Russia-Ucraina, ecco come la guerra continua…
di Pietro Licciardi
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LA PROSSIMA OFFENSIVA DI KIEV SARÀ A BAKHMUT MA NON POTRÀ ESSERE RISOLUTIVA. IL MASSACRO NON SI FERMERÀ
La guerra russo-ucraina purtroppo sembra destinata a continuare ancora a lungo. I Russi, dopo le grosse difficoltà e i clamorosi errori di calcolo iniziali, non cedono e anzi stanno esercitando una pressione continua sul fronte di Bakhmut, la cittadina del Dombas, che è stata conquistata al 90% sia pure a prezzo di gravi perdite. Gli ucraini da parte loro resistono e con piccole azioni offensive cercano di alleggerire la pressione in quello che ormai sembra essere diventato il fronte principale e allo stesso tempo conducono azioni di “disturbo” in altri settori per saggiare la presenza di eventuali punti deboli e allo stesso tempo per distogliere truppe russe da altri punti del fronte o impedire il loro utilizzo come riserve o rinforzi.
In questa situazione di apparente incapacità per entrambe le parti di condurre azioni risolutive in grado di indirizzare il conflitto decisamente a favore di uno dei contendenti sembra tuttavia certa una prossima azione offensiva ucraina il cui scopo è più che altro di dimostrare agli alleati Occidentali di essere ancora in grado di combattere e spingerli quindi a proseguire con le forniture di armi, in particolare carri armati e sistemi d’arma contraerei; questi ultimi necessari per continuare ad assicurare quella copertura che fino ad oggi ha impedito ai russi di utilizzare la loro schiacciante superiorità numerica e tecnologica di velivoli.
Secondo gli analisti militari la controffensiva ucraina non potrà che svolgersi, a meno di nuove sorprese, proprio a Bakhmut, dove sembra esserci la maggiore concentrazione delle forze di Kiev. La città è infatti è ormai diventata un simbolo per la propaganda di entrambe le parti, inoltre qui si stanno spendendo le migliori forze russe, come il Gruppo Wagner, la milizia privata di Yevgeny Prigozhin, la cui eventuale neutralizzazione renderebbe poi più facile fronteggiare il resto dell’esercito russo, costituito da un insieme di truppe regolari, milizie locali separatiste, gruppi armati privati come appunto la Wagner o la milizia armata pagata dalla società Gazprom e le truppe aviotrasportate della Vozdušno-desantnye vojska le quali operano in maniera autonoma. Una eterogeneità di corpi, oltretutto divisi da rivalità interne e difficoltà di comunicazione, che ne compromette l’efficienza bellica e come se non bastasse con i vari comandanti in polemica tra loro, come hanno mostrato i recenti video di Prigozhin che attacca violentemente il Capo di stato maggiore generale delle Forze armate russe, Valerij Gerasimov, per non aver inviato munizioni e poi di aver perso tre chilometri di fronte, costato numerose perdite alla Wagner, subito dopo averlo preso in carico con i suoi soldati regolari.
Per gli ucraini, nonostante abbiano dimostrato di avere nonostante tutto migliori capacità belliche e armi occidentali più sofisticate di quelle russe, non sarà affatto una passeggiata. I russi sanno ormai perfettamente dove avverrà la controffensiva, che anzi aspettano con ansia, inoltre entrambe le parti sanno che in caso di insuccesso anche solo parziale, passerà molto tempo prima che l’esercito di Zelensky possa reintegrare gli uomini e i mezzi persi e a quel punto saranno le truppe di Mosca ad avere l’opportunità di riprendere ad esercitare la loro pressione facendo valere la loro superiorità di uomini e materiali.
Ricordiamoci sempre che mentre Kiev ha una popolazione ridotta ormai ad una trentina di milioni, tra emigrati e filorussi residenti nelle regioni occupate, non ha fabbriche di armi di un certo rilievo e dipende totalmente dai rifornimenti degli alleati occidentali che devono fare i conti con le rispettive opinioni pubbliche e convenenza politiche, Mosca può mobilitare molti più soldati e tenere il numero di truppe sul campo costantemente sulle trecentomila unità . Inoltre ha già convertito la sua in una economia di guerra, per produrre munizioni e blindati.
Insomma, sempre che non vi siano improbabili sorprese, il massacro non accenna a fermarsi. Purtroppo non si vede all’orizzonte alcun vero statista capace di immaginare la soluzione, accettabile per tutti, di uno sciagurato conflitto che, nella migliore delle ipotesi, vedrà il nostro continente separato dalla Russia per chissà quanti anni a venire e nella peggiore rischia di trasformarlo in una nuova Corea, con due eserciti pronti a saltarsi di nuovo alla gola alla prima occasione.