Lo scientismo e la fine dell’Occidente

Lo scientismo e la fine dell’Occidente

di Daniele Trabucco

UNA PSEUDO CONOSCENZA “SCIENTIFICA” È ASSUNTA COME PUNTO DI RIFERIMENTO PARADIGMATICO PER OGNI FORMA DI SAPERE CHE ASPIRI AD ESSERE RITENUTO VALIDO

La nascita della scienza moderna, in Europa, ha invertito in modo radicale, rispetto all’età antica e medioevale, il rapporto tra la filosofia, intesa quale “visione dell’intero”, e le altre scienze (la matematica, la geometria, la biologia, la fisica etc.) concepite come “conoscenze del particolare”.

Oggi, e l’emergenza sanitaria, energetica, climatica ed alimentare ce lo confermano, ne vediamo le conseguenze: la conoscenza scientifica è assunta come punto di riferimento paradigmatico per ogni forma di sapere che aspiri ad essere ritenuto valido.

Lo statunitense Steven Weinberg (1933-2021), premio Nobel per la fisica, non ha esitato ad affermare che con la scienza, e solo con la scienza, è possibile pervenire ad una “teoria finale” che significa abbandonare qualunque residuo di stampo filosofico-metafisico, sebbene poi la sua riflessione approdi a quella che il prof. Giovanni Reale (storico della filosofia nato nel 1931 e deceduto nel 2014) ha definito una “criptoontologia”: nel momento in cui, osserva Weinberg, si conosce un po’di più l’universo, tanto più esso ci appare senza scopo.

Siamo di fronte ad una vera e propria “metafisica nichilista” per cui viene negato qualunque fine ontologico ed assiologico agli enti. In questo contesto, si staglia l’uomo con la sua volontà di potenza che costruisce, riuscendovi, un mondo senza Dio, quel Dio che, dopo la “sua morte”, non è neppure più ricordato.

La volontà di assicurare la salvezza della terra, di pervenire ad un mondo “green”, funzionale, digitale etc. non solo non salva, ma, come insegna il filosofo Edgar Morin (1921), ha instaurato un vero e proprio inferno grazie ad un ragione che, con la sua ansia di dominio, si è assolutizzata, facendosi al contempo misura del nuovo paradigma antropologico: l’uomo deve solo saper funzionare rispetto alle ideologie che il pensiero scientista impone come valide, criminalizzando il dissenso attraverso le negazione del valore dell’opinione divergente (no vax, no pass. Quel “no” esprime già un giudizio di condanna senza appello).

Il vaccino, immesso nel mercato senza conoscerne gli effetti nel medio-lungo periodo, garantisce un ambiente immune dal contagio (benchè questa affermazione sia assolutamente priva di rilevanza scientifica) all’interno del quale poter sperimentare la “nuova normalità”, il cambiamento climatico, sul quale l’attività umana incide in misura minimale, è il “cavallo di troia” per instaurare “il green man”, ovvero un nuovo modello umano-sociale etc.

Come si può rilevare, è saltata completamente la regola aurea della “giusta misura”, del senso del limite, della proporzione che il mondo classico ci ha insegnato e trasmesso. Oswald Spengler (1880-1936), autore della celebre opera in lingua tedesca “Il tramonto dell’Occidente”, nella sua lucida ed impietosa analisi, ci aveva avvertito: l’assolutizzazione della scienza e della tecnica, dei nuovi “dei mortali”, ha creato nell’uomo l’illusione di dominio, ma al contempo egli non è stato in grado di crescere spiritualmente in proporzione, divenendo, in questo modo, schiavo delle cose che ha prodotto e dimenticando la sua essenza ed i fini ad essa connaturati.

È l’inizio della fine dell’Europa, preda di politiche selvagge e deliranti, nonché di guerre portate avanti in nome di “valori” non fondati sulla roccia dell’Areopago, del Campidoglio e del Calvario, ma unicamente sulla pietra tombale di quel “Dio che è stato ucciso”. Eppure noi siamo certi, con la fede di Giobbe, che Egli, alla fine, “si eleverà sulla polvere”…

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