Riconsiderare la domanda che chiude la prima parte del Padre Nostro
di Nicola Sajeva
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L’INSIDIOSA TRAPPOLA DELL’ABITUDINE DETERMINA ASSUEFAZIONE, PERDITA DI INTIMO STUPORE, ALTERAZIONE DEL SIGNIFICATO ORIGINARIO DI “SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ!”
All’interno di una delle prime preghiere imparate sin da piccoli c’è l’intensa espressione “Sia fatta la Tua volontà”. Purtroppo l’insidiosa trappola dell’abitudine determina assuefazione, perdita di intimo stupore, alterazione del significato originario. Emerge allora la necessità di riconsiderare la domanda che chiude la prima parte del Padre Nostro: “Sia fatta la tua volontà!”.
Cerchiamo di metterla a fuoco, in occasione del momento pasquale che stiamo vivendo, soffermandoci su una pagina del Gesù di Nazareth di Benedetto XVI: “Nella domanda del Padre Nostro avvertiamo, però, sullo sfondo soprattutto l’appassionata lotta interiore di Gesù durante il suo dialogo nell’orto degli ulivi: Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà (Mt 26, 42)”.
La nostra stoltezza, purtroppo, ci porta a vivere la ricchezza di questo periodo a livello solo epidermico, ci lasciamo ammaliare da manifestazioni esteriori e la conversione del cuore stenta a decollare in maniera soddisfacente. A questo punto, perché ciò che cercherò di esporre sia libero da qualsiasi equivoco interpretativo, mi sembra quanto mai necessaria una puntualizzazione: non intendo cavalcare alcuna generalizzazione.
Sia fatta la tua volontà: non ci sono altre parole da esprimere quando gli eventi travolgono tutti i nostri progetti. Per riempire di serenità un momento di sconforto, per trasformare in luce tutte le ombre non abbiamo che da guardare il volto sofferente di Gesù, non abbiamo altra strada da percorrere che non sia quella del calvario. Facendoci compagni di viaggio del Nazareno nella passione, semineremo nel nostro cuore anche il germe della risurrezione. La vittoria sulla morte del Risorto colora di speranza ogni vicenda triste della nostra esistenza terrena.
Sia fatta la tua volontà: ogni momento celebrativo, che arricchisce i giorni della Settimana Santa, non dovrebbe avere altro traguardo concettuale se non quello di fissare nella nostra intelligenza l’icona di Gesù che conclude la sua ultima preghiera terrena affidandosi totalmente alla volontà del Padre. Solo seguendo questa traccia riusciremo a vivere proficuamente sia il Venerdì Santo sia la Domenica di Pasqua.
Sia fatta la tua volontà: questo il “residuo fisso” che dovrebbe rimanere nel nostro cuore dopo l’evaporazione di tutta la tristezza della passione e di tutta l’esultanza del giorno di Pasqua.
Il cristianesimo non riesce a caratterizzare la nostro cultura perché molto spesso la nostra volontà viene attaccata con successo dal relativismo in tutte le sue forme. Se i nostri comportamenti non hanno in Gesù il loro più importante punto di riferimento, la testimonianza perde, con la sua autenticità, anche la credibilità. Tutta la grandezza di Abramo, di Maria, di Giuseppe, di tutti i santi che la Chiesa ci propone non solo di venerare, ma principalmente di imitare, la possiamo facilmente riscontrare nel loro atteggiamento di sottomissione alla volontà del Padre.
Una sola grande certezza deve riempire totalmente il cuore dei credenti: Dio Padre non può volere se non il nostro bene che, prima di identificarsi nella salute, nel successo e in tutte le altre esigenze materiali, va individuato nell’avere le carte in regola per accedere alla visione beatifica di Dio. Carte in regola la cui validità sarà confermata dal servizio al prossimo, dalla pratica dell’amore verso tutti, dall’incarnazione di tutte le beatitudini. La stupenda conseguenza sarà un mondo migliore per tutti: credenti e non credenti.
Sia fatta la tua volontà: cerchiamo, come diceva don Giussani, di favorire nella nostra esistenza una sempre più intensa “familiarità con Cristo”. Con Lui lungo la via della croce, con Lui nella risurrezione. Buona Pasqua!