C’è un asse Budapest-Vaticano per tentare la pace in Ucraina?

C’è un asse Budapest-Vaticano per tentare la pace in Ucraina?

di Diego Torre

IN UNGHERIA PAPA FRANCESCO NON HA NASCOSTO CRITICHE ED OBIEZIONI AD UNA EUROPA CHE, EVIDENTEMENTE, NON APPAGA PIENAMENTE I SUOI DESIDERI

Durante il recente viaggio in Ungheria nel discorso del 28 aprile alle autorità civili ed al corpo diplomatico accreditato, il Papa non ha lesinato apprezzamenti a Budapest “luogo centrale nella storia: testimone di svolte significative lungo i secoli, chiamata ad essere protagonista del presente e del futuro” e alla nazione magiara. Il Papa ha ripetutamente evocato le figure dei santi ungheresi, soprattutto di S. Stefano (+1083), “primo re d’Ungheria, vissuto in un’epoca nella quale i cristiani in Europa erano in piena comunione”.

Già l’Europa! Papa Francesco non ha nascosto critiche ed obiezioni a questa Europa che evidentemente non appaga i suoi gusti, poichè “la passione per la politica comunitaria e per la multilateralità sembra un bel ricordo del passato”. Soffiano furiosi i venti della guerra e la politica sembra proprio “regredita a una sorta di infantilismo bellico.” “In generale, sembra essersi disgregato negli animi l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile, mentre si marcano le zone, si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi e si esasperano giudizi e toni nei confronti degli altri. A livello internazionale pare persino che la politica abbia come effetto quello di infiammare gli animi anziché di risolvere i problemi”.

Eppure questo grande continente “grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea”.

E se non fosse chiaro il riferimento, il Papa esplicita: “In questa fase storica i pericoli sono tanti; ma, mi chiedo, anche pensando alla martoriata Ucraina, dove sono gli sforzi creativi di pace?”

Il pontefice inoltre riprende un tema ricorrente nella dottrina sociale della Chiesa, riferendolo alle identità nazionali: “C’è bisogno di questa armonia: di un insieme che non appiattisca le parti e di parti che si sentano ben integrate nell’insieme, ma conservando la propria identità. È significativo in proposito quanto afferma la Costituzione ungherese: «La libertà individuale può svilupparsi solo nella collaborazione con gli altri»; e ancora: «Riteniamo che la nostra cultura nazionale sia un ricco contributo alla multicolore unità europea»”.

E dopo il richiamo alla costituzione magiara, tanto criticata nei circoli di Bruxelles, la critica papale all’Europa si fa dettagliata e severa: “Penso dunque a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta.

Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia – abbiamo Paesi in Europa con l’età media di 46-48 anni –, perseguite con attenzione in questo Paese, dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno”.

Il Papa cita più volte passi della costituzione ungherese e ringrazia le autorità “per la promozione delle opere caritative ed educative ispirate da tali valori e nelle quali s’impegna la compagine cattolica locale, così come per il sostegno concreto a tanti cristiani provati nel mondo, specialmente in Siria e in Libano” [e 10 milioni di ungheresi ospitano oggi ben 1,5 milioni di profughi ucraini], ricordando quanto sia “feconda una proficua collaborazione tra Stato e Chiesa“ e “una sana laicità, che non scada nel laicismo diffuso, il quale si mostra allergico ad ogni aspetto sacro per poi immolarsi sugli altari del profitto”.

A questo discorso papale il mainstream mediatico c’è rimasto male e ha reagito come le altre volte in cui le dichiarazioni del pontefice denunciavano il politicamente corretto: edulcorando, minimizzando o tacendo i passaggi “scomodi”.

Speravano forse in un suo allineamento alle critiche di Bruxelles verso quel cattivone del presidente Orban che promuove politiche favorevoli a nascite e famiglie e non ai “diritti” LGBT, e che non si allinea in Ucraina alla condotta guerrafondaia di Washington. E invece ha sostanzialmente elogiato la realtà ungherese, alla quale guarda quale argine di salvaguardia dei principi non negoziabili avversati in “questa” Europa.

Un asse Budapest-Vaticano per tentare la pace in Ucraina? Certamente colpisce che nel volo aereo di rientro il Papa abbia rilasciato la seguente dichiarazione: “In Ungheria non abbiamo certo parlato di Cappuccetto Rosso. “Abbiamo parlato della guerra.

A tutti interessa la strada della pace e io sono disposto a fare tutto quello che si deve fare. Adesso è in corso una missione della Santa Sede che non è pubblica. Quando sarà pubblica lo dirò”.

Il Papa ha ritenuto l’Ungheria il trampolino adatto per lanciare moniti all’Europa. E se dubbio vi fosse lo fugano le sue parole al Regina Coeli pronunciato dopo l’ultima Messa domenicale, con le quali ha riposto nel cuore di Maria Immacolata «la fede e il futuro dell’intero Continente europeo, a cui ho pensato in questi giorni, e in modo particolare alla causa della pace».

 

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