolteremo mai dal sistema massmediatico, né dalle analisi degli esperti perché metterebbe in discussione il modello di “civiltà” in cui ci fanno vivere. Consumismo, edonismo, narcisismo non lasciano altra possibilità al prossimo che di essere una trastullo nelle mani di chi vive ormai l’individualismo più spinto. E se un giocattolo non piace più o funziona male, lo si può sempre buttare o distruggere.
Quanti altri vivono la condizione esistenziale di Alessandro? Quanti morti ancora dovremo piangere? Quante volte ancora chiederemo stupiti come sia stato possibile? Il nostro mondo è pieno di adolescenti (ma l’adolescenza ormai ha superato i 30 anni di età) che vivono dentro il cellulare, in sofferenza, a cui il covid e le relative antisociali misure di contenimento hanno dato una dura batosta, la cui portata non è ancora quantizzabile.
Cosa si può fare per combattere questa epidemia? Maggiori pene per i femminicidi? E’ ormai acclarato che funzionano poco. Dinnanzi a questo crollo di maturità non è certo il timore del carcere che può fare da deterrente. Psicologi per tutti? E’ il momento oggi più che mai di ricostruire un mondo sin dalle sue fondamenta, che devono essere sacrali e trascendenti, che devono valorizzare la dignità di ogni persona nel rispetto della regole della natura umana. E’ la civiltà dell’amore. Sia beninteso: quello che Dio chiama amore. E’ un compito immane ma l’unico utile a strappare le nuove generazioni da un destino di tristezza e disperazione. E’ ancora una volta il compito della Chiesa e dei cristiani.
Si è andati fuori strada? bisogna ritornare sulla giusta via. Le tenebre hanno oscurato le menti? è necessario dissiparle con lo splendore della verità. La morte ha trionfato? bisogna attaccarsi alla vita. Solo così potremo sanare tante ferite. Solo allora il diritto potrà riacquistare l’autentica autorità; solo così tornerà a risplendere la pace, cadranno le spade e sfuggiranno di mano le armi. Ma ciò avverrà solo se tutti gli uomini riconosceranno liberamente il potere di Cristo e a lui si sottometteranno; e ogni lingua proclamerà “che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,11).
Questo scriveva Leone XIII nell’enciclica Annum Sacrum… nel 1899.