L’uso di veicoli elettrici è a scapito delle persone più povere e dell’ambiente
di Emanuela Maccarrone
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VOGLIONO ARRICCHIRE IL MERCATO DELLE AUTO GREEN DISTRUGGENDO I DIRITTI E L’AMBIENTE DEI PAESI POVERI: IL CASO DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
Gli studi del ricercatore Siddharth Kara, borsista alla TH Chan School of Public Health di Harvard e alla Kennedy School e autore del recente libro ‘Cobalt Red’ , che ha svolto indagini sulla schiavitù moderna, il traffico di esseri umani e il lavoro minorile per due decenni, hanno rivelato il lato oscuro che si cela nella transizione verde, raccontando la questione dello sfruttamento dei lavoratori della Repubblica Democratica del Congo (RDC).
In una recente intervista rilasciata a ‘NPR’, un’organizzazione non profit di informazione indipendente, Kara ha dichiarato “ sebbene la RDC abbia più riserve di cobalto rispetto al resto del pianeta messo insieme, non esiste una catena di approvvigionamento ‘pulita’ di cobalto dal Paese. Gran parte del cobalto della RDC viene estratto dai cosiddetti minatori ‘artigianali’, lavoratori freelance che svolgono lavori estremamente pericolosi per l’equivalente di pochi dollari al giorno”.
Come ha potuto documentare il ricercatore, le persone della RDC lavorano in condizioni disumane, degradanti e rischiose, poiché il cobalto è tossico e migliaia di poveri congolesi, comprese giovani madri con tanto di figli sulla schiena, sono costretti a toccarlo e a respirarlo, poiché e nella maggior parte delle miniere industriali è in corso anche un’estrazione artigianale.
Il cobalto, infatti, è utilizzato nella produzione di quasi tutte le batterie ricaricabili agli ioni di litio non solo dei computer e degli smartphone, ma anche delle auto elettriche. L’industria mineraria, ha raccontato Kara, ha devastato il paesaggio della RDC con l’abbattimento di milioni di alberi, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua tanto che il ricercatore ha dichiarato “ non dovremmo passare all’uso di veicoli elettrici a scapito delle persone e dell’ambiente di uno degli angoli più oppressi e impoveriti del mondo. Il fondo della catena di approvvigionamento, da cui proviene quasi tutto il cobalto del mondo, è uno spettacolo dell’orrore”.
Le parole dello studioso richiamano quanto già denunciato da Amnesty International, la nota Organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, riguardo lo sfruttamento degli ambienti e delle persone causata dall’estrazione delle materie prime, indispensabili per concretizzare la transizione verde.
In un suo comunicato stampa di qualche anno fa, Amnesty sfidava pubblicamente i leader dell’industria dei veicoli elettrici a realizzare la prima batteria “completamente etica”.
“Le enormi società globali che dominano l’industria dei veicoli elettrici hanno le risorse e le competenze per creare soluzioni energetiche che siano veramente pulite ed eque(…). Con la domanda di batterie in aumento, ora è il momento di una drastica revisione delle nostre fonti energetiche che dia priorità alla protezione dei diritti umani e dell’ambiente” . È quanto si legge nel comunicato.
La nota Organizzazione documentava gravi violazioni dei diritti umani legate all’estrazione dei minerali utili per le batterie agli ioni di litio, in particolare di quanto avveniva nel sud della RDC con lo sfruttamento di circa 40.000 minori impegnati nelle miniere, comprese quelle per l’estrazione del cobalto.
“Nessun Paese richiede legalmente alle aziende di riferire pubblicamente sulle loro catene di approvvigionamento di cobalto. Con più della metà del cobalto mondiale proveniente dal sud della RDC, la possibilità che le batterie che alimentano i veicoli elettrici siano contaminate dal lavoro minorile e da altri abusi è inaccettabilmente alta”.