Una guarigione che descrive in modo simbolico il nostro percorso di riconciliazione con Dio
di Giuliva di Berardino
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LA FRAGILITÀ CHE CI CARATTERIZZA TROPPO SPESSO CI SPAVENTA
Oggi il Vangelo ci mostra una guarigione che descrive in modo simbolico il nostro percorso di riconciliazione con Dio nella nostra umanità, quando siamo bloccati nel peccato, in uno stato, cioè, in cui non percepiamo più in profondità la verità che abita la nostra persona. La fragilità che ci caratterizza infatti troppo spesso ci spaventa, ma Dio parte proprio da questa nostra fragilità per farci sperimentare la gioia della comunione con Lui. Già la cornice temporale in cui è inserito questo testo ci dice il desiderio di Dio di venire incontro alla nostra umanità ferita: è, infatti, il giorno di Shabbat in cui avviene questa guarigione. Questo significa che si sta parlando di una guarigione che riconcilia Dio con la sua Creazione, perché è nel giorno di Shabbat che Israele è chiamato a onorare il suo Creatore e a riconoscere in Lui l’autore della vita. In questa cornice, dunque, osserviamo bene il malato che riceve guarigione da Gesù: è un uomo che vive lo stato di malattia da ben 38 anni e ogni giorno, per 38 anni, và in questa piscina sperando di potersi immergere per stare bene, per avere sollievo, spende tempo, soldi, ma alla fine resta lì a lamentarsi di non riuscire a beneficiare delle cure o delle attenzioni degli altri. E Gesù gli rivolge una domanda: “vuoi guarire?”. Una domanda interessante, perché ci fa capire che probabilmente quest’uomo era giunto a un punto in cui si era adagiato nella sua situazione, infatti non risponde “sì, lo voglio”, ma si lamenta che non ha nessuno che lo accompagni nella piscina. Il comportamento di Gesù è completamente fuori dalle attese di quel malato. Forse si aspettava che Gesù lo aiutasse e lo portasse lui ad immergersi in quella piscina dove tutti venivano guariti. Invece Gesù gli dice. “Alzati”, che n greco può voler dire anche “risorgi”, “prendi la tua barella e cammina”. La barella è tutto ciò che questo malato aveva e questo vuol dire che Gesù invita quest’uomo a prendersi in mano, e camminare, cioè mettersi in movimento, procedere, continuare a vivere. In uno Shabbat, quindi, si compie quest’opera di guarigione che è segno di una nuova Creazione, una nuova vita, quella che Cristo Gesù ci offre, perché possiamo ricominciare a vivere lì dove ci siamo adagiati, nelle situazione di ripiegamento su noi stessi, di lamento verso gli altri, quando non percepiamo le attenzioni di chi ci sta vicino. Oggi il Vangelo ci annuncia che lamentarsi non aiuta alla nostra guarigione, perché guarire, lo dice Gesù, è un processo, una serie di azioni: alzarsi, stare in piedi da soli, prendere la propria barella, cioè quello che siamo (e non quello che vorremmo essere), e camminare, andare avanti. Magari zoppicando, ma andare avanti. Anche il patriarca Giacobbe zoppicava, dopo aver lottato con Dio, ma, zoppicando, ha ricevuto un nome nuovo: Israele. Allora ecco la verità: vuoi guarire? Cerca una via di uscita, cerca un modo nuovo per cambiare vita, per non restare fermo lì a subire, ma scegli di cambiare, di reagire, con la fede, con la preghiera. Queste oggi sono le sole, vere, possibilità di azione che abbiamo: la fede nelle parole di Gesù, che ci è stata data nel battesimo, e la preghiera. Per alcuni possono sembrare inutili, invece, noi lo sappiamo, sono le sole dimensioni che possono cambiare il nostro cuore, la nostra vita, e perfino le sorti del mondo.
Buona giornata con il Vangelo del giorno (Gv 5,1-16)
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.