Riflessioni a margine della vittoria del Centro-Destra alle amministrative
di Pietro Licciardi
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E ADESSO SI METTA MANO AL CAMBIAMENTO, CON REALISMO E SENZA ILLUSIONI PERCHE’ IL MOMENTO È CRUCIALE
I partiti di centrodestra, o almeno quelli che possiamo definire un po’ meno di sinistra dal momento che come abbiamo avuto modo di scrivere in Italia non c’è una vera destra, hanno fatto il pieno di voti anche questa volta.
La cosa ci rallegra perché la speranza è che rallenti, almeno un po’, la corsa verso il suicidio morale e materiale dell’Italia verso il quale ci ha avviato la sinistra, che da tempo ha lasciato cadere la foglia di fico rappresentata dalle istanze della classe lavoratrice e degli strati più deboli della società dietro la quale nascondeva la sua vera natura di forza politica votata all’egemonia totalitaria, da raggiungere a qualunque costo.
Tuttavia il realismo, virtù prevalentemente cattolica, ci impone di non cedere a facili entusiasmi per una serie di buone ragioni. Innanzitutto è aumentata la disaffezione al voto. Non che crediamo più di tanto nella democrazia, che nei regimi liberali eredi della Rivoluzione del 1789, si sta dimostrando essere sempre più aleatoria – ne abbiamo avuto una eloquente dimostrazione durante la pandemia – ma perché l’astensione è sintomo di rassegnazione e impotenza, quasi a voler dire: fate di noi ciò che volete perché tanto non crediamo più a nulla e non abbiamo più nulla da difendere.
In secondo luogo gli italiani sono diventati assai volubili: hanno sperato nella “rivoluzione” grillina ieri, in Fratelli d’Italia oggi; domani?
In terzo luogo sembrano a essere in tanti a credere che i partiti e i suoi leader siano una sorta di messia, capaci voltare pagina e di risolvere tutto a colpi di bacchetta magica. Purtroppo non è così. In Italia cambiano le maggioranze ma gli apparati di potere – magistratura, nomenklature ministeriali, redazioni di giornali e tv, scuola e università… – restano saldamente in mano alla sinistra. Inoltre la nostra, ormai diventata una repubblichetta di terz’ordine, ha tali e tanti vincoli – Unione Europea, Nato, vassallaggio nei confronti di Stati Uniti e Inghilterra per motivi storici, Germania per motivi economici – da rendere assai arduo se non impossibile darsi una politica estera, e su certi temi anche interna, completamente indipendente e autonoma.
Infine, ed è forse la cosa più importante, neppure a destra si scorge una classe politica culturalmente preparata e degna di rappresentare e guidare come si deve e come merita il popolo italiano. Intendiamoci, a paragone dei tristi figuri che hanno governato fino a ieri siamo a ben altri e superiori livelli, ma da qui alla sufficienza ancora ne corre.
Il compito è quanto mai improbo, ma il momento storico è cruciale. Per la prima volta, da più di sessanta anni a questa parte, c’è la possibilità di risalire la china, riequilibrare il piano inclinato sul quale stiamo scivolando, a patto che i partiti di centrodestra, e Giorgia Meloni in particolare, mantengano ciò che hanno promesso: stare dalla parte degli italiani. Le risorse umane e intellettuali non mancano, soprattutto in campo cattolico e anche laico. Che abbiano la lungimiranza e l’umiltà di servirsene, soprattutto sui territori; là dove l’essere dalla parte della gente nei fatti e non solo a parole fa la differenza.