Con la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali torna il Premio Lolo dedicato al beato Lozano Garrido
di Giuseppe Brienza
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DOMANI 57A GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI E ASSEGNAZIONE IN SPAGNA DEL “PREMIO LOLO” PER I GIOVANI GIORNALISTI DEDICATO ALLA TESTIMONIANZA DEL BEATO MANUEL LOZANO GARRIDO (1920-1971)
Domani si terrà in tutta la Chiesa la 57a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, una iniziativa di evangelizzazione istituita da san Paolo VI nel 1967. Papa Francesco ha proposto il consueto tema che della riflessione e dell’approfondimento dei giornalisti e degli operatori dei media coinvolti, ovvero: Parlare col cuore: Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15).
Nell’occasione di questa importante ricorrenza, come accade dal 2009, la Unión Católica de Informadores y Periodistas de España conferirà il premio annuale in favore dei giovani giornalisti spagnoli che nello svolgimento della professione hanno saputo testimoniare con serietà e franchezza i valori cristiani.
Il “Premio Lolo”, giunto alla quattordicesima edizione, è intitolato al giornalista e scrittore andaluso Manuel Lozano Garrido (1920-1971), non molto conosciuto in Italia, proclamato beato da Benedetto XVI il 12 giugno del 2010. Lolo (questo il nomignolo del beato spagnolo), colpito da giovane da una grave malattia degenerativa, la affrontò sempre con il sorriso sulle labbra ed una fede profonda, per questo è additato dalla Chiesa come un esempio per tutti i giornalisti che, piuttosto di vedere sempre il «mondo come in bilico», come scrisse lo stesso Lozano in uno dei suoi ultimi articoli, cercano di allargare lo sguardo nella prospettiva dell’Infinito.
Affetto sin dai ventuno anni da spondilite, una patologia che causa importanti infiammazioni articolari e che lo condusse in breve tempo sulla sedia a rotelle, il giovane non si piegò mai alla tristezza o all’autocommiserazione. Fin da ragazzino aveva aderito all’Azione cattolica, una scelta che ne segnò profondamente la visione esistenziale, persuadendolo che il messaggio evangelico non doveva essere relegato solamente ai momenti della preghiera o dello studio della Parola di Dio, bensì testimoniato nella vita di tutti i giorni, cominciando da quella lavorativa.
Un episodio dell’adolescenza ne rivela l’origine vocazionale di uomo d’azione e comunicatore. Aveva solo sedici anni quando, nel 1936, scoppiò la guerra civile spagnola, una tragedia storica più correttamente inquadrabile nel periodo complessivo di persecuzione patita dalla Chiesa durante la Seconda Repubblica Spagnola (proclamata il 14 aprile 1931, contestualmente alla partenza per l’esilio di re Alfonso XIII e soppressa de facto il 1º aprile 1939 con l’ingresso a Madrid delle truppe del generale Francisco Franco). In questo periodo Manuel svolse infatti la preziosa e pericolosa missione di staffetta clandestina di Gesù-eucaristia, portando di nascosto la Comunione agli ammalati.
Un giorno venne però scoperto e arrestato dai miliziani comunisti che, nella notte del Giovedì Santo, lo gettarono in prigione. Ma anche in quella drammatica Pasqua del 1936 Manuel riuscì a trascorrere alcune alla presenza del Santissimo Sacramento. Sua sorella minore Lucía, infatti, gli fece giungere il Corpo di Cristo in mezzo a un mazzo di fiori e, in questo modo, Lolo poté adorare Gesù nascosto nel sacramento dell’Amore anche in quelle difficilissime condizioni.
Uno degli scritti più citati del beato Lozano Garrido è il “decalogo del giornalista”, documento estremamente attuale ancora oggi e praticamente utile per i giornalisti cattolici del XXI secolo. Manuel raccomanda loro di «pagare con la moneta della franchezza», di «lavorare il pane dell’informazione pulita con il sale dello stile e il lievito dell’eternità» e, in definitiva, di evitare negli articoli sia frivolezze (cioè pasticceria) sia morbosità (ovvero piatti piccanti) servendo piuttosto ai propri lettori «il buon boccone della vita pulita e speranzosa».
«Una comunicazione quindi austera e quindi bella, sobria, fatta di poche parole, capaci però di restituire “il peso della realtà”», ha commentato Papa Bergoglio rivolgendosi ai giornalisti dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), al cospetto dei quali si è soffermato sull’ammonimento di Gesù di dire pane al pane e vino al vino, che «significa anche essere liberi di fronte all’audience: parlare con lo stile evangelico: “sì, sì”, “no, no”, perché il di più viene dal maligno (cfr. Mt 5, 37). La comunicazione ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote» (Papa Francesco, C’è bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote, L’Osservatore Romano, 23-24 settembre 2019, p. 7).
Nonostante la malattia che lo costrinse a stare per la maggior parte della sua vita su una sedia a rotelle, Lolo non ha cessato mai di amare la sua professione ed ha scritto migliaia di pagine ispirate alla verità e alla fede. «Portate la macchina da scrivere, mettetela sotto il tavolo, in modo che il tronco della croce si conficchi nella tastiera e lì faccia radici», amava ripetere anche nei momenti più difficili della malattia.