Don Lorenzo Milani, cosa c’è da ricordare?

Don Lorenzo Milani, cosa c’è da ricordare?

di Pietro Licciardi

SI CELEBRA IN GRANDE IL CENTENARIO DEL PARROCO DI BARBIANA, MA C’E’ CHI NON E’ D’ACCORDO

Don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, è una figura abbastanza controversa di sacerdote, “santificato” dai cattolici di sinistra, criticato da altri per le sue posizioni abbastanza oltranziste, specialmente in tema di scuola.

Il 27 maggio sarà ricordato in pompa magna il centenario della sua nascita con la costituzione di un apposito comitato presieduto dalla ex presidente del Pd, Rosy Bindi, di cui fanno parte numerose istituzioni laiche e religiose: dalla Fondazione don Lorenzo Milani, al Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, all’Arcidiocesi di Firenze, alla Conferenza episcopale italiana, al Ministero dell’Istruzione dell’università e della ricerca, alla Regione Toscana, oltre ai Comuni di Firenze, Vicchio, Calenzano e Montespertoli. Infine, del Comitato nazionale fa parte anche la Presidenza della Repubblica, che ha concesso il suo alto patronato, mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà presente a Barbiana.

Ma don Milani è davvero un personaggio da ricordare? Non ne sono così convinti due toscani: Giuseppe (Pucci) Cipriani, borghigiano, scrittore e giornalista pubblicista, direttore della rivista Controrivoluzione, organo ufficiale dell’anti’89, e Pier Luigi Tossani, nato a Firenzuola ma fiorentino d’adozione, curatore del blog “la Filosofia della Tav”, vicepresidente per quasi un ventennio dell’associazione ambientalista fiorentina “Idra” e al momento referente per la provincia di Firenze del Popolo della Famiglia. Entrambi, ciascuno a suo modo, hanno avuto modo di interessarsi alla figura di don Milani, e possono parlarne con cognizione di causa.

Il 27 maggio sarà il centenario della nascita di don Lorenzo Milani. Voi non siete tanto d’accordo su queste celebrazioni, come mai?

Pucci Cipriani: «Quello di don Milani direi che è un centenario continuo, come Lotta Continua, essendo ormai riconosciuto come il capo, l’iniziatore della contestazione in Italia e a lui si deve la distruzione della scuola. La sua idea di scuola fu ben strana e se i frutti si vedono dall’albero i suoi furono malefici».

Un altro dei frutti donmilaniani per alcuni è stato il Forteto

Pucci Cipriani: «Il Forteto è frutto dell’ideologia sia pure un po’contorta degli stessi alunni e sostenitori esterni e interni di don Milani. Il Forteto doveva essere una cooperativa per il recupero dei ragazzi che il Tribunale dei minorenni disgraziatamente mandava e che i responsabili definivano “carne fresca”; ragazzini che venivano stuprati e violentati. Il fondatore fu Rodolfo Fiesoli, che fu una delle persone più vicine a don Milani e al donmilanismo ma a testimoniare la filiazione del Forteto da don Milani sono stati gli stessi allievi in sede processuale».

Tossani, neppure lei concorda con i festeggiamenti.

Pier Luigi Tossani: «Si, con una sfumatura leggermente diversa. Io ho conosciuto la figura di don Milani quando alla fine degli anni Novanta facendo un corso di teatro il nostro maestro, che era un estimatore del sacerdote, ci fece fare un ciclo di letture molto ricco. Man mano che leggevo e ascoltavo le parole del priore di Barbiana rimasi colpito da tutto l’astio, la rabbia e lo spirito rivendicazionista che ne uscivano fuori e da lì cominciai ad approfondire. Poi ho incontrato il sito di cultura fiorentino Il Covile, diretto da Stefano Borselli, dove trovai parecchio materiale e incontrai anche Cipriani. Quando nel 2016 sapemmo che il Papa sarebbe venuto a Barbiana per omaggiare la figura di don Milani sentimmo il dovere di preparare un dossier dove esprimere tutti i dubbi e le perplessità sulla lezione milaniana. E’ un lavoro centrato sulle stesse parole del priore, il quale, ad esempio, parlando del suo superiore, cardinale Florit, lo definiva un “deficiente indemoniato” in una lettera di tre pagine zeppa di calunnie e ingiurie, in uno stile completamente avulso da quello cattolico e molto più simile ad un atteggiamento da lotta di classe».

La vostra supplica del 2017 e la recente lettera aperta con le perplessità sulle celebrazioni ha avuto una qualche risposta?

Pier Luigi Tossani: «Nessuna. Ovviamente vogliamo sottolineare che abbiamo fatto tutto con la massima compassione e carità per don Milani. La nostra non è davvero una questione personale e il problema non è don Milani ma la inopportuna santificazione che ne è stata fatta da decenni».

Lei Cipriani ha avuto modo di conoscere don Milani e altre persone che hanno avuto a che fare con lui? Qual era la loro considerazione per il priore di Barbiana?

Pucci Cipriani: «Io sono borghigiano e Barbiana è a un tiro di schioppo quindi don Milani l’ho conosciuto; ho conosciuto anche il professore Domenico Magrini che ha scritto il libro Trame rosse ai piedi dell’altare. Conobbi anche il vescovo ausiliare di Firenze, monsignor Bianchi, e devo dire che l’arcivescovo Elia Dalla Costa andò a inginocchiarsi nella chiesa di santa Caterina supplicando il pievano di Calenzano di dimenticare tutto perché don Milani, che aveva devastato la parrocchia, lo aveva mandato via, a Barbiana. Anche il caro amico don Faggi, decano del clero fiorentino, fece una testimonianza drammatica su don Milani raccontando come lui e monsignor Bianchi con tutti i sacerdoti ordinati furono ricevuti da Paolo VI e quando Bianchi chiese al Santo Padre se aveva saputo della morte di don Milani questi alzò le braccia, dicendo: “Speriamo, speriamo bene”; come se avesse dei dubbi sulla sua salvezza. Tutti rimasero turbati dall’atteggiamento di Paolo VI che pure aveva aiutato il sacerdote durante la malattia ma aveva anche ammonito lui e le persone che gli stavano intorno sulla strada che aveva preso. Florit, Elia Dalla Costa e monsignor Bianchi portarono la pesante croce della contestazione, che a Firenze fu tremenda. Dopo la visita del Santo Padre a Barbiana si è parlato della santificazione di don Milani ma il vescovo Betori ha detto, se nel frattempo non si è ricreduto, che fintanto ci sarà lui Milani non sarà mai fatto santo».

Non avete mai avuto alcun riscontro da parte delle autorità ecclesiastiche?

Pucci Cipriani: «In verità abbiamo avuto riscontro da parte dell’autorità religiosa; si misero contro di noi ben due vescovi, ci furono programmi televisivi e articoli sui giornali in cui fummo sbertucciati e insultati perché osammo fare un convegno a Bergamo cui partecipò Iacopo Marsetti che era il commissario de il Forteto, il quale ricevette telefonate dal Vaticano e minacce perché non intervenisse, e il direttore de La Verità, Francesco Borgonovo, dove dimostravamo come una certa sinistra antagonista e cattocomunista – più comunista che catto – agisce quando vuole prendere in mano qualcosa, come l’educazione dei ragazzi a Barbiana o il recupero dei minori al Forteto secondo una certa ideologia che prevede l’affidamento a “famiglie” non tradizionali».

Insomma, pare di capire che la critica a don Milani non è solo da parte vostra e che di critici ne ha avuti parecchi…

Pucci Cipriani: «Guardi, forse il libro più bello, molto pacato e fatto dal forse più grande teologo italiano, padre Tito Sante Centi, è Incontri e scontri con don Milani. padre Centi fece una buona e quasi entusiastica recensione del libro di don Milani, Esperienze pastorali, poi venne a Borgo per andare a trovare don Milani e si rese conto di quello che era».

Del pensiero di don Milani c’è qualcosa che si può salvare?

Luigi Tossani: «In realtà, come abbiamo scritto nel dossier del 2017 e nella recente lettera, in concreto da salvare non c’è niente. Cipriani prima ha parlato della scuola, io del rapporto tra don Milani e la Chiesa, cui si aggiunge anche il suo voler dividere il popolo dai suoi pastori, ma soprattutto Milani faceva l’apologia della lotta di classe e della violenza rivoluzionaria di stampo giacobino. Ma il bello è che tutto questo è stato messo da lui nero su bianco. Nella Lettera a Pipetta don Milani dice che c’è sempre la divisione tra ricchi e poveri e tu Pipetta avrai sempre ragione; e quando farai l’errore di prendere in mano le armi tu avrai ragione anche allora. Questo, cari signori, è proto-brigatismo rosso. E infatti è successo che alla fine qualcuno le armi in mano le ha prese davvero. Ma per finire di rispondere alla domanda: in don Milani c’era certamente un afflato di giustizia e di verità che sicuramente si può salvare ma non è che con questo si può salvare anche tutto il resto. Massima compassione e misericordia quindi per don Milani ma non per questo si può glorificare la sua figura».

Signor Cipriani, per chiudere, ma don Milani a Barbiana aveva cura delle anime dei parrocchiani?

«Barbiana era un deserto con solo poche case di contadini e il parroco doveva essere veramente eroico; non c’era luce, non c’era acqua e nonostante ciò il precedente parroco ci ha vissuto per quarant’anni ma di lui non si ricorda nessuno. Tuttavia durante l’esilio di don Milani Barbiana era diventata il ritrovo di tutta l’intellighenzia fiorentina di sinistra: dal presidente del tribunale dei minori, Giampaolo Meucci, al pretore Ramat a Pietro Ingrao. Non credo a don Milani interessasse la chiesa piena quanto di avere persone attorno; lui era il maestro e guai se qualcuno lo contraddiceva. Don Benzi, che era il suo confessore, raccontò di aver rischiato il linciaggio da parte dei suoi ragazzi perché si mise in contrapposizione con don Milani».

Qui l’intervista integrale

 

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Ottimo e veritiero articolo!!!!
Tobia