Ha ancora senso la protesta?

Ha ancora senso la protesta?

di Francesco Pisani

LA PROTESTA È ANCORA IN GRADO DI INFLUIRE NELLA SOCIETÀ E CAMBIARE LE COSE?

Considerata la piega tragica che ogni giorno, sempre di più, il nostro mondo ha intrapreso, ormai da diversi anni, se non decenni, sorge sempre più spontanea, nelle menti di chi ancora è in grado di pensare e ragionare, una domanda specifica: la protesta ha ancora un senso? E se lo ha, come il sottoscritto ritiene, è ancora in grado di influire nella società e cambiare le cose?

Lo abbiamo visto tutti durante la pandemia, dove leggi coatte, autoritarie, che ricordavano e ricordano i tempi del fascismo, sono state tranquillamente approvate, nonostante le proteste di milioni di persone, ma nell’indifferenza della società generalista, con l’approvazione dei mass media e nel quasi totale silenzio di una classe intellettuale, che una volta sarebbe scesa in piazza accanto alla gente, ma che oggi preferisce trincerarsi nei propri salotti accademici, perbenisti, da benpensanti: una classe sempre più inutile, egoista e aliena ai bisogni della gente comune.

Pensiamo anche alla recente guerra in Ucraina, dove sempre più armi vengono inviate ogni giorno (pagate con i soldi dello stato, quindi delle nostre tasse), senza tenere conto minimamente di quello che pensa la gente, dal momento che i recenti sondaggi mostrano come la netta maggioranza sia contraria all’invio di armi…. Eppure tutto questo a che cosa è servito? Ha ancora senso protestare? La nostra protesta viene ancora ascoltata?

Nel film di Luigi Zampa “L’onorevole Angelina” una straordinaria Anna Magnani nel ruolo di una donna della borgata romana, con la sua forza dirompente, il suo modo di “baccagliare” e di protestare davanti alle ingiustizie, riesce con l’aiuto delle altre donne di borgata a ottenere tutti quei diritti sacrosanti, che senza la protesta non avrebbero mai ottenuto: dimostrazione di come una volta la voce del popolo venisse presa in considerazione, anche dalle sfere più alte. Il popolo urlava, protestava, faceva sentire le sue sacre esigenze, spesso rimettendoci la vita… E le cose cambiavano: aumento di stipendi, diritto alla casa, agli scioperi, alla sicurezza sul lavoro, ecc. Tutti quei diritti, che oggi, un po’ per volta, ci stanno togliendo, merito anche di una classe dirigente, politica e intellettuale sempre più corrotta, ma soprattutto grazia all’apatia di masse lobotomizzate, passive e consumatrici. Eppure quante volte il Vangelo ci rammenta che l’egoismo, l’indifferenza davanti al male, il non protestare davanti ad evidenti ingiustizie e soprusi simboleggiano l’azione stessa di Satana?

Pensiamo all’episodio in cui Gesù, prendendo le difese della Maddalena che stava per essere lapidata, ci insegna che restare indifferenti, voltarsi dall’altra parte in presenza di una situazione che apparentemente sembra non riguardarci, è uno dei peccati peggiori che possiamo commettere. Gesù avrebbe potuto fregarsene e lasciare che quella donna venisse lapidata, e invece ci ricorda che davanti ad una palese ingiustizia non si può e non si deve tacere.

Oggi un’umanità sempre più egoista, indifferente e presa dai suoi meschini problemi quotidiani, si sta scavando la fossa con le proprie mani, agendo come se qualcuno lasciasse aperta la porta della propria abitazione ai ladri che tranquillamente possono svaligiarla. Tutto ciò avviene anche per complicità delle nuove generazioni sempre più rincretinite, prive di giudizio e spirito critico, a causa dell’isolamento a cui vengono condotti gli individui, portati alla guerra e alla divisione reciproca, ma soprattutto al senso di indifferenza ed egoismo, tanto comune nell’italiano medio, secondo cui “finché le cose vanno bene a me è meglio farsi gli affari propri”. Pongo ora una domanda, che potrà sembrare provocatoria, ma neanche troppo: se un giorno si dovessero reintrodurre la pena di morte, la tortura e i campi di concentramento (magari chiamando queste pratiche con nomi alternativi, come si suole fare oggi, con termini più fashion e cool) quanta gente scenderebbe in piazza a protestare?

Io credo che sarebbe sempre in numero nettamente inferiore rispetto a quella che riempie ogni domenica gli stadi per le partite. Eppure, per rispondere alla domanda iniziale: ha ancora senso protestare? La risposta è sì, sempre. Anche se nulla dovesse cambiare, anche se dovesse costarci la reputazione, i soldi, il lavoro, la vita stessa. Anche a costo di restare soli, come Gesù davanti ai carnefici, ma con la fede e la certezza di essere nel giusto e di poter dire oggi, come sempre: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”.

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