L’unica salvezza è nella fede

L’unica salvezza è nella fede

di Francesco Pisani

L’AZIONE DI COLORO CHE NON HANNO FEDE È CONDANNATA PER LORO STESSA NATURA A DERAGLIARE NEL DOLORE E NELLA SOFFERENZA, SPECIE IN PRESENZA DEI MOMENTI CRUCIALI DELLA VITA, OPPURE NEL CRUDO CINISMO DELL’INDIFFERENZA DI COLORO CHE CREDONO CHE TUTTO SIA GOVERNATO DAL CASO

Nel secondo trattato del Convivio, cap IX, Dante afferma che fra tutte le bestialità: “stoltissima, vilissima e dannosissima”, è quella di chi crede non esservi altra vita dopo di questa. In un mondo dove, come scrive Iosif Brodskij: “Vivere sta diventando sempre più difficile, quanto fare un castello con le carte da gioco, o costruire una casa di chicchi d’uva”, l’azione di coloro che non hanno fede è condannata per loro stessa natura a deragliare nel dolore e nella sofferenza, specie in presenza dei momenti cruciali della vita, oppure nel crudo cinismo dell’indifferenza di coloro che credono che tutto sia governato dal caso.

A riguardo il biologo Edwin Conklin ha scritto che “le probabilità che la vita abbia avuto origine da un incidente casuale è paragonabile alla probabilità che il dizionario derivi da un’esplosione in uno stabilimento tipografico”. L’insensatezza di un simile modo di pensare è simile a chi crede che una casa si possa mettere in piedi da sola, senza leggi, operai e in mancanza dell’architetto che è in grado di progettarla. Se tutto fosse davvero affidato al caso o soltanto alle forze dell’uomo, la vita e il mondo sarebbero da tempo distrutti. Severino Boezio scriveva nel De Consolationae, poco prima di salire sul patibolo: “Se per caso si intende ciò che avviene senza ragione e senza alcun nesso di cause, io dico che il caso non esiste, e che il vocabolo è vuoto di significato. Se vi è un Dio che tutte le cose stringe in un ordine di Leggi, quale posto vi può essere per il caso? Il niente non può venire da niente, questa è una massima certa, e nessuno degli antichi l’ha contraddetta, questa massima è come il fondamento di ogni ragionamento. Ma se una cosa non avesse la sua sorgente in una causa, essa sembrerebbe nascere dal nulla; e se questo non è possibile, non è possibile che possa esistere il caso”.
Appare evidente, oggi più che mai, che coloro che non hanno fede in Dio e nella natura divina del mondo saranno, in molti casi, condannati a cadere vittime del freddo bisturi della scienza tecnica, degli “strizzacervelli” e di tutti coloro che hanno così poca stima dell’uomo da ritenerlo un semplice animale dotato unicamente di istinti da sottomettere e controllare mediante terapie e farmaci.

Ma che cos’è la fede? La parola deriva dal latino fidens, che viene tradotta con “fiducia, lealtà”. Fede significa, quindi, avere fiducia. Fiducia in cosa? A riguardo, forse, nessuno è riuscito a dare una spiegazione più chiara e precisa di Sant’Agostino, quando scrive: “Vi sono alcuni i quali ritengono che la religione cristiana debba essere derisa piuttosto che accettata, perché in essa, anziché mostrare cose che si vedono, si comanda agli uomini la fede in cose che non si vedono. Dunque, per confutare coloro ai quali sembra prudente rifiutarsi di credere ciò che non possono vedere, noi, benché non siamo in grado di mostrare a occhi umani le realtà divine che crediamo, tuttavia dimostriamo alle menti umane che si devono credere anche quelle cose che non si vedono. E, in primo luogo, a coloro che la stoltezza ha reso così schiavi degli occhi carnali che giudicano di non dover credere ciò che con quelli non scorgono, va ricordato quante cose non solo credano ma anche conoscano, che pure non possono vedere con tali occhi. Già nel nostro animo, che è di natura invisibile, ce ne sono innumerevoli. Per non parlare di altro, proprio la fede con la quale crediamo o il pensiero con il quale sappiamo di credere o di non credere qualcosa, sono totalmente estranei agli sguardi di codesti occhi; eppure che c’è di più manifesto, di più evidente, di più certo dell’interiore visione dell’animo? Come dunque possiamo non credere ciò che non vediamo con gli occhi del corpo, quando ci accorgiamo di credere o di non credere pur non potendo giovarci degli occhi del corpo?” (La fede nelle cose che non si vedono).

Se, come alcuni sostengono, l’uomo fosse davvero una semplice bestia, animata da impulsi e bisogni egoistici, per quale motivo dovremmo avere la spinta in grado di elevarci al di sopra della banalità e delle meschinerie della vita quotidiana? Come si può davvero ritenere che l’intera storia umana sia sempre stata governata dai bisogni più primitivi e materiali? Le opere di Michelangelo, Mozart, Dante, Leonardo, di tutti i grandi Saggi, i Maestri di vita, di arte, di scienza, di morale, i Santi di tutte le religioni, i Geni, non dimostrano che l’uomo è qualcosa di più della misera bestialità a cui il nostro tempo pretende di ridurlo e incatenarlo? “L’uomo senza religione” ha scritto Heidegger “diventa preda della superstizione”, come lo scientismo, l’economia, la tecnologia, la politica: gli idoli di carta dell’epoca contemporanea, che hanno reso l’uomo vuoto e arido. Se eliminiamo la fede in Dio ciò che rimane sono i simulacri, i gusci vuoti, gli anestetici con cui l’uomo contemporaneo cerca di evadere dalla prigione che lui stesso ha costruito, senza rendersi conto che solo nella fede è riposta la nostra salvezza.

San Giovanni della Croce, nella Salita al Monte Carmelo, ha scritto: “Dio è presente e dimora sostanzialmente in qualsiasi anima, anche in quella del più grande peccatore di questo mondo”, il che vuole significare che è fondamentale ricercare il divino presente in ciascuno di noi: nel nostro agire retto, nella purezza delle nostre intenzioni, nell’aspirazione al bene, nello studio di ciò che è bello, buono e vero – in sintesi nella legge dell’amore.

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