Anche con la poesia si può combattere la mafia
di Matteo Orlando
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AGAZIO GERACITANO, DOCENTE CALABRESE CHE LAVORA IN VENETO, PRESENTA “DI STANZE VUOTE”
Oggi è la Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. In questo martedì 21 marzo 2023 si celebra la ventottesima edizione della Giornata. Come è noto l’iniziativa è promossa da Libera, dalla rete di associazioni, movimenti e sindacati che sono uniti in un impegno non solo “contro” le mafie, la corruzione, i fenomeni di criminalità e chi li alimenta, ma “per” la giustizia sociale, una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, una memoria viva e condivisa, una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle speranze della Costituzione.
In questo 2023 Libera ha scelto di proporre la manifestazione a Milano, con lo slogan “È possibile”, per riflettere su ciò che ciascuno può fare per l’affermazione dei diritti e della giustizia sociale. “La parola possibile – scrive Libera nel proprio sito internet – deriva da potere e indica ciò che si può realizzare, ciò che può accadere. Oggi ci troviamo su un sentiero oscuro, dove talvolta non ci sono neanche le stelle a farci da guida. Sappiamo che è possibile superare questa fase se a metterci in gioco siamo tutti, insieme: solo con il noi si può arrivare ad affermare la pace, la giustizia, la verità, i diritti, l’accoglienza e la libertà“.
Come sappiamo, negli ultimi decenni sono state portate avanti varie iniziative per lottare contro le mafie. Oggi vogliamo farvene conoscere una molto particolare: la poesia. Si perché anche attraverso la poesia si può combattere la criminalità organizzata. Ne è convinto il professor Agazio Geracitano, docente calabrese che lavora in Veneto, autore del recente libro “Di stanze vuote”.
Il testo (qui è possibile trovare l’edizione cartacea: https://www.lafeltrinelli.it/di-stanze-vuote-libro-agazio-geracitano/e/9791221419399; qui l’e-book: https://www.ibs.it/di-stanze-vuote-ebook-agazio-geracitano/e/9791221419405) è una silloge di venticinque componimenti e aforismi dell’autore. Il titolo “Di stanze vuote” sembra un voluto gioco di parole: leggendo a voce alta può infatti diventare “Distanze vuote”. Sono spazi vuoti lasciati dai momenti difficili nei percorsi umani, là dove non c’è una fede a sostenerli. Sarebbero eterne stanze vuote tutte le vicende della vita e tutti gli stati d’animo delle persone se non ci fosse qualcosa a dare un senso a tutto quello che ci circonda. È una metafora ampia e ricca di sfumature, che a sua volta il lettore può riempire con la propria visione delle cose.
Professor Geracitano, come è nata l’idea del libro?
L’idea è nata diversi anni fa mettendo insieme alcune poesie che ho elaborato nel corso degli decenni. Mi serviva creare un percorso, un itinerario. Si va dagli eventi negativi per poi arrivare ad un percorso salvifico, di crescita umana verso quelle che sono le alte vette a cui ognuno di noi dovrebbe puntare, per fare della propria vita un’esperienza positiva.
Perché “Di stanze vuote”, cosa intende comunicare questo titolo?
“Di stanze vuote” può essere intesa nel senso generale di quegli avvenimenti che svuotano la nostra vita. Ci troviamo molte volte ad avere davanti delle situazioni difficili che sono difficilmente colmabili e, quindi, dure da affrontare e che ci lasciano nello sconforto. Il significato può anche essere inteso come “distanze vuote”, la vicinanza umana ai nostri vicini, ai parenti, l’abbattimento delle distanze interpersonali. Poi c’è anche un legame del titolo con la relazione tra le varie generazioni umane. Una generazione lascia il posto ad un’altra generazione. “Distanze vuote” può essere inteso come distanze tra una vita e un’altra, tra una generazione e un’altra. Se ci sono “distanze vuote” vuol dire che siamo riusciti ad abbattere quelle barriere di comunicazione che spesso esistono.
Perché ha scelto il linguaggio della poesia per trattare le varie tematiche affrontate nel testo?
Le poesie sono sempre state una mia passione fin dalle scuole primarie. Nella poesia, in un piccolo verso, si può riuscire ad esprimere dei concetti importanti. Anche nella narrativa ci sono dei concetti importanti però bisogna magari leggersi un intero libro o diversi capitoli per tirarli fuori. La poesia spesso è sintesi. In una frase, molte volte, i grandi poeti hanno riassunto immagini gigantesche. Mi ha sempre appassionato questo lavoro sulla sintesi. Alcune mie poesie le lascio spesso decantare anche per anni. Cerco sempre di tirare via quello che è superfluo, per lasciare la metafora, l’immagine, la sua struttura essenziale. Per tutto questo mi piace il lo strumento della poesia.
Come definirebbe la ricerca spirituale che emerge anche dal suo testo?
Il libro, pur essendo dedicato a un sacerdote cattolico, vuole essere “ecumenico”. I concetti utilizzati sono concetti universali, si riscontrano in tutte le fedi. Parlare di fede, carità e, soprattutto, speranza, vuol dire parlare di temi universali.
Chi ha collaborato all’opera e quali messaggi vuole sottolineare dell’introduzione e della prefazione?
Un ringraziamento particolare per il libro va, innanzitutto, alla professoressa di lingue Angela Tancredi, che insieme alla collega Beatrice Zenaro, ha tradotto tutta la prima parte del libro in inglese. Un ulteriore ringraziamento va alla dirigente scolastica professoressa Maria Paola Ceccato, che ha curato la prefazione del libro. L’ispirazione principale del libro è dovuto al mio parroco, don Dino Piraino, che negli anni in cui ho avuto la fortuna di frequentarlo per le attività parrocchiali, mi ha fatto vedere cosa significa essere sacerdoti in una parrocchia, cosa significa essere sempre a disposizione dei fedeli, cosa vuol dire sacrificare il proprio tempo per creare una comunità unita. Era un prete sempre a disposizione per le confessioni sacramentali. Era una presenza continua. Con questo libro I’ho voluto ricordare per far capire l’importanza di avere delle persone (in questo caso un sacerdote) che danno un grosso aiuto alla comunità.
Come è stato accolto un docente del Sud Italia al Nord?
Io sono nato in provincia di Catanzaro ed ho fatto la scuola superiore presso l’Istituto Istruzione Superiore Ferrari di Chiaravalle Centrale, al quale andranno una parte dei fondi raccolti con la vendita del libro. L’altra metà andrà all’Ipsia Giovanni Giorgi di Verona, dove da 23 anni lavoro. Il passaggio dal Sud al Nord non è stato particolarmente complicato. Io sono abituato a stare bene dove vivo. Mi sono sempre trovato bene a Verona. Sento sempre nei luoghi in cui vado a vivere lo stimolo di conoscere le culture locali, i diversi modi di vivere. Per me è sempre un arricchimento. Le persone con cui ha avuto e con cui avrò modo di rapportarmi sono sempre fonte di arricchimento, di conoscenza. Io non posso che essere riconoscente a Verona, al Veneto, perché mi ha dato un lavoro. Prima il mio lavoro era da precario. Grazie alla scuola adesso il mio lavoro è diventata l’attività stabile della mia vita.
Lei è originario della Calabria, considerata terra di Mafia (‘Ndrangheta in particolare). Come può essere usato il linguaggio poetico per contrastare le mafie?
La provincia di Catanzaro è nota in Italia per un giudice che lotta con tutte le forze la mafia, Nicola Gratteri. Nel mio libro ho inserito, per esempio, una poesia dedicata ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino visti dai bambini. Questa poesia nasce grazie a una collaborazione che anni fa ho avuto, tramite la scuola, con Maria Falcone, sorella del giudice, con la quale abbiamo partecipato, per quasi quattro anni consecutivi, all’iniziativa chiamata “La nave della legalità”. La dottoressa Maria Falcone mi ha fatto capire come è importante collaborare per istruire le nuove generazioni sul cos’è effettivamente la mafia. La ‘Ndrangheta, o tutte le varie forme di criminalità organizzata, sono delle forme di oppressione soprattutto per il tessuto economico del territorio in cui operano. Le mafie impoveriscono il territorio con pratiche quali il pizzo. Ma la cultura mafiosa si poggia anche su falsi discorsi legati all’onore e sull’apparire. Si sta facendo un gran lavoro, da anni, grazie alla Chiesa Cattolica, a Maria Falcone, alla Nave della Legalità, a tutte le associazioni impegnate in materia, proprio con il fine di scardinare la cosiddetta cultura mafiosa, contrapponendo la cultura della vita, la cultura della solidarietà, la vera cultura che fa crescere i ragazzi. Diversi ragazzi dell’Ipsia G. Giorgi di Verona sono andati a Palermo con la Nave della Legalità ed hanno visto con i loro occhi e che cosa effettivamente è successo in quel periodo triste periodo. La poesia vuole proprio riprendere questo concetto. I bambini diventano i protagonisti. Con la loro purezza asciugano la strada che trasuda sangue, la strada che è stata, in qualche maniera, violentata dalla criminalità organizzata. La poesia è una metafora per far capire come i bambini possano contrapporsi alle negativa della società. Falcone diceva la mafia è un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani, ha avuto un inizio e avrà una fine. Non sappiamo quando avverrà tutto ciò, ma fin quando le nuove generazioni saranno contaminate dalle culture mafiose sarà difficile liberarsi. Quindi bisogna investire sulle nuove generazioni, perché solo loro possono invertire il percorso. E questo deve avvenire in qualsiasi parte del territorio italiano perché è chiaro che le mafie sono diffuse ovunque. Farsi raccomandare, accettare compromessi, significa creare una cultura sbagliata, una cultura che poi porta a preparare un terreno fertile per coloro che poi si insinueranno con le loro azioni criminali. Se c’è un tessuto sano, un territorio sano, sarà più difficile che ci possa essere infiltrazione mafiosa Se invece il tessuto è già corrotto, è già compromesso, è chiaro che l’infezione mafiosa trova le porte già aperte e può fare danni.