Conoscenza, annuncio, testimonianza: senza queste tre croci la nostra religiosità perde consistenza
di Nicola Sajeva
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IL GRANDE IMPEGNO: UNA CROCE NON BASTA!
A prescindere dal credo professato e dall’attuale tendenza a vivere non tenendo conto degli avvenimenti che potrebbero interessare un cammino spirituale, in questo giorno una croce interpella inevitabilmente la nostra quotidianità, partecipa emozioni diverse, tenta di far crollare il muro della nostra sufficienza, può avviare processi riflessivi più o meno fecondi. Se questa croce riesce a superare tutti gli scogli dell’indifferenza, inizia a proporre il suo messaggio, inizia ad indicare percorsi, stili di vita, traguardi sorprendentemente nuovi.
La croce del Venerdì Santo può mettere in crisi la nostra esistenza, può farci recuperare la volontà di conversione, può bruciare le sterpaglie delle nostre incoerenze, ma tutto ciò non basta, non è sufficiente a definire appieno il ruolo del credente nella nostra società. La commozione e il ristagno intimistico conseguente possono risultare poco edificanti, troppo deboli per vincere le difficoltà che stiamo attraversando, per recuperare la crisi di fede che continua a relativizzare tutti i nostri gesti.
Per i lettori che hanno scelto di non rimanere nella brume dell’agnosticismo e che sono disponibili ad accettare punti di vista alternativi ai propri, cercherò di focalizzare il tema proposto.
Perché una croce può risultare non sufficiente? Quali sono le condizioni per realizzare il grande impegno? Che cosa viene a mancare se ci fermiamo alla contemplazione del dramma vissuto dall’Uomo-Dio? Quale evoluzione è auspicabile per costruire qualcosa di importante uscendo da tutte le posizioni intimistiche? Essere lievito e sale nella comunità di cui facciamo parte: questo il grande impegno per costruire il Regno di Dio e, conseguentemente, per migliorare la nostra società.
La comprensione e l’attivazione di questi processi desidera costituire la finalità di questa breve riflessione. Una croce non basta! Tre croci vanno ad integrare quanto manca alla pur insostituibile contemplazione del calvario. Sono le tre croci che durante la celebrazione di ogni messa festiva o feriale, prima della lettura del brano evangelico, ognuno di noi segna sulla fronte, sulla bocca, sul cuore per mettere in rilievo tre momenti diversi per significato, ma capaci di sostenersi a vicenda, staccati ma sinergici, insostituibili per la definizione del grande impegno a cui accennavo prima.
Ed è l’impegno che la Chiesa, attraverso ognuno di noi, è chiamata a realizzare: conoscere il Vangelo, riuscire a proporlo, renderlo concreto, incarnarlo sempre più intensamente nella nostra esistenza.
Per evocare continuamente questi tre momenti, per trasmettere efficacemente la loro fecondità, prima della lettura tutti i presenti, ahimé spesso inconsapevolmente, segnano con una croce la fronte, sede della comprensibilità, la bocca, strumento della comunicazione, il cuore, centro propulsore di tutte le nostre azioni.
La conoscenza, l’annuncio, la testimonianza: senza queste tre croci la nostra religiosità perde consistenza, la nostra fede non riesce a superare nessun esame di credibilità, viene lasciata inoperosa la sola forza rivoluzionaria in grado di costruire una società migliore. Il declino spirituale, il degrado esistenziale seminano preoccupazione nei cuori degli uomini di buona volontà; il progredire di questi malesseri è direttamente proporzionale alla scristianizzazione del nostro tessuto sociale. Invertire questi processi dissolutivi costituisce il grande impegno di tutti i credenti: dare la giusta valenza a queste tre croci ci permetterà di imboccare la strada luminosa della nostra resurrezione.