Adeguandosi ai tempi la Chiesa può solo infangarsi e corrompersi
di Paolo Gulisano
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PERCHE’ SONO CATTOLICO
La Quaresima è un tempo che da sempre è dedicato alla conversione. Personalmente ho sempre guardato con attenzione al termine greco che indica la conversione: Metànoia, ovvero- letteralmente- cambiamento di mentalità.
Questa è la conversione: un cambiamento di mentalità, di sguardo, che deve sempre più essere rivolto a Gesù Salvatore. Per questo la conversione è qualcosa che non avviene una volta per tutte, ma deve costantemente riaccadere.
Anche per chi è nato e cresciuto nella Fede, è d’obbligo continuare a convertirsi, riaffermando l’adesione a Cristo, rinnovando nel proprio cuore i voti battesimali. Magari seguendo l’esempio di chi prese una decisione radicale, di chi visse una conversione clamorosa.
E’ il caso del grande scrittore Gilbert Keith Chesterton, che 100 anni fa prese la decisione di convertirsi. Personalmente non mi stanco mai di andare periodicamente a rileggere le pagine in cui descrisse il suo passaggio dal Protestantesimo alla Chiesa Cattolica. E queste parole in cui spiega perché è diventato cattolico le sento e le faccio profondamente mie. Poco prima della sua scelta – che fu accolta clamorosamente dall’opinione pubblica inglese- confidò al suo grande amico, il sacerdote irlandese padre John O’Connor, che gli aveva ispirato la figura di Padre Brown: “gli uomini non sono stanchi del Cristianesimo. Non ne hanno mai trovato abbastanza per esserne stanchi”. Occorreva dunque testimoniare di più, rendere il Vangelo più presente nella società e nella vita degli uomini.
Anni dopo, parlandone nella sua Autobiografia, così spiegava le ragioni della sua decisione: ”Quando la gente chiede a me o a qualsiasi altro: “Perché vi siete uniti alla Chiesa di Roma?”, la prima risposta essenziale, anche se in parte incompleta, è: “Per liberarmi dai miei peccati”. Perché non v’è nessun altro sistema religioso che dichiari veramente di liberare la gente dai peccati. Ciò trova la sua conferma nella logica, spaventosa per molti, con la quale la Chiesa trae la conclusione che il peccato confessato, e pianto adeguatamente, viene di fatto abolito, e che il peccatore comincia veramente di nuovo, come se non avesse mai peccato.. (…) Dio lo ha fatto veramente a Sua immagine. Egli è ora un nuovo esperimento del Creatore. E’ un esperimento nuovo tanto quanto lo era a soli cinque anni. Egli sta nella luce bianca dell’inizio pieno di dignità della vita di un uomo. L’accumularsi di tempo non può più spaventare. L’uomo può essere grigio e gottoso, ma è vecchio solo di cinque minuti. L’idea cioè di accettare le cose con gratitudine, e non di prenderle senza curarsene. Così il Sacramento della Penitenza dà una vita nuova, e riconcilia l’uomo con tutto ciò che vive: ma non lo fa come lo fanno gli ottimisti e i predicatori pagani della felicità. Il dono viene fatto ad un prezzo ed è condizionato alla confessione. Ho detto che questa religione, rozza e primitiva, di gratitudine, non mi salvò dall’ingratitudine del peccato, che per me è orribile al massimo grado, forse perché è ingratitudine. Ho trovato soltanto una religione che osasse scendere con me nella profondità di me stesso.”
Chesterton era diventato cattolico non perché avesse trovato una Chiesa con una affascinante Liturgia, con un interessante Codice di Diritto Canonico, ma perché aveva trovato un luogo dove era presente la Verità, e soprattutto un luogo ove era presente la Grazia dei Sacramenti, in particolare – come ben descritto – lo straordinario Sacramento che libera dai peccati.
G.K.C. diventò cattolico proprio mentre la Gran Bretagna passava rapidamente dal bigottismo protestante all’ateismo pratico, paludato con le parole d’ordine dell’umanitarismo. Lui, che tanto amava gli antichi miti, non poteva che diventare cattolico, giacchè – come ebbe a scrivere- “la Chiesa è il luogo dove tutte le verità si danno appuntamento”. Ora era arrivato a casa, in un luogo – il solo- dove poter trovare accoglienza, misericordia e perdono. Visse la sua conversione con sobrietà, senza fanfare trionfalistiche, lui che amava l’eccesso e il chiasso infantile.
La visse con gratitudine, innanzitutto per gli amici che gli avevano indicato la strada, Padre O’Connor e Hilaire Belloc prima di tutti.
Quando ricevette il Battesimo, scrisse una toccante lettera alla madre, rimasta protestante: “Mia carissima mamma, Ti scrivo per dirti una cosa prima che io ne scriva a qualsiasi altra vi persona; una cosa intorno alla quale ci troveremo probabilmente nella posizione dei due intimi amici di Oxford, che “mai differivano in nulla, eccetto che nelle opinioni”. Sei sempre stata così saggia da non giudicare la gente dalle opinioni, ma piuttosto le opinioni dalla gente. E’ una storia lunga, in un certo senso, ma sono giunto alla stessa conclusione di Cecil ( N.d.R. suo fratello , che si era già convertito in precedenza) sul bisogno del mondo moderno in materia di religione e di rettitudine, e sono ora cattolico nello stesso suo senso, dopo aver preteso a lungo quel nome nel senso anglo-cattolico. Non farò uno sciocco scalpore, rassicurandoti intorno a cose di cui sono sicuro non hai mai dubitato; queste cose non urtano alcun rapporto fra persone che si amano appassionatamente come noi, tanto più perché mai costituirono una differenza nell’amore tra Cecil e noi. Ma ci son due cose che desidero dirti, nel caso che, per qualche altra impressione, tu non te ne renda conto. Ho pensato a te, a tutto quello che debbo a te e a mio padre, non solo quanto ad affetto, ma quanto agli ideali di onore, di libertà, di carità e di tutte le altre buone cose che mi avete sempre insegnate, e non ho coscienza della più piccola frattura o differenza in questi ideali, bensì solo di un modo nuovo e necessario nel combattere per essi. Credo, come Cecil, che la lotta per la famiglia, per la libertà del cittadino e per ogni cosa degna deve ora essere ingaggiata dall’unica forma militante della cristianità. L’altra cosa è che ho pensato questo nell’intimo di me stesso e non in un impulso sentimentale. Sono mesi da che vidi i miei amici cattolici e anni da che parlai di questo con loro. Credo che è la verità. Tuo affezionatissimo figlio Gilbert”.
Il difensore della fede ora aveva una bandiera da tenere alta, con umile fierezza, con mite determinazione.
Il senso del bisogno che la Chiesa combatta per il mondo era molto forte in Gilbert, e trova la sua più compiuta e significativa espressione in un articolo pubblicato sul New Witness, nel quale ribattè l’insinuazione di un giornale secondo il quale la Chiesa avrebbe dovuto “muoversi coi tempi”; pochi scritti come questo possono dare al cristiano di oggi il senso del proprio compito nel mondo:
“La Chiesa non può muoversi coi tempi; semplicemente perché i tempi non si muovono. La Chiesa può solo infangarsi coi tempi e corrompersi e puzzare coi tempi. Nel mondo economico e sociale, come tale, non c’è attività, eccettuata quella specie di attività automatica che è chiamata decadenza: l’appassire dei fiori della libertà e la loro decomposizione nel suolo originario della schiavitù. In questo, il mondo si trova per molte cose allo stesso piano dell’inizio dell’oscuro medioevo. E la Chiesa ha lo stesso compito di allora: salvare tutta la luce e la libertà che può essere salvata, resistere a quella forza del mondo che attrae in basso, e attendere giorni migliori. Una Chiesa vera vorrebbe certo fare tutto questo, ma una Chiesa vera può fare di più. Può fare di questi tempi di oscurantismo qualcosa di più di un tempo di semina; può farli il vero opposto dell’oscurità”.
Un compito anche oggi quanto mai urgente e impellente.